PROLOGO

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31 Marzo 1941


La brezza estiva sfiorava le tende assolate dalla notte, la luna taceva nella sua immensa lattea indecenza, le stelle erano lontane. In fondo alla strada, tra i ciottoli anneriti e il lerciume silenzioso di un paese montano in tempesta sfolgorava vile un'assordante accozzaglia di accordi e vino.

La Libia aspetta, per questa notte, ridono, la vita si impiglia in qualche goccia scura, superflua, il bancone è cieco alle guerre, si avvince solitario nella gioia impastata e barcollante dell'oblio di un sogno stropicciato in una bottiglia ormai svaligiata.

Nella coltre di barbe annacquate scivolava sinuoso lo sguardo di un leggero scalpitio di fianchi.

Sorrise, una malandrina scintilla rifletteva i suoi occhi, rimbalzava tra i tavoli sconci e impregnati d'alcol e fumo della "Bettola d'Argento", sorvolava le risa sguaiatamente chiassose, smorzava il rumore scontato della pianola stonata, e atterrava, preciso, sulle sue labbra.

Sottili e solitarie la videro, ricci elettrici fasciati in una coda cadente.

Sollevò il bicchiere scheggiato, sempre arido, che teneva tra le mani, in risposta.

La Libia è al di là del mare, per questa notte ancora.


"Stasera si lavora", pensò, soffiando le unghie laccate di rosso corroso.

Lola, NirvanaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora