Prologo

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Caro ragazzo in bicicletta,
credi nell'amore a prima vista?
In tutte quelle fandonie da romanzetto rosa, dove basta uno sguardo per innamorarsi e giusto una parolina o due per promettersi devozione eterna?
A me non hanno mai convinto, mio caro ragazzo in bicicletta.
Sai, mi è sempre sembrata una cosa così effimera, l'amore; uno gioco di sguardi, carezze e sospiri, che finisce in lacrime e cuori infranti in mille minuscole schegge, difficili da recuperare e oh, quasi impossibili da ricomporre.
Ma stamattina, mentre ero seduta al tavolino del Cafè de la Rouge, con una tazza di caffè fumante di fronte e il sole tiepido a baciarmi il viso, ti ho visto.
Non conosco il tuo nome, non so la tua età.
Non ho idea da dove tu venga, nè dove tu stia andando, in sella a quella bicicletta color nocciola e con i libri nel cestino; probabilmente all'università, o forse a restituire i testi in qualche piccola biblioteca, magari quella di quartiere, controllata da Mr. Hobbes, il caro vecchietto che chiude sempre un occhio se la mia copia dei Fiori del male ha qualche orecchia per segnare la pagina e sorride quando chiedo in prestito I dolori del giovane Werther per la terza volta nello stesso mese. Se ti posso dare un consiglio, comunque, Goethe è meraviglioso da leggere in primavera.
Non saprei dire in maniera razionale o plausibile perché imbocchi proprio la strada che passa di fronte a Cafè de Rouge, infilandoti poi nei giardinetti che hanno un viale sterrato con due lunghe file di ciliegi che, in primavera, sembrano fatti apposta per deliziare gli occhi di una ragazza che passeggia mano nella mano con il suo timido corteggiatore, troppo impegnato a perdersi nella meraviglia che prova osservando il modo in cui lo sguardo di lei brilla stupito, in maniera​ dolcemente fanciullesca, per prestare attenzione allo spettacolo che i boccioli di ciliegio gli offrono.
La mia unica certezza, dopo averti visto pedalare con ritmicità sulla tua bicicletta, assorto nei tuoi pensieri ma guidato da l' istinto unico di chi sa dove deve andare e perchè, è che non ho più certezze.
Sembra paradossale e fore addirittura stupido, ma è così.
Prima ero convinta che innamorarsi di qualcuno senza mai averlo nemmeno incontrato fosse un piacere puerile, riservato ai sentimentalismi galanti di fine settecento, dove bastava incrociare lo sguardo di una gentildonna per poter dire di esserne pazzamente invaghito.
Ma, mio caro ragazzo in bicicletta, dovrò essere stucchevole in questa mia prima lettera che non spedirò mai, sperando di potertela un giorno consegnare a mano, durante il nostro primo vero incontro. Dovrò essere smielata e confessarti che mi hai sconvolto l'anima.
Hai smosso un animo che riserva il sublime e proibito piacere dell'emozione a poche cose: Arte, Poesia, Musica, Compassione.
Ti chiederai il perchè.
È una normale curiosità, lo capisco. Noi esseri umani siamo creature fragili, che cercano di mascherare un cuore di cristallo dietro un'armatura di bronzo, ostinandosi a cercare risposte le quali siamo consapevoli essere crudeli, difficili o meravigliose a delle domande che non dovremmo porci.
Te lo svelerò, a patto che mi prometterai, quando saprai la risposta, di non cambiare ciò che l'ha motivata.
Mio caro ragazzo in bicicletta, è più scontato di quanto possa sembrare; è inutile cercare soluzioni titanche a dilemmi minuscoli. D'altronde, ogni uragano nasce dalla resurrezione di una pozzanghera.
Mi hai così colpito perchè, vedendoti, ho sentito una connessione. Come se ci fosse qualcosa che mi legasse a te, come se fossimo state anime gemelle in una vita precedente, che si sono perse e stavano aspettando di ritrovarsi.
Perchè anche te sei Arte.
Sei tutta la bellezza del mare in tempesta, così crudele e primitivo e maledettamente semplice da vedere, ma così impossibile da comprendere. Nei tuoi movimenti eleganti e naturali si cela la forza dei venti più freddi e nei tuoi capelli neri si vede l'immensità della notte, piena di promesse e desideri irrealizzati.
Nel leggero suono del tuo pedalare, che si mescola a quello delle poche macchine che passano davanti al Cafè de la Rouge, si puó ascoltare un'intera sinfonia, se solo si ha la pazienza di prestare attenzione.
Vorrei far parte del tuo mondo. Mi piacerebbe sapere che la direzione nella quale vai è quella del mio polveroso appartamento al terzo piano, proprio sopra Mrs. Dunfrey  e spererei che mi avessi portato dei fiori, magari dei tulipani che sono i miei preferiti, insieme alle poesie di Rimbaud che ti avevo chiesto di passare a prendere alla biblioteca di Mr. Hobbes.
Queste sono fantasie scaturite da un'immaginazione scolpita negli anni da una miriade di libri di poeti e autori sensibili, prigionieri che si sono costituiti al sentimento e ne hanno fatto uno stile di vita. Credo, però, che ognuno di loro sia stato ispirato dalla passione e colpito dalla bellezza di un amore etereo e praticamente fittizio, che li ha conosciuti solo da lontano e mai davvero riconosciuti.
Tutti hanno avuto il loro ragazzo in bicicletta, un pretesto per scrivere odi, sonetti, romanzi e, a volte, elegie strazianti e romantiche, le stesse che ti dicevo hanno il potere di scuotermi l'anima.

Forse dovrei presentarmi, in questa prima missiva senza francobollo che non sfiorerà mai le mani di un postino.
Sono Amelia, ho 22 anni e lavoro al Cafè de la Rouge. Ogni mattina, prima di infilarmi il grembiule e iniziare a servire cappuccini, mi siedo al solito tavolo di legno, che ha gli angoli logori e la superficie opaca, quello presso la vetrina dalla quale si vede il passeggio e il traffico mattutino e mi concedo un caffè senza zucchero e un paio di pagine del libro che sto leggendo in quel momento.
Lavoro dalle 8 del mattino alle 5 del pomeriggio e stacco giusto in tempo per un altro caffè e per vedere il tramonto d'inverno, il sole meno violento e l'aria meno afosa l'estate.
Vivo in un'appartameno vecchio in un palazzo di mattoni rossi, con i rampicanti avvighiati alle grondaie e una vasta selezione di inquilini più o meno simpatici, che si trova a dieci minuti di cammino dal Cafè. A farmi compagnia ci sono due gatti randagi che sonnecchiano sempre accoccolati sulla scala antincendio, che funge anche da piccolo balcone, ai quali dò da mangiare e tre librerie piene e con troppa polvere sugli scaffali, ma poca sui libri.
Penserai che sono una triste ragazza che sta solo cercando il suo posto nel mondo e non ti sbaglieresti, se non fosse che un posto nel mondo l'ho trovato.
Ho sempre pensato di essere nata per raccontare storie, oltre che leggerle; L'unica cosa che io abbia mai davvero imparato a fare bene, infatti, è stata parlare.
Questa affermazione può sembrare stupida, dato che parlare è qualcosa che viene insegnato a tutti e richiesto dalla stessa natura che ci ha generato.
Ma quello che intendo é che parlare, facendosi capire, emozionando e regalando una storia a qualcuno sia un'abilità posseduta e riservata a pochi. E credo proprio di essere una dei pochi, mio caro ragazzo in bicicletta.
Spero di non averti spaventato con questo mio eccesso di vanità, perchè sto per rivelarti che genere di storie racconto e, soprattutto, a chi.
C'é un piccolo cimitero, a 15 minuti da qui, facilmente raggiungibile a piedi.
È posizionato su una collinetta adornata di salici piangenti e lambita dai caldi raggi del sole all'ora del tramonto. Pochi sanno dell'esistenza di quel campo santo e nessuno se ne ricorda, se non quando qualcuno muore e la famiglia, di solito non ricca abbastanza da potersi permettere il lussuoso e grande cimitero ad est della città, decide di designarlo come luogo per il riposo eterno.
A cosa serva lo sfarzo nella morte ancora mi sfugge, dato che il defunto continua ad essere tale sia se egli fosse stato ricco o povero in vita e, ora, non può certo godere della comodità della bara di mogano, così come non può lamentarsi della scomodità di quella di legno scadente.
Le persone seppellite lì, comunque, sono perlopiù decedute agli inizi del novecento, alcune nell'ottocento e solo poche vanno dagli anni quaranta ad oggi. Il cimitero stesso ha quell'aura che ogni poeta romantico avrebbe elogiato; Lapidi scolpite dalla mano umana e dall'acqua, che le ha corrose e a volte ne ha cancellato i nomi lì incisi, un laghetto la cui supericie è baciata dalla ninfee, fiori che crescono in modo meravigliosamente selvaggio, intorno alle tombe e vicino ai salici, come e volessero farsi beffe della morte ostentando la loro rigogliosa e presente vita.
Ebbene, mio caro ragazzo in bicicletta, questo piccolo luogo macabro ma non spaventoso non viene visitato da nessuno, nemmeno dai familiari dei defunti, che anzi smettono di far visita dopo le prime tre domeniche, che sono d'obbligo per la morale.
Le storie e i nomi delle persone che riposano lì sbiadiscono con il tempo e vengono dimenticate con una velocità disgustosa.
Nessuno merita di essere abbandonato alla morte, nemmeno dopo che essa sopraggiuge. Tutti desideriamo l'immortalità perchè abbiamo paura che questo mondo egoista, nostro genitore e assassino, si dimentichi di noi prima ancora di divenire freddi, ma perdiamo intersse nella vita degli altri non appena essa viene sopraffatta dalla morte perchè ormai é inutile, passata e dolorosa da ricordare.
Come poter essere immortali se lasciamo che il ricordo delle persone svanisca non appena l'orologio suona l'ora della fine? Come pretendiamo che gli altri si ricordino di noi se non ci sforziamo di non dimenticare?
Io, però, vado lì ogni giorno e porto con me un fiore, che colgo da un rigoglioso giardino di una casetta bianca che si trova sulla via per il cimitero.
Mi siedo di fronte a una lapide, scegliendo la più spoglia di fiori o cure, poggio il mio omaggio vicino alla pietra e leggo il nome e le date di nascita e morte della povera anima che vi riposa.
E invento una storia per loro.
Voglio tenere viva la memoria di qualcuno che ora non c'è più e dono loro una nuova e breve vita attraverso un racconto. Così trasformo nomi senza più volto in dame, duchesse, artisti, mercanti, soldati, sognatori.
Potrai pensare che io sia strana, mio carissimo ragazzo in bicicletta, ma mi offenderei di più se mi dicessi che sono come gli altri; inoltre so quello che significa essere dimenticati e nessuno si merita la punizione dell'oblio.
Ma questa è una storia per un'altra lettera.
Devo andare, mio caro, la luna è alta nel cielo e sento la stanchezza impadronirsi dei miei sensi.
Spero di vederti domani, con la tua bicicletta davanti al Cafè de la Rouge, che imbocchi il viale dei ciliegi e mi fai dimenticare del mio caffè, destinato a freddarsi per poi diventare disgustoso e imbevibile.
Prometto di raccontarti la storia che donerò, domani, all'anima a cui la concederò.
Per sempre tua,
-Amelia

Caro ragazzo in biciclettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora