Mary Johnson

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Caro ragazzo in bicicletta,
stamattina grandi nuvoloni grigi erano accocolati in cielo, statici, calmi, rigonfi di promesse di pioggia mai mantenute.
Le fronde dei ciliegi danzavano un valzer con il vento, al ritmo di una melodia antica, mentre alcune foglie si staccavano dai rami per poi posarsi leggere al suolo.
Nonostante il tempo minacciasse di trasformare quella mattina primaverile in una giornata uggiosa, quasi invernale, te sei passato imperturbabile con la tua bicicletta, pedalando distrattamente davanti al Cafè e la Rouge per poi infilarti nella tua routine così perfettamente esatta, imboccando il viale fiorito e sparendo all'orizzonte.
Come al solito il mio caffè si è freddato mentre ero persa in un sogno ad occhi aperti e, alzandomi, ho preso la tazzina per metterla nel cestello della lavastoviglie, buttando nel lavello quell'intruglio gelido e zuccherato che in principio era stato un espresso.
Chissà se mi guarderai mai, mio caro ragazzo in bicicletta... Mi ritrovo spesso a fantasticare su questa remota possibilitá.
Immagino che, un giorno, mentre sto servendo un croissant alla crema e un cappuccino a Mrs. Illy  te entrerai dalla porta del Cafè, che fa un suono metallico e squillante grazie al campanellino attacato sopra, chiedendomi un caffè, che ovviamente sarà offerto dalla casa e mi sorriderai.
Magari quella di prendere il caffè al Cafè de la Rouge diventerá un'abitudine per te, così come lo è prendere la biciletta... Potrebbe diventare la nostra abitudine no? Credo proprio che non mi dispiacerebbe se divenissi una consuetudine per me e io una per te.
Come avrai notato fantastico molto, mio caro.
Ma è quello che mi rende felice.
Immaginare una realtà diversa da quella presente aiuta a vivere meglio il mondo in cui ci troviamo; idealizzare un presente nel quale ci sentiamo contenti, a nostro agio, è ciò che ci spinge a combattere per rendere il sogno realtà, non trovi?
Perchè dovremmo accontentarci? Perchè non dovremmo puntare alle stelle? Sai, associamo il sogno al sonno... Diventa per noi un effimera  schiocchezza da poco conto, che si dissolve nella luce del mattino senza lasciare traccia.
Io credo, però, che chi vive sognando in realtà non dorma mai.
Torniamo alla realtà, caro ragazzo in bicicletta.
Prima ho nominato Mrs. Illy... Te ne devo assolutamente parlare!
Mrs. Illy è una signora di mezza età, con i fianchi larghi e gli occhi più neri che abbia mai visto. Sono come pozze d'oblio, appoggiate su un viso arrotondato e dolcemente solcato dal tempo, che, tutto sommato, è stato magnanimo con lei.
Nella sua borsa sono immancabili pochi semplici oggetti: Caramelle al miele, che è sempre pronta ad offrirmi nonostante le abbia ripetuto infinite volte che non sopporto il miele, ago e filo nero, un pacchetto di fazzoletti che profumano di mentolo e una foto del suo amato cane Spike, un maltese spelacchiato e con gli occhi buoni, che é pronta a mostrare a chiunque le chieda del suo amato animletto.
A prima vista potrebbe sembare una donna austera e dalla morale rigida, ma in realtà ha una riserva infinita di simpatia ed è sempre pronta ad dispensare consigli.
Conosco Mrs. Illy grazie a mia madre. Da ragazze erano molto amiche e hanno condiviso la loro gioventù l'una con l'altra, rimandendo poi vicine anche dopo che gli anni delle avventure pazze, che mi raccontano spesso, erano consclusi e avevano lasciato spazio a responsabilità, matrimonio, figli.
Mrs. Illy, il quale nome è Joanne, era presente alla mia nascita e durante tutte le feste da the che improvvisavo in giardino, ricevendo come ospiti lei e i miei tre peluche preferiti; c'era il giorno in cui imparai ad andare in bicicletta e quello in cui ebbi il cuore spezzato per la prima volta; lei era lì quando mia madre, venuta a conoscenza della relazione di mio padre con una segretaria di 15 anni più giovane, divorziò da lui e, ovviamente, era presente il primo giorno di lavoro qui al Cafè de la Rouge, ordinando un croissant alla crema e un cappucino e avvisandomi che avrebbe tenuto un occhio su di me.
Da quel giorno in poi, puntualmente alle 9:45, la vedo entrare dalla porta con un sorriso e io inizio a preparare il solito cappuccino.
Oggi non era stato differente e si era presentata tutta baldanzosa, raccontandomi che Spike, durante la passeggiata mattutina, aveva incontrato una cagnolina deliziosa e avevo giocato per ben 10 minuti.
Molto interessante, soprattutto quando per la testa passano altri mille pensieri, tutti sormontati da quello che prende la forma di un ragazzo in bicicletta che passa senza fare caso al mondo che lo circonda, come se la realtà che lo avvolge gli fosse così affezionata da lasciarlo libero dai tedi che, invece, riserva a tutti gli altri.
Ti avevo promesso una storia, mio caro ragazzo in bicicletta, non è così? Mentre scrivo questa lettera sulla mia scrivania è presente un petalo di rosa, scarlatto e aggrinzito, che oggi ho staccato dal fiore che stavo portando al cimitero e mi ha fatto ricordare della mia promessa.
Come premessa ti voglio raccontare il percorso fino al cimitero, però.
Mentre passeggiavo verso la mia destinazione, già intenta a fermarmi presso il solito cancello per cogliere un fiore, il cielo si era tinto di una vernice plumbea e forti tuoni risuonavano di tanto in tanto, promettendo pioggia.
Fu proprio questo a darmi ispirazione per la storia che volevo regalare alla povera anima alla quale andavo a fare visita, ripensando a una frase di Rimbaud che diceva La tempesta ti ha resa suprema poesia.
Dopo aver furtivamente strappato una rosa che, forse come vendetta, mi aveva ferito il dito con una delle sue spine, arrivai al campo santo e incrociai subito una lapide di pietra, che non aveva nessun fiore intorno se non quelli selvatici che madre natura dona e sulla quale superficie erano incise poche lettere, che rappresentavano nome, cognome, date di nascita e di morte.
Nessuna elegia, solo le parole neccessarie a scandire la meccanicità della vita.
Mentre ero persa nei miei pensieri, un tuono fortissimo mi scosse il cuore e una lacrima mi solcò il viso.
Asciugandola mi inginocchai di fronte alla tomba, posai il fiore vicino alla lapide e poi lessi ad alta voce il nome della donna che vi giaceva.
Mary Johnson. 1912-1937
Ecco la storia di Mary Johnson, dunque, alla quale voglio dare una nuova vita, dato che quella precedente l'ha lascita troppo presto.

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