Guardami.

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'Vaffanculo' sbotto con voce ferma, ripercorrendo a tempo record tutti i frammenti della puntata appena terminata.
Son tutto sommato contento delle mie esibizioni, e credo davvero di aver dimostrato di meritare questo posto, ogni singolo complimento ricevuto, consapevole che, nella vita, tutto ciò che son riuscito ad ottenere è stato guadagnato grazie a sacrifici e rinunce costate care.
Ho metabolizzato immediatamente l'eliminazione di Vittoria, giustificandola con un breve 'prima o poi toccherá a tutti'.
Ciò che non riesco minimamente, e sottolineo minimamente, ad accettare è l'atteggiamento della bionda che ormai da mesi e mesi monopolizza le mie notti, le mie giornate, le mie prove, le mie coreografie, e mina il mio poco autocontrollo.
Per non parlare degli Outfit scelti da tre puntate a questa parte.
Sapete che vor dì entrare in studio teso per le performance che andrai a presentare, e distratto dalle sue cosce nude a contatto con la sedia in pelle?
Sti maledetti vestitini manco je arrivano a metà coscia.
Ve assicuro che è tutto fuorché una passeggiata de salute.
Perché, per quanto uno se possa sforzare, sempre omo rimane.
Sta a du' metri da me, e mai na volta che me abbia rivolto, che so, na parola de conforto, una frase pe' spronamme.
Eppure non ero io quello incapace di parlare, di comunicare efficacemente in questi mesi?
Vero, Vero, che me stai facendo?
Complici una climax incontrollabile di sensazioni contrastanti e una serie di incomprensibili imprecazioni, ora mi ritrovo seduto su questo divano a braccia conserte, nervoso come poche volte mi è capitato, ad attendere il suo arrivo in casetta per i commenti finali, ma soprattutto per il nostro, di resoconto.
Non ti salvi.
Sento il cancello sbattere, Elisa salutare a voce bassa Federica, Rudy fare altrettanto, ma non sento affatto la sua voce.
Entrano in casetta muniti di espressioni cupe.
Lei non c'è.
Non c'è, capite?
Dopo una puntata de merda, in cui abbiamo perso un componente rilevante, lei che fa?
Non se presenta.
Brava, Peparini.
'Veronica?' domando, forse un po' troppo scontroso.
'Ah, non è riuscita a venire.
Aveva da fare' risponde rapidamente la mia coach.
Che cazzo c'aveva de mejo da fa?
Posso immaginare.
Una sensazione strana sale e scende dallo stomaco al cuore: sono saturo, ho bisogno di svuotare il sacco, e farlo per bene.
'Andiamo di là, così parliamo di stasera' mi sorride Elisa, avvolgendo un braccio attorno alle  mie spalle.
Non voglio parlare di queste cazzo di prove, non me ne può fregà de meno: io voglio lei, qui, seduta su questo dannato pavimento, a spiegarmi cosa le passi in quella testa criptica che se ritrova.
Ma lei non c'è, e allora trascorro una buona mezz'ora inchiodato sulla sedia a finger di ascoltare i pareri dei miei due direttori artistici, e domandarmi se esista un modo per farmi parlare con Veronica stanotte.
Perché esiste un modo, vero?
Io come posso andare a dormire con questo nodo in gola che me soffoca?
Con questo cuore stracolmo?
Prima che Elisa possa andarsene, le chiedo 'vorrei vedere Veronica' tutto d'un fiato.
Probabilmente capisce, o forse è solo una mia impressione: da giorni ho la sensazione di aver gli occhi puntati addosso costantemente.
Forse non sono così bravo a mentire, a nasconder ciò che provo.
O forse non è brava lei.
Ma che dico?
Lei se la cava anche fin troppo bene, e ne è più che consapevole.
Non siam più capaci di dirci tutto solo guardandoci.
Non mi guarda più.
Non son più per lei ciò che lei è per me.
'Non credo sia possibile parlare con la produzione ora.
Mi spiace, Andreas.
La vedrai domani a lezione, dai, tranquillo.
E sicuramente ti saprà dire con precisione come le sono sembrate le tue esibizioni' e mi tocca piano un braccio, come a confortarmi.
Abbasso lo sguardo, sconfitto.
'Però, se vuoi, posso provare a chiamarla' dice ad un tratto, afferrando il cellulare e componendo veloce un numero: il suo.
Se le mie sensazioni sanno ancora essermi fedeli, non dormirà.
Sa che significhi non riuscire a chiudere occhio, divorati da ciò che ci circonda.
È come me.
Mette in vivavoce, aspettandosi che sia io stesso a chiederle di raggiungermi.
Squilla, a vuoto.
Quando stiam per riattaccare, una voce stanca, irriconoscibile, risponde con un roco 'pronto?'
La mia Veronica.
Era ora.
'Vero, ciao, scusa se ti disturbo, so che avevi da fare, ma qui chiedon di te, e anche piuttosto insistentemente' evidenzia la donna, ridendo.
Beh, direi.
Mancare ad un resoconto dopo un esito del genere è da pazzi.
'Chi chiede di me?' domanda, fredda.
Ha già capito.
Eppure, fino all'ultimo istante lei spera in cuor suo che non sia io.
'Andreas' sussurra Elisa.
'E che vuole?' risponde, quasi indifferente.
Che vuole?
Ma stiamo scherzando.
'Non so, però..' non lascio che termini la frase che pronuncio un rapido 'Veronica'.
Spero di esser sembrato un minimo sicuro di me, distante.
'Che hai bisogno da me?'
Sapessi, Peparini.
Sapessi.
In questo momento avrei davvero bisogno di dirtene di ogni, e poco fa avrei avuto bisogno che ti tirassi giù quel vestitino bianco.
E poi, ti voglio qui, dannazione.
'Che tu mi raggiunga' taglio corto.
Non voglio darle le risposte che cerca, non ora, non in questa circostanza.
'Se non sono venuta c'è stato sicuramente un motivo.
Avevo e ho da fare.
Ci possiamo vedere..'
Tanto so che ti stai divorando l'anima dai sensi di colpa per il fatto che stasera sia uscita una ballerina su cui hai puntato molto, e lacerata dal fatto che le cose tra noi girino in questo modo.
Però è giusto tu venga, me lo devi.
'Per favore, ho urgente bisogno di capire per quale motivo non abbia sentito i pezzi completamente al passo con me' quasi urlo.
Mi sta costringendo a rendermi ridicolo.
Lei ha capito benissimo che cosa io voglia da lei, che discorso voglia affrontare.
E non c'entra nulla la danza.
'E non puoi saperlo domani?' mi provoca.
La immagino sorridere sotto ai baffi, e sorrido per un attimo anche io.
Quanto é bella quando lo fa.
Ma ora non riesco ad eliminare quella sensazione costante di fastidio verso il tono che sta usando per parlarmi: come se non fossi nessuno, non contassi nulla.
'Va bene, a posto' chiudo così la conversazione, voltandomi e raggiungendo in fretta e furia la mia camera da letto.
Mi butto sul materasso a peso morto.
Voglio addormentarmi così, se il sonno me lo concederà, se saprà arrivare: ancora vestito, a difese azzerate.
Non so esattamente quanto tempo passi, ma, piuttosto agitato mi alzo, senza saper esattamente cosa fare, in balia di insicurezze e rabbia perenne.
Mi ha rifiutato, letteralmente.
Raggiungo la saletta ballo, e sprofondo lentamente a terra, chiudendo gli occhi, ed immaginandola qui.
Sento dei tacchi riecheggiare ancora lontani: poteva toglierli sti benedetti cosi Federica, eh.
Che li tiene a fà, pe' bellezza?
Mi alzo di scatto, pronto a tornare in cucina, quando sulla soglia della porta della sala ballo c'è lei: impeccabile, vestita e truccata esattamente come qualche ora prima.
Ora la anniento.
O la bacio?
'Quindi?
Che vojamo fa?'
È stanca, sfinita.
Da quanto tempo non dorme?
'Non pensavo saresti venuta' dico piano, sorpreso, impaurito.
Ipotizzare di poterle dire determinate cose è un conto, trovarsela di fronte e doverlo fare è un altro.
Ignora il mio tentativo di introdurre il reale punto della questione, andando a parare in tutt'altra direzione.
Ora sbotto.
'Per quanto riguarda la prima esibizione, molto espressivo, preciso nei movimenti, originale.
La seconda...' afferma, con occhi spenti.
'Che cosa vuoi che mi importi?
Cosa?
Sai benissimo perché ti ho voluto qui' le rispondo.
Siamo ancora fermi sulla porta, non sappiamo muoverci.
Ma ci guardiamo, fissi.
'Dimmi che sai a che sto pensando' le chiedo, titubante.
Ed eccomi: il solito coglione di sempre.
Con lei funziona così.
'Te mancavo, Andrè?' sorride leggermente, e c'è veramente poco da ridere.
'Tu me devi dì che cazzo ho fatto per meritamme questo' la incenerisco con lo sguardo.
Tutta la rabbia sta per esser vomitata letteralmente addosso a lei, senza alcuna eccezione.
'Ma questo cosa?
Si può sapere de che stai a parlà?
Che cazzo vuoi da me, eh?
Me lo dici?
Me fai piombà qui all'una de notte per cosa?Per ascoltare le tue stronzate?'
Non so più che dire, sembro schiacciato da tutto questo.
'Avevi da fa?' sputo.
Sono geloso, geloso marcio di tutto ciò che fa.
'Evidentemente' ed incrocia le braccia, fiera, ergendosi sui suoi tacchi rossi, maestosa.
Però dentro sta morendo.
Bruciando.
'Eppure sei corsa qui' le dico assumendo un'espressione di ovvietà.
'Perché mi hai chiesto tu di..' cerca di spiegare, ma non glielo permetto.
Ora si gioca alle mie regole.
'Non eri costretta a farlo' affermo, rendendomi conto che ciò che ho appena detto è pura verità.
Poteva scegliere, e in qualche modo ha scelto me.
Rabbrividisco se solo ci penso.
Allora è ancora capace di sentirmi.
'Non mi hai lasciato scelta.
L'ho capito dal tuo tono che avevi bisogno di me.
Sono qui, coraggio, parla' mi sprona.
Ed è incredibile ciò che tra noi si viene a creare, tutto ciò che riesce a trasmettermi anche solo con una parola.
'Sai che c'è?
Che io vojo de più.
E si, so che ti avevo promesso che non sarei arrivato a chiederti qualcosa che non avresti potuto darmi, di non metterti in difficoltà, ma io sono davvero convinto che tu possa esser molto più di così.
Che si possa fare.
Si può fare, Vero, si può.
Dimmelo anche tu che si può fare' e nel dire queste parole indietreggio, ponendomi al centro della saletta.
Lei mi segue a passo lento, come a studiare il territorio, e capire fin dove può spingersi.
Se può lasciarsi completamente andare e permettersi di dirmi qualsiasi cosa.
'Sai bene in che situazione mi trovo, Andreas.
Sai che non posso tirar la corda più di tanto, come posso andare così, alla cieca?
Buttarmi in un qualcosa che non so se domani potrà ancora esistere?
Guardaci, Andreas, guardaci: abbiamo ventisei anni di differenza, io sono sposata, ho dei figli, ho dei doveri, e tu.. Tu sei un ragazzino' dice tutta d'un fiato.
Chissà quanto tempo era che voleva sputarmi addosso queste parole, che, cazzo, fanno male.
E non che non fossi consapevole di ciò che mi ha appena detto, ma sentirselo gridare ti distrugge.
In circa venti secondi di silenzio, riesco a passare da stato di delusione totale, a consapevolezza, da consapevolezza a disperazione, da disperazione a confusione.
Ma l'amore, perché l'amore non riesce a passare?
Ad essere sovrastato da nulla?
Perché?
'E allora sforzati a portamme rispetto!'
Lei sgrana gli occhi, non capendo questa mia ultima, irremovibile ed accusatoria risposta, e interrogativa mi chiede 'ma che stai a dì, Andre?
Che avrei fatto de così...'
'Che avresti fatto?
Davvero fai?
Veró, va bene er ragazzino, va bene i ruoli, va bene gli anni di differenza, ma sono un uomo.
E se te scosci ad ogni puntata, io..' la voce mi muore in gola.
Scorro lo sguardo su di lei, sul suo viso perfettamente disegnato, sulla scollatura profonda dell'abito, sulla sua gonna ampia e così fottutamente corta.
Sulle sue gambe, e, Dio..
Deglutisco a fatica, mentre lei si avvicina a pochi centimetri dalle mie labbra e mi domanda 'tu, Andreas, tu cosa?'
Ha le sue iridi puntate, diluite nelle mie.
'Io...' balbetto, senza saper concludere neanche il pensiero.
Milioni di immagini in sequenza mi si proiettano nella mente, e son tutto fuorché caste.
Perché vorrei davvero che tutto questo finisse così.
'Lo vedi?
Sei solo un ragazzino.
Non riesci neanche a far la metà delle cose che stai pensando in questo momento' e gira le spalle, per andarsene.
Ma dove vai, me chiedo io, dove?
'Tu non esci da qui' pronuncio fermamente.
Si ferma sul posto, gelida.
Non si volta, mi dà le spalle, la schiena.
'Ah sì?
Invece è quello che sto a fa' ribatte, piccata.
Avanza verso l'uscita della sala, ed io vado totalmente in panico.
'Se la lasci andare, la perdi' continuo a ripetermi, e no, non voglio perderla.
No.
Le afferro un braccio con forza, facendola scontrare col mio petto, facendo sì che appoggi le sue mani su di me.
Finalmente.
Ha i capelli biondi a frisè, sanno di rosa.
Un profumo che ho sentito addosso solo a lei, e che so benissimo, riconoscerei tra molti, moltissimi altri.
Non alza lo sguardo, stiam fermi così, per secondi interminabili.
Lei non è più la donna tutto d'un pezzo  di qualche istante fa, esattamente come io non son più in grado di smetter di volerla.
Poggia piano la testa all'altezza del mio cuore, si abbandona completamente a peso morto su di me.
La prendo in braccio, avvolgo le mie braccia attorno alla sua vita, mentre il candido vestito Mangano le sale prepotentemente, lasciando completamente la pelle delle gambe scoperta.
La trascino sul pavimento in legno, lei seduta su di me, guancia contro guancia.
Ci stiamo respirando piano, più forte di prima.
'Andreas' mi sussurra caldamente all'orecchio.
È sempre per lo stesso principio de 'io so omo' reagisco sussultando.
'Vero' rispondo, passando le mie dita fredde sulla sua coscia destra.
'Andre' ripete, non appena le mie labbra scendono sul suo collo.
Voglio marchiarla, vorrei poter urlare che si, questi momenti sono nostri, ma che li abbiam vissuti davvero.
Vorrei saper dimostrare di più.
'Non possiamo' mi dice, ad un tratto.
Senza che io possa accorgermene, lei si alza rapidamente, sistemandosi il vestito, cercando di ricomporsi, e a suon di tacchi fa per correr via.
Prima ancora che possa anche solo provarci, ripeto il gesto di poco prima, ma sicuramente con meno grazia, a giudicare dal suono che le esce dalla gola non appena le afferro il polso.
'Che fai, eh?
Scappi?
Te faccio schifo, per caso?
Non te vado bene?
Non sono abbastanza all'altezza de sta co' una come te?
Sai qual è la verità?
È che sei tu quella a cui non frega un cazzo!
Vuoi sapere per quale motivo io non riuscivo a parlatte appena entrato in questo programma?
Perché ogni volta che te vedevo, ogni volta che me trovavo a dovemme confrontà coi pezzi tuoi, beh, io ce trovavo un pezzo de noi dentro.
Ogni parola pensavo potesse esser per me, per quello che c'è stato.
Ma forse, per la Signora Peparini, io sono stato solo uno dei tanti, uno..' ed un ceffone mi colpisce in pieno viso, facendomi un male infernale.
'Come puoi anche solo pensarla una cosa del genere?
Con che coraggio parli di amore per me se poi pensi questo?
Non sei uno dei tanti, e se solo imparassi a guardami più di come già fai capiresti che non c'è una via d'uscita a tutto quello che sento.
Credi di saper solo tu cosa significhi?
No, bello, perché in questa situazione ci sei dentro te esattamente come ci son dentro io, e non riuscirai a scaricarti la coscienza.
Non te lo permetterò' urla a distanza minima da me.
Senza pensare a conseguenze, pretesti, domande, la bacio.
Ed è sicuramente il bacio più passionale, più carnale che io abbia mai dato.
Con poca grazia la spingo alla parete blu della sala, a bocche incastonate intreccio le nostre dita, trattenendo le le mani a contatto con il muro.
'Non uscirai da qui, non senza il mio sapore addosso' ringhio.
Non sono più io, o forse lo son stato così poche volte da stentare a riconoscermi.
'Quando non devi parlá parli, Andrè?' ride, per poi liberarsi dalla mia stretta e portar le mani tra i miei capelli.
'Zitta' le dico, prima di morderle finalmente il collo.
Ma non ce ne frega niente, ora.
Non ce ne frega niente quando, dalla foga, fa saltare tutti i bottoni della mia camicia, quando le sollevo rapido il vestito.
Quando la riprendo tra le braccia, facendole scendere l'abito ed adagiandola a schiena nuda contro il freddo muro.
E non ce ne frega niente mentre mi graffi la pelle al passaggio delle mie mani sulle cosce.
E senza preavviso, ti son dentro, senza alcuna barriera a dividerci, e va bene così.
Finalmente come deve essere.
Urli il mio nome, mente mi riveli che hai fatto in modo che i ragazzi della squadra avessero una nottata libera da trascorrere coi loro cari.
Ed io con te.
Ed urli ancora, mentre ti sovrasto senza sapermi fermare, mentre ti entro nelle ossa, mentre mi dici all'orecchio 'ancora, ti prego, ancora'
Perché sarà sempre un chiederci di più, consapevoli di non aver limiti.
Ti rifaccio mia sul pavimento di questa stanza, che sa di noi, di corpi uniti, di anime instabili.
Però ci siamo trovati.
Siamo qui e vogliamo esserci.
Scivoli lenta sopra di me, carezzandoti, mentre appoggio la bocca sul tuo seno caldo, beandomi del contatto.
Ed è con lo stesso spirito che continuo ad amarti nel mio letto, finalmente sotto le coperte di un mondo non ancora pronto per noi.
Facciamo in modo d'esserlo, però.
'È così bello' biascichi, e quando credo d'aver fatto mia ogni singola emozione... Piangi.
E più ci apparteniamo, più piangi.
Ti stringo senza lasciarti respirare, respira me.
Le mie paure.
'Vero' bacio il tuo orecchio, vi passo le labbra lentamente.
'Perché piangi?
Ho fatto qualcosa di..'
'È uno dei momenti più belli della... mia.. vita' fatichi a dirmi, mentre al suono di questa dichiarazione, lascio in te un segno indelebile.
Sei bellissima.
Ti carezzo gli occhi.
Ti asciugo le lacrime, ti stringo a me, mentre le nostre nudità si cercano senza volersi mai lasciare.
Siamo finalmente la parte migliore di noi.
E ti addormenti così, sfinita, piena, felice, a pezzi, lacerata, tormentata.
Ma con me stretto stretto.

Il fuoco e le fiamme•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora