La Confessione del Carceriere

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Risuonan con sottil sinfonia le mie chiavi,
nell'ombra scintillanti,
fuggo disperato, nel buio che m'avvolge,
da questi miei rimorsi sussurranti.
Carcerier di un immenso peccato è quest' immonda creatura,
oppressor della gioventù dotata,
è la mia anima, che mormora tra queste mura.
E mentre vago solitario per questi corridoi,
mi sovvien di rimembrare, come conobbi gli occhi suoi.

Voglio liberarla...

Cominciò a batter il cuore, la prima notte che la sua pelle bianca sfiorai,
che peccato commisi? Me ne innamorai.
E nel dolce silenzio delle notti insonni e con gran timore,
che tra le lacrimate carte, le dichiarai il mio amore.
Accettò, abbracciando il mio cuore con il suo sorriso,
fu lì, che con gli occhi d'un mortale, scorsi il Paradiso.

Voglio liberarla...

Avevo paura, paur di non esser all'altezza,
e così, la cullai dentro una fortezza.
Carcerier d'errori ormai commessi,
colpevole, di voler emular gli amor che in tanti libri lessi.
Fu così, con dolore, che in una gabbia d'oro rinchiusi la mia amata,
che questa catena soffocò nella più silente viscera dannata.
Oppressore del canto dell'Angelo amato,
peccatore di lucchetti e di silenzio,
da colei che rinchiusi io verrò dannato.

Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa.

Son pazzo, son stanco del silenzio incatenante!
Voglio che sia libera!
e se le aggrada, che possa trovar un nuovo e degno amante.
Sia dannato lo mio dolore, sia dannato lo mio sentore,
che di lei, mi sentì l'unico e ancestrale possessore.

Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa.

Avanzando, con le membra pervase dal timore,
è l'ora, o mio spirito, di scontare quest'errore.
Ciò che feci mai potrà esser dimenticato,
ma ti prego, o mia amata, abbi pietà,
di quest'amore di cui rimasi accecato.
E ti prego, non condannarmi con la tua rabbia:
non sei l'unica, rinchiusa in una gabbia.

Così, la sua gabbia aprì tra lacrime e carezze,
e l'Angelo incatenato, ai miei occhi ormai opachi, mostrò le sue fattezze.
"Pietà!" con tutta la mia forza, piangente urlai,
"Pietà per le catene, pietà per come ti trattai!"

E' libera...

Ma la condanna della vittima, pietà per me non riservò,
e col dolore dentro al cuore, la sua purezza, dalle mie brame conservò.
Caddi a terra sorridente, nel freddo pavimento di questa buia prigione,
chiudendo gli occhi, librandomi nell'eterno,
con le speranze di un bambino su di un aquilone.

E' libera...

Dannato fui,
io che pensai di aver controllo della mia più grande passione,
e questa mera cecità, mi condannò alla più fatal lesione.
Fugace fu il suo andar via, la sua rabbia, la sua allegria;
per sempre ti amerò, nel mio oblio, speranza mia.

Ti raccontai di stelle ed oceani astrali.
Ma non riuscì mai, a dar voce e vento alle tue ali. Perdonami, mia speranza.

Dies irae, dies illa

In virtù d'un Virtuoso senza virtùDove le storie prendono vita. Scoprilo ora