Una risata sorda riempì le silenziose stanze di quel luogo. Rimbombarono qualche secondo e, dopo un gemito di dolore, tornò il silenzio; a volte partiva qualche singhiozzo di coloro che non si trattenevano, ma veniva bloccato subito da un colpo di frusta.

La società era perfetta e pretendeva la perfezione.
Già da appena nati i bambini venivano controllati attentamente e qualsiasi traccia di deformazioni od altro veniva subuto spazzata via. Un metodo un po spartano certo, ma anche il più efficace per avere bambini sani.
Fino a 13 anni i bambini erano lasciati in pace. Al compimento del tredicesimo compleanno venivano portati in un ufficio da una specie di dottore che li testava, li esaminava, prelevava il sangue, qualsiasi cosa. Al primo sintomo la cosa migliore per i genitori del ragazzo era mandarlo a "scuola".
La chiamavano scuola, ma l'unica cosa simile era che provavano ad educarti. Se a 18 anni non eri tornato normale venivi ucciso.
In casi estremi alcuni venivano mandati li anche a 10 anni o appena si mostravano i sintomi del disagio mentale che colpiva i bambini.

A gruppi di 6-8 persone venivano rinchiusi in una cella. Ogni cella aveva minimo due membri che non venivano assolutamente considerati, non si provava a farli tornare normali, erano li ad aspettare la loro ora e basta.
Generalmente in questa categoria c'erano quelli che soffrivano di insonnia a cui era affidato il compito di controllare che nessuno dei ragazzi scappasse (per questo erano anche quelli più sotto controllo).
Questo ovviamente non rendeva felicissimi i lavoratori, anche perchè se il ragazzo veniva riconsegnato alla famiglia sano questa era costretta a pagarli; nel caso però non ce li avessero mandati l'intera famiglia veniva uccisa.

Regole severe per una società al massimo della perfezione.

Questo sistema, ad ogni modo, era stato ideato da poco, qualche anno fa, ed i primi 20 ragazzi che ci andarono all'epoca avevano 10 anni. Ora ne dovrebbero avere 15, ma di tutti e 20 ne è sopravvissuto uno solo. Un ragazzino basso, biondo con gli occhietti azzurri classificato schizofrenico e gay.
Due problemi su due, possibilità di sopravvivenza: scarse.

Appena mandato li era semplicemente omosessuale, non aveva problemi mentali, ma dopo due anni di isolamento nella camera imbottita la sua salute mentale era andata a farsi benedire. Per un'altro anno l'avevano tenuto all'interno di una camera completamente di cemento e buia che, dopo la sua permanenza, era stata riempita di manate insanguinate sui muri insieme ad unghie cadute e rotte, a causa dei tanti tentativi in cerca di un'uscita, sul pavimento.
Questi ultimi due anni invece l'avevano messo con una ragazzina poco più grande di lui, bipolare e bisessuale.
Col tempo erano diventati ottimi amici anche se le loro litigate colossali gli avevano spesso inferto ferite e lividi su tutto il corpo.

-Kuro, perfavore, smettila di stare li attaccato al soffitto sembri un deficiente.
-Ahahahah sei solo invidiosa perchè tu non ci riesci!
-No brutto cretino è che non ho intenzione di attaccarmi al soffitto con quei buchi che ti hanno fatto nel muro.
-Sono speciale, per questo me li hanno fatti.
-No è perchè sei stupido.
-No! Non offendermi! Mordo te poi!- per quanto Kiki avesse provato a insegnargli nuovamente come parlare, i pensieri del ragazzo erano spesso confusi come i discorsi che faceva.
-E mordimi sai che m'importa.
Kuro si lasciò cadere come un sacco di patate sbattendo la schiena sul cemento, come al solito.
-KURO! TI HO DETTO CHE NON SI SCENDE COSÌ! PRIMA O POI CADRAI DI TESTA!
-Perchè te la prendi sempre con me...?- il ragazzo si rattristò e si raggomitolò su se stesso
-No, Kuro smettila di fare il bambino triste, non piangere.
La porta blindata fece un rumore che faceva poco spesso e, stile ragno, il più piccolo si nascose sotto il suo letto. -Mi vogliono uccidere- sussurrò spaventato.
-No Kuro, non ti vogliono uccidere, io ti voglio uccidere, vedi di fare poco casino adesso.

-Avete una nuova compagna- una voce profonda e poco rassicurante comparve da dietro la porta e spinse dentro una ragazzina piccina con gli occhi rossi e gonfi come se avesse pianto per ore.
Poco stabile, la nuova arrivata cadde a terra ma si alzò di nuovo di scatto.
La porta si chiuse e Kiki raggiunse la nuova arrivata.
-Tu, cartella- ognuno aveva una cartella con tutti i dati e venivano poi appoggiate su uno scaffale nella stanza.
La nuova le porse la cartella.
-Oh hai un problema su due, sei messa bene
-Veramente no- Kiki la fissò un attimo.
-Insonnia...34%- affermò la più grande. L'altra annuì sconsolata.
-KURO VIENI SUBITO QUI.
Passando dal soffitto (ovviamente), seguendo quei buchi fatti apposta per lui su tutta la stanza, il ragazzo minuto li raggiunse.
Un felice "Yeee" fu il suo "ciao".
-Tizia, lui è Kuro e io sono Kiki presentati o ti morde- disse indicando l'amico.
-Io sono Mel- disse rapida la ragazza.
Rassicurato dalla voce familiare di Kiki e quella che aveva appena conosciuto, Kuro si diresse sgattaiolando verso il suo letto e ci si appallottolò come fosse un gatto per poi cominciare a parlare di quanto fossero interessanti i topi.
-Tranquilla è normale, fa sempre così, non è stupido, solo...sconclusionato, ecco, fa anche azioni e discorsi intelligenti
-Mh...beh, oserei dire che è molto elastico
-Beh si, sai, dopo parecchi anni che continua a rompersi tutte le ossa ormai fa cose assurde, comunque...quello è il tuo letto.- indicò un letto a castello dalla parte opposta degli altri due già in uso.
-Oh beh io non credo mi servirà un letto.
-È tuo lo stesso.

La notte era alle porte, dalla piccola finestra entrava la luce lunare che riempiva un poco la piccola stanza.
Come ogni sera Mel si diresse verso la porta e, come tutti gli altri insonni, vigilò la situazione.
Nella cella in cui si trovava prima erano lei e un'autolesionista, che giusto la notte prima si era suicidato tagliandosi di netto la carotide. Quella situazione, in compagnia di bipolarità e schizofrenia, le era alquanto nuova infatti rimase senza fiato più di una volta.
Il primo segnale che le fece capire come sarebbe stata la serata fu lo scoppiare in lacrime di Kiki che si stava pentendo (e confessando con il suo cuscino) di tutte le cattiverie che aveva indirizzato al suo amico e alla nuova arrivata nel giro di poche ore; dopo di lei cominciò Kuro con risate e discorsi sconclusionati che capiva solo lui.
Quello era stato forse l'evento più "buffo" ed emozionante da quando era dentro quel luogo cupo così, scoppiò a piangere mentre l'aurora si insinuava dentro la stanzetta attraverso quella piccola finestra.

Quello era stato forse l'evento più "buffo" ed emozionante da quando era dentro quel luogo cupo così, scoppiò a piangere mentre l'aurora si insinuava dentro la stanzetta attraverso quella piccola finestra

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