1. Foto... ricordi

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"Buongiorno la contatto dalla Simitec, le propongo la nostra nuova offerta per la linea fissa e mobile...", l'interlocutore aveva interrotto la chiamata, o per meglio dire, mi aveva riattaccato il telefono in faccia.

Era il quinto cliente della giornata che si comportava in questo modo maleducato. Come se io fossi solo una stupida telefonata programmata e dall'altro capo ci fosse un ripetitore aumatico e non una persona.

Sbuffai maledicendo il mio lavoro e gettai rapida un'occhiata al cellulare poggiato sulla mia postazione. Era finalmente giunta l'ora di battere in ritirata e ringraziai tutti i Santi del Paradiso. Era stremante ripetere per ore sempre le stesse cose, soprattutto per chi, come me, tendeva a parlare poco. Non avrei mai lavorato di mia spontanea volontà in un posto come questo, ma avere un minimo di dipendenza economica, per non pesare più del dovuto sui miei genitori, mi faceva sentire meglio e, purtroppo, era l'unico impiego disponibile al momento. Nei giorni liberi mi recavo in giro a lasciare curriculum e le parole che tutti mi dicevano erano: "hai esperienza?"

Tasto dolente per molti giovani come me, se nessuno ti assume come fai a fare esperienza? La domanda da milioni di euro che ormai mi ponevo di continuo.

Tolsi le cuffiette e mi alzai osservando Samantha ancora intenta a parlare. Lei era un tipetto fortunato, beccava sempre gente molto affabile e poi era una gran chiacchierona. Ogni mese era la migliore e le gratifiche non tardavano mai ad arrivarle; con il maggior numero di contratti andati a buon fine, lei era in testa alle classifiche e dipendente del mese, di quasi ogni mese aggiungerei.

Un po' la invidiavo per la sua spigliatezza, ma era anche vero che tendeva ad esagerare quando iniziava con suoi sproloqui, quindi, a conti fatti, finivo per apprazzare i miei silenzi.

"Samy io ho finito, ti aspetto in auto", mi alzò un pollice in risposta continuando la sua telefonata e uscii salutando tutte le altre.

Mi avvicinai alla mia Cinquecento e mi accinsi a salire. Il primo pensiero fu accendere la radio e la stupenda voce graffiante di Nickelback, con la sua Photograf, mi rilassò trasportandomi con la mente ai giorni passati. Iniziai a canticchiare il mio pezzo preferito "Look at this photograph, everytime I do it makes me laugh..."*, mentre guardavo Samantha avvicinarsi. Quella canzone mi rendeva nostalgica: le foto, i ricordi delle sciocchezze combinate a scuola con gli amici e le risate. Ero cresciuta desiderando di vivere la vera vita fuori dalle mura delle scuola, e ora mi ritrovavo a rimpiangere quei giorni finiti troppo presto.

"Dove andiamo? Non voglio tornare a casa, è ancora presto", disse, chiudendo forte lo sportello.

Qualche giorno l'avrebbe distrutto "Samy la portiera...", la rimbeccai e lei mi fece una linguaccia. Ero troppo possessiva della mia auto, la tenevo come un gioiellino, tanto che spesso mi deridevano dicendomi che l'avrei potuta tenere per soprammobile e io di rimando li mandavo a quel paese.

Le auto erano da sempre la mia passione, quando in tv passava la gara di formula uno restavo in casa per guardarla e agli occhi di Samantha ero il maschiaccio (mascherato da ragazza) del gruppo. Ma non mi importava molto, mi piaceva il mio modo di vivere e i miei hobby non dovevano essere toccati.

"Avevo pensato di andare da Veronica, è a casa. Che dici?", mi sorrise appoggiando la mia idea.

Ho conosciuto Veronica e Samantha alle scuole superiori e tra il secondo anno e il terzo, abbiamo legato parecchio. Uscite di gruppo, palestra e serate a vedere film horror; e non dimenticavo di certo le prime cotte per lo stesso ragazzo. Io e Very avevamo gusti diversi, ma con Samantha era un problema. Spesso puntavamo il medesimo ragazzo e lì iniziavano i guai... insomma guai era un termine esagerato, bastava solo dire che alla fine sceglievano sempre lei. Oltre al fatto che fosse senza ombra di dubbio bellissima, il mio problema era l'enorme timidezza; non riuscivo mai a fare il primo passo. Sarà stata la mia poca autostima, che pian piano aveva minato i miei rapporti con gli altri; vuoi l'apparecchietto ai denti, vuoi qualche chilo in più che mi portavo dietro dalla pubertà. Insomma, qualunque fosse il motivo non riuscivo ad attaccare bottone con gli estranei, specialmente se ragazzi che mi piacevano.

Ho speso tutto su di noi. (sospeso per paio di mesi)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora