La Landia è un’immaginaria nazione europea che confina con l’Italia, la Francia e la Svizzera.
Andrea, un giovane di ventiquattro anni, laureato in economia, lavorava in banca a Nordia, la piccola capitale della Landia e aveva appena iniziato una settimana di ferie alla fine dell’agosto del 2015.
Appassionato d’alpinismo, aveva scelto l’alberghetto del paesino di Frasset, che sorge alla base della morena del ghiacciaio Frasso, come base per le sue escursioni. Lui trascorreva le giornate libere camminando in montagna, scalando vette e gironzolando sui ghiacciai. A ventiquattro anni poteva ancora permetterselo, era libero da impegni familiari e single per scelta.
Andrea aveva anche un’altra passione, aiutare il vecchio zio Lorenzo di settantacinque anni, a tenere in ordine il suo aereo. Era un vecchio Cessna 140A, un monomotore che lo zio aveva acquistato nel 1965 e che teneva con tutte l’amore possibile e con cui, un paio di volte l’anno, volava fino al vecchio campo di Samaden, l’aeroporto dell’Engadina. Lo teneva in un vecchio capannone alla fine della pista di raccordo dell’aeroporto di Nordia ed era registrato con la sigla LD-AV dove LD era la sigla internazionale della nazione landese.
Andrea, mentre faceva colazione, sfogliava il settimanale della valle e un articolo molto interessante desta il suo interesse.
“All’inizio del mese, la guida C.G., durante un’escursione sul ghiacciaio Frasso, ha trovato dei pezzi metallici che sembrano appartenere a un velivolo e che, considerandone lo stato di conservazione, potrebbero risalire ad almeno 40 anni fa.”
I cambiamenti climatici colpivano da tempo i ghiacciai della Landia e il loro progressivo e inarrestabile arretramento, portava spesso alla luce numerosi reperti risalenti alle due guerre mondiali.
“I frammenti rinvenuti erano dispersi sulla superficie del ghiacciaio a quota 1800 metri. È stata subito avvertita la Gendarmeria e la Direzione dell’aeroporto di Nordia, al fine di rintracciare tutte le possibili informazioni sulla scomparsa di un velivolo nell’area del ritrovamento. Rimane da aggiungere che nella vallata, anche gli abitanti più anziani interpellati sull’episodio, non ricordano la caduta di un aeroplano, nemmeno negli anni della seconda guerra mondiale.”
Andrea, che fin da piccolo aveva amato volare con lo zio e affermava di sentirsi il “cuore con le ali”, aveva chiesto informazioni alla signora che gestiva la locanda. Lei gli aveva mostrato i pezzi ritrovati che, per il momento conservava in un angolo della piccola saletta, dove alcune poltrone e divani consentivano la visione della televisione.
La guida che li aveva trovati quel giorno stava accompagnando in cima al Pizzo Frasso un cliente di certa età e sarebbe rientrato solo in serata.
Raggiungere il ghiacciaio Frasso era stato facile e dopo un paio d’ore si salita, Andrea si stava godendo lo spettacolo della distesa di ghiaccio. Il sole era alto e la temperatura era piacevole: un’eccezionale giornata d’agosto.
Deposto lo zaino ai bordi del ghiacciaio, con corda e picozza vi si era avventurato osservandone la superficie e percorrendone con metodo la parte terminale. Diversi pericolosi saracchi si aprivano nel ghiaccio e Andrea era molto attento a non correre inutili pericoli.
D’un tratto una superficie arrugginita ma regolare, attirò la sua attenzione. Raccolto il pezzo che misurava una ventina di centimetri, lo girò scoprendo che l’altra faccia era rimasta quasi immune dalla ruggine e mostrava alcuni strani segni sulla sua superficie.
Continuò a cercare per qualche ora ma non trovò altro.
Rientrato in albergo, attese il ritorno della guida Carlo Grasset.
Cenò con lui e l’argomento furono i vari pezzi metallici che aveva rinvenuto. La curiosità di Andrea saliva ogni momento di più e la proposta di salire insieme fino al ghiacciaio l’indomani, trovò Carlo entusiasta.
Andrea e Carlo si erano subito trovati, c’erano pochi anni di differenza tra loro e la passione per la montagna li aveva subito accomunati in quella ricerca.
Anche Carlo era curioso di scoprire se c’erano altri frammenti e qualche indizio per capire cosa poteva essere successo tanti anni prima.
Il sole era alto e i due stavano raggiungendo la parte terminale del ghiacciaio. Iniziarono subito la ricerca procedendo affiancati e percorrendo perpendicolarmente il fiume di ghiaccio.
Trovarono altri pezzi: una piastra rettangolare con delle punzonature, un pezzetto di longherone con una manovella, alcuni raccordi e una puleggia finirono nel sacco di Andrea. Solo verso mezzogiorno decisero di fermarsi per mangiare qualcosa.
Nel primo pomeriggio ripresero la ricerca e raccolsero alcuni pezzi di legno ancora avvitati con dado e bullone a piccole strutture metalliche.
Si erano prefissi di terminare la ricerca verso le quattro del pomeriggio quando, con il sole un po’ più basso, alcune ombre particolari attirarono la loro attenzione. Si avvicinarono e si bloccarono di colpo. A pochi metri di distanza c’era qualcosa che affiorava dal ghiaccio.