Capitolo 1

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Voglio che tu porta le miei ceneri a Pradesh, un paese che è ancora alla ricerca della pace e il paese in cui io sono cresciuto. Ti prego, figlia mia, questo è il mio unico e ultimo desiderio.

Passava freneticamente le dita sopra il suo passaporto mentre era seduta tranquilla nel retro di un minuscolo autobus. All'interno era pieno di gioielli appesi al soffitto, e una scimmia vagava qua e là, alla disperata ricerca di cibo. La disgustava molto, il fatto di essere seduta in un veicolo dove c'erano anche animali all'interno. In America era tutto diverso; si utilizzavano i taxi, puliti (a volte) e profumati. Non c'erano quadrupedi che viaggiavano sul tuo stesso veicolo. Animali come le scimmie dovrebbero essere libere, in una foresta, dove si aggrappano di continuo sugli alberi.

Guardò fuori dal finestrino, e vide l'enorme catena montuosa delle Himalaya; stupenda. Forse era l'unica cosa bella di quel posto.

– Ragazzina, – la chiamò l'uomo vecchio con la barba di fianco a lei. – Passaporto, –  indicò il piccolo libretto bluastro tra le sue mani, e senza fiatare glielo porse. Lui senza rivolgerle lo sguardo aprì l'oggetto, infilò una banconota da dieci rupie al suo interno, e glielo porse indietro. Voleva ringraziare il suo gesto sincero, ma prima che potesse dirgli qualcosa, l'autobus si fermò all'improvviso.

– Che succede? – chiese, ma lui le fece cenno con la mano di stare zitta. Lei obbedì, e serrò la bocca.

Fuori dal finestrino riusciva a vedere tre uomini con una divisa militare, e si chiese per la millesima volta che stava succedendo.

– È un posto di blocco, non ti preoccupare. Controllano che vada tutto bene e poi possiamo proseguire. – le disse la donna di fronte a lei. Aveva vari segni sul viso scuro, e non sembrava per niente preoccupata.

– Posto di blocco? Per quale motivo ce ne dovrebbe essere uno? – le chiese scettica. Lei sospirò, e chiuse gli occhi.

– Guerra civile, ragazza. Quelli là fuori sono gli uomini dell'Armata del re, Raksha. Proprio non ne sapevi l'esistenza? – le chiese con un sopracciglio alzato.

– No, non ne sapevo nulla. Mio padre mi aveva raccontato di una specie di guerra tra ribelli prima che morisse, ma non mi ha mai detto che non era ancora finita. – sospirò, e lei la guardò con occhi curiosi.

– Come si chiamava tuo padre? – le chiese.

– Ajay Suri. – rispose, e vide il modo in cui la sua espressione cambiò drasticamente. La sua bocca formò una grande O, e vide ricognizione nelle sue iridi scure. Prima che potesse chiederle perché aveva quella faccia, un uomo armato entrò dentro all'autobus, gridando parole che non riusciva a capire. Si guardò in giro con un espressione arrabbiata sul volto, e quando incrociò il suo sguardo, dovette guardarla due volte. Indossava un cappellino rosso scuro, e aveva la divisa del medesimo colore. I lineamenti erano sicuramente orientali, quelli di un indiano appunto, e sembrava aver notato qualcosa in lei. Chiamò qualcuno che era ancora fuori dal veicolo, e la prese ferocemente dall'avambraccio. – Che diavolo fai?! – esclamò infuriata.

– Sta' zitta e cammina. – le comandò secco. Il suo alito puzzava, e anche lui puzzava. Come una ciminiera. La portò fuori dal veicolo, e riusciva a sentire una voce femminile che diceva, – Non potete portarla via! – ma lui la aveva completamente ignorata.

– Signore. – chiamò l'uomo alle sue spalle. Un altro tipo davanti alla ragazza, leggermente più vecchio, si voltò verso di loro, e non appena la vide, spalancò gli occhi. Un altro soldato simile a quello che la stava tenendo stretta la guardò, e si avvicinò all'orecchio del più vecchio per sussurrargli qualcosa. Il tizio annuì, evidentemente d'accordo con quello che aveva detto il soldato alle sue spalle, e ordinò, – Portatela via. Raksha ne sarà sicuramente felice. – e in men che non si dica, l'uomo alle sue spalle che puzzava come una ciminiera la stava spingendo verso un veicolo simile a una jeep, anch'essa di coloro rosso.

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