'Till the end of time

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Si nascosero nell'oscurità che la notte porta, si confusero tra le altre figure, ne diventarono improvvisamente una unica. Non temevano alcunché, non sentivano il bisogno di nient'altro, volevano soltanto potersi lasciar sfiorare dalla chiara luce della luna, l'unica luce che non li avrebbe mai giudicati. Strinsero le loro carni senza provare alcun dolore, lasciarono baci umidi sulle loro pelli, carezzarono con dolcezza qualsiasi parte dei loro corpi. Erano entrambi consapevoli di avere la possibilità di strappare l'uno il cuore dell'altro e viceversa, di potersi rovinare con un nonnulla eppure non si allontanavano, semplicemente speravano che la fiducia riposta nell'altro non venisse tradita.
Si baciarono ancora: le labbra di uno erano alla disperata ricerca di quelle dell'altro e quando, finalmente, entrarono in contatto nulla ebbe più senso. Il mondo sparì per un istante, i suoni vennero attutiti, le sensazioni invece amplificate e il cuore, che fino a quel momento aveva battuto piano, sembrò risvegliarsi nelle loro gabbie toraciche. Solo in quei momenti sentivano entrambi di trovarsi nel posto giusto, di essere loro stessi giusti, credevano di poter sconfiggere qualsiasi cosa gli fosse capitata davanti e le paure quotidiane si facevano improvvisamente distanti.
C'era davvero qualcosa che contasse più di quello? Esistevano al mondo gioia e dolore più grandi?
Perché entrambi non credevano di poter rispondere positivamente a quei quesiti, posti così tante volte a loro stessi da dare quasi fastidio ormai.
Nessuno dei due era stato amato nella sua vita, nessuno dei due era stato abituato alle carezze e all'affetto, nessuno dei due sapeva come amare. Ma, trovandosi simili e non capiti dal mondo, si amavano senza sapere come si amasse, e la cosa potrà forse sembrare strana ma lo facevano meglio di chi è stato amato fin dal primo vagito. Si ferivano spesso senza volerlo, facevano fatica a chiedere perdono, utilizzavano le parole come proiettili sparati da bocche che erano pistole cariche, ma perfino nel dolore inflittosi c'era amore ed entrambi non sapevano come scacciarlo. Con il tempo avevano smesso di cacciarlo via e adesso lasciavano che sgorgasse fuori, che potesse risultare visibile, che la sua esistenza condizionasse le loro vite consumate.
Erano in grado di aprire nei loro animi ferite così profonde e riempirle poi con poche parole che contavano più di lunghi discorsi, e così le ricucivano abilmente sapendo già che il filo non avrebbe retto e si sarebbe spezzato di nuovo e le parole non avrebbe avuto più alcun significato. Ma continuavano ad odiarsi e poi a ricoprire l'odio di amore, perché a loro riusciva bene soltanto quello e soltanto quello avevano imparato.
Così quella notte stettero vicini, si toccarono senza malizia, lasciarono il passato dietro le loro spalle, proprio dove doveva stare, e vissero il presente come non succedeva da tempo. E probabilmente avrebbero voluto che la notte fosse durata un po' di più, che le stelle non fossero scomparse insieme alla luna, che il sole non fosse mai sorto davanti ai loro occhi stanchi.
Ma non potevano lamentarsi, poiché si amavano soltanto durante la notte.
E non avevano ancora trovato il coraggio di amarsi alla luce del giorno.

       ***

"Che stai facendo?" chiese il ragazzo più alto, entrando nella stanza poco illuminata.
L'altro volse lo sguardo verso la porta. "Sto fumando, non vedi?" rispose, acido, sistemando i piedi sulla scrivania.
"Come sei antipatico, Chuuya. Dovresti essere un po' più gentile con me." si lamentò il ragazzo, avvicinandosi al rosso e strappandogli abilmente la sigaretta dalle labbra. Fece un tiro, espirando il fumo sulla faccia infastidita dell'altro, che non perse tempo a riprendersi la sigaretta e fare un tiro a sua volta.
"Ah, io dovrei essere più gentile. Da che pulpito viene la predica..." mormorò Chuuya, schiacciando la sigaretta sul portacenere con un colpo secco e incrociando le proprie esili braccia sul petto magro.
"Ho sentito che oggi hai fatto schifo senza di me." disse con un sorriso beffardo sul volto, osservando l'altro che adesso era posizionato davanti la finestra e gli dava le spalle.
A quel commento il moro rise appena. "Ma chi ti passa queste informazioni false?" chiese, girandosi di nuovo verso il ragazzo seduto sulla poltrona scura. "Potrebbe mai, il famoso e potente Dazai, fallire una missione soltanto perché il proprio partner era troppo pigro per presentarsi? Mi risponderò da solo: assolutamente no."
Il rosso aggrottò le sopracciglia chiare. "Non ero troppo pigro, ero impegnato in un'altra missione." controbatté, facendo ridere Dazai poiché il suo sguardo non era affatto accattivante.
"Ma comunque, ho partecipato a un combattimento davvero misero. Gli uomini che erano con me si sono mossi poco visto che ho steso quelli che erano contro di noi in un arco di tempo davvero breve." continuò, serio. "Credo che ci abbiano divisi perché non avevano bisogno di una coppia così potente. Da soli facciamo abbastanza." spiegò, cercando conferma negli occhi scuri del moro.
Infatti Dazai annuì, essendo d'accordo. "Ma avrei voluto essere lì soltanto per prenderti in giro." confessò, sorridendo e tornando di nuovo davanti il rosso. Muovendosi velocemente, gli strappò un bacio a fior di labbra.
In momenti come questi Chuuya non sapeva bene come reagire poiché tra i due era quello meno propenso a mostrare affetto e quando doveva farlo gli costava una fatica immane, quasi dovesse fare gli straordinari in un giorno di ferie. Ma, al contrario di cosa si potrebbe pensare, apprezzava l'affetto che il moro gli dimostrava senza timore.
Avrebbe voluto allora riavvicinare i loro visi, in un momento di desiderio, ma alla porta si presentò uno dei loro colleghi che fortunatamente non poté sospettare nulla visto che Dazai si era allontanato in tempo.
E non era la prima volta che succedeva, non sarebbe stata l'ultima e per il momento non si trovava una soluzione. Ogni volta entrambi sospiravano, per poi scambiarsi un semplice sguardo che diceva "Anche oggi abbiamo scampato il pericolo".

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 24, 2018 ⏰

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