Sua madre gli stava pulendo il viso. Stringeva il panno consunto tra le dita tremanti, come se sperasse che lo sporco potesse coprire le colpe del figlio. Il bambino non si muoveva: la fissava, con i suoi freddi occhi scuri. Era bagnato e infreddolito; la melma gli si era incrostata sugli stracci e sui folti capelli mossi.
Non capiva perché fosse così sconvolta. Aveva solo procurato loro un pasto decente, dopo giorni interi trascorsi a digiuno. Aveva fame e quel coniglio selvatico aveva sconfinato nell'orto di casa. Aveva subito pensato che avrebbero finalmente potuto mangiare qualcosa di più che la zuppa di fagioli.
Si era avventato sulla bestiola, cercando di afferrarla. Non era stato facile catturarla: era veloce e scattante, mentre lui era solo un ragazzino debole e affamato. Forse era solo stato fortunato, ma all'improvviso aveva avuto l'istinto di gettarsi in avanti. Lo aveva agguantato e non lo aveva più lasciato. Il coniglio aveva cercato di divincolarsi, ma il bambino, rotolandosi nel fango, lo aveva trattenuto.
Era stato talmente felice che aveva quasi pianto. Non aveva provato rimorso nell'ucciderlo: doveva decidere tra la sua vita e la loro. Aveva scelto la loro. Aveva cercato di farlo soffrire il meno possibile. Almeno, dal punto di vista di un bambino, che non possedeva la conoscenza necessaria per togliere la vita con un colpo solo.
Aveva afferrato un grosso sasso e, trattenendo l'animale per le zampette posteriori, mentre si dimenava, lo aveva colpito alla testa. Aveva dovuto ripetere la macabra operazione sette volte, prima che la bestiola esalasse l'ultimo respiro.
«Guardati... sei ricoperto di sporcizia...» singhiozzava lei, con le lacrime agli occhi. «Se da bambino riesci a fare una cosa del genere, che uomo diventerai?»
Lui abbassò lo sguardo, assalito da un improvviso senso di colpa: «Mi dispiace...»
«E guarda i tuoi vestiti... come farai ad andare in giro, adesso?» continuò la donna, scuotendo la testa e passandogli il panno consunto sulle mani. «Lo sai che non possiamo permettercene di nuovi.»
«Mi dispiace» ripeté il ragazzino, sentendo la gola chiusa in un nodo.
Sua madre s'interruppe all'improvviso, scrutandolo. Posò la pezza sul pavimento di legno marcio e gli prese il volto tra le mani. Il bambino alzò timidamente lo sguardo: i suoi occhi lucidi non erano più freddi, ma pieni di rimorso. Non per il coniglio, ma per il dolore che aveva causato all'unica persona a cui volesse bene.
Si chiamava Joy. Diceva che era un soprannome, che glielo avessero affibbiato perché era la gioia di ogni uomo. La sua pelle era color del miele, il seno prosperoso, le labbra gonfie e rosse, gli occhi verdi e i capelli una cascata nera di riccioli lucenti. Era di una bellezza folgorante e ogni maschio del regno sembrava non poter fare a meno di lei.
Nonostante ciò, la paga era misera. Lui, Valerian, il suo unico figlio, era nato e cresciuto nella povertà più assoluta. Non possedevano nulla, se non gli stracci che indossavano e il vecchio capanno abbandonato alla periferia di King's Heaven, la capitale del regno. I soldi che gli uomini davano a Joy, dopo averla incontrata, finivano per due terzi nelle mani del padrone. Il resto bastava a malapena per il cibo. A volte, qualcuno dei clienti rimaneva abbastanza soddisfatto da concederle una doppia mancia, che sua madre nascondeva e con la quale potevano, forse, comprare degli abiti nuovi.
«Ehi, ometto. Non essere triste» lo consolò Joy, passandogli i pollici sugli occhi, come a volergli impedire di piangere. «Stasera potremo mangiare carne. Tu, però, devi promettermi che non caccerai mai più.»
Valerian ebbe appena il tempo di annuire, che dei rimbombi vibrarono nell'aria. Sussultò di paura, mentre lei si voltava a guardare la porta. Per un attimo, rimasero ad ascoltare i colpi che si abbattevano sul legno marcio. Un grugnito quasi animalesco riscosse sua madre, che afferrò la pezza e si alzò in piedi.
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Never - il figlio illegittimo
FantasyOcchi neri. Occhi freddi e cupi. Sono occhi che hanno visto lo scempio ogni giorno. Appartengono a un uomo che non è mai stato bambino. Gli occhi di Valerian sono così. Il loro sguardo non trema mai, neanche di fronte alla morte. Osservano le sue ma...