Senza fiori

495 24 7
                                    

Giaci qui immobile. Come ieri. Come il giorno prima ancora. Come la prima volta che ti ho osservato dormire. La tua stanza ha sempre le pareti azzurre. Sulla parete di fronte a te c’è sempre il tuo primo disegno attaccato al muro. L’armadio ha le porte aperte, così puoi scegliere senza alzarti cosa indossare ogni giorno. So che sei un pigrone. So che ora che è Natale vuoi approfittarne per stare a letto tutto il giorno. So che col freddo che fa hai voglia di un tè caldo, che vuoi che te lo porti sul tuo vassoi etto preferito. Anche stamattina ti ho preparato il tè che ti piace tanto. E’ sul comodino. Quando ne hai voglia, bevilo. So che non ne hai voglia. Mi sembri così triste in questo periodo. Non hai voglia di far nulla. Lo capisco, figlio mio, anche io ho qualche periodo in cui son sempre stanca. Passerà. Passerà, bambino? Passerà. Ne sono certa. I tuoi occhi azzurri brilleranno di nuovo. Uscirai di nuovo a giocare. Mi lascerai di nuovo sola a casa. Ti aspetterò ancora qui, a preparare il pollo che ti piace tanto. Ceneremo insieme come poco tempo fa. Tutti insieme a tavola: io, tu, Freddie Hastings, Sir Maximilian Van Hasseloff e Jackie.     Eravamo felici, vero? Ricordo ancora quando mi presentasti la piccola Jackie. Avevi due anni e mezzo. Non puoi ricordare. Corresti da me e mi annunciasti che Jackie sarebbe rimasta a cena. Me la descrivesti, mi dicesti che aveva i capelli verdi e gli occhi rossi, che aveva le gambe al posto delle braccia e le braccia al posto delle gambe. Mi dicesti che era più grande, che era già una donna!, che avrebbe voluto indossare la minigonna come le ragazze che vedeva per strada, ma che non poteva. Ti ricordi, vero?

Quando mi presentasti Maximilian e il suo nome impronunciabile avevi cinque anni. Era l’anno in cui io ti tagliai i capelli. Mi dicesti che a Maximilian i tuoi capelli non piacevano, che lui era di classe e sapeva cosa andava di moda.

La volta di Freddie arrivò a sette anni. Questo lo ricordi, vero? Ricordi che lavammo insieme il pavimento del salotto perché Freddie aveva le scarpe sporche di fango e aveva lasciato le impronte ovunque? Sì che lo ricordi.

Ritornerà il tempo in cui guarderemo insieme i Flintstones e la Pantera Rosa su ABC, in cui andrai a scuola e ti guarderò andar via dalla finestra. Mi troverai alla finestra al tuo ritorno e correrò alla porta per accoglierti come vuoi tu, figlio mio.

Non mangi da tre giorni. Il tuo faccino sta sfiorendo. Cos’è che ti blocca, bambino? Di cosa hai paura? Di nulla. Nulla ti spaventa. Dico bene? Tu sei un guerriero. L’hai sempre urlato col mantello indosso.

Allora cos’è che ti fa puzzare così, piccolo mio? Cos’è che ti ha ridotto il viso in questo modo? Cos’è? Sono forse io, bambino? E’ forse tuo padre e la sua follia?

E’ forse il freddo di New York?

Oggi c’è il sole fuori. Perché non esci a giocare? Perché non mi lasci dietro la finestra ad aspettarti? Ti preparo il tuo completo preferito. Va’. Esci. Respira. Vivi, bambino. Ti piego la camicia. La lascio qui, su questa sedia. E’ la tua camicia preferita. La vedi? Certo che la vedi.

Credo sia ora di andar a preparare il pranzo. Tuo padre mormora dalla poltrona. Aspettami qui, non muoverti. Torno tra poco. Ti prometto che torno. Ti porto una storia. Ti piacciono le storie.

Sono tornata. Ho pensato una storia per te. Vuoi ascoltarla? Certo che vuoi. Ti sono sempre piaciute le storie. Chissà, magari ti mette voglia di uscire.

C'era una volta un signorotto basso. Era sempre stato piccolo e per questo veniva preso in giro. Oltre alla sua statura, era oggetto di scherno anche per i suoi baffi lunghi e i pochi capelli. Un giorno decise di comprare un cappello. Un altro giorno decise di comprare un rasoio e la crema da barba. E un altro giorno ancora decise di camminare a passo lento durante l'orario di punta. Col giornale sotto braccio. Quello fu lo stesso giorno in cui decise di non gridare più per farsi sentire dai giganti.

Senza fioriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora