Parte unica.

34 1 1
                                    


I faggi secolari stendevano le loro chiome verdastre pigramente, assecondando il tocco rapido del vento che ne scostava le foglie strette facendole ondeggiare come formiche impazzite.

L'inverno ormai aveva presentato le proprie richieste all'autunno che aveva dovuto cedere sotto il peso del gelo che ne stava mordendo ferocemente gli ultimi, stanchi, lembi. Il freddo aveva già messo in fuga gli animali che, ormai al caldo nelle loro tane, si godevano il caldo di un ambiente accogliente e di una famiglia da poco formata.

Chissà come deve essere, rifletté, avere un posto sicuro in cui tornare, persone da abbracciare.

Una folata particolarmente violenta rischiò di strapparle via il cappuccio, ma la figura longilinea rimase immobile, ritta sul greto di un fiume che scorreva lentamente sotto di lei. Ne contemplò i sassi levigati dalla corrente e quasi le parve di riconoscere il luogo esatto in cui tutto era finito, o iniziato, secondo il punto di vista.

Rabbrividii, decisamente un tempo quella zona era più calda.

Il sole splendeva sempre nella comunità elfica in cui era cresciuta. Un bel sole splendente, di quelli che ti fanno desiderare di non rientrare mai a casa, che baciano con delicatezza i fiori nei campi e invogliano a stendersi su teneri prati.

E quel luogo era proprio così.

La gente sorrideva per le strade acciottolate, allungava dolci ai bambini che giocavano a rincorrersi fra la merce esposta e sembravano essere tutti sulla soglia di un perenne stato di grazia. Era il posto perfetto per ricominciare, riprendere a vivere felicemente dopo anni di tristezza.

Sua madre Marinka lo aveva scelto proprio per quella luce che avrebbe dovuto dissipare le tenebre precedenti di un matrimonio infelice con uomo violento.

Doveva essere un nuovo inizio.

E lo era stato, almeno per i primi mesi, a sua madre era sembrato di poter dimenticare ogni cosa.

L'atto di violenza che l'aveva costretta a sposarsi da giovanissima, quell'incidente dagli occhi verdi che le era piovuta fra le braccia alcuni mesi dopo senza emettere nemmeno un lamento e le percosse, gli insulti e quello che ne era seguito.

Marinka aveva scelto di dimenticare tutto e andarsene, se non per la piccola che era già grandicella, almeno per l'altra che portava in grembo, e così aveva fatto le valigie ed era fuggita da tutti, persino da se stessa.

Avevano viaggiato per mesi e poi altri mesi, prima che Marinka, ormai alle soglie del parto, aveva deciso di fermarsi, giudicando di essere ormai lontanissima da tutto quello che l'aveva fatta soffrire nella vita. La piccola era nata sana, la più grande apprendeva ormai con successo tutti i suoi insegnamenti e lei stava ricominciando a vivere, andava tutto bene.

- Ora... - le aveva detto una volta, chinandosi sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza, - ... saremo felici, vedrai!

Lo erano state per un anno.

Quella notte, sapeva, non l'avrebbe dimenticata mai.

Faceva particolarmente caldo, come se le fiamme stesse dell'inferno stessero incendiando il terreno, e, all'inizio, si era convinta che fosse stato quello a svegliarla. Aveva deciso di alzarsi e arrivare al piccolo torrente dietro la casa per rinfrescarsi, ma, aveva appena dischiuso la soglia della camera, quando un urlo disumano si era levato straziando la notte con la violenza di un coltello.

Era la voce di sua madre.

Era stato a quel punto che aveva iniziato a correre spalancando di botto l'uscio di casa segnato da una spessa scia di sangue.

Wrong side of Heaven - Fiachra's backgroundWhere stories live. Discover now