La prima volta che era successo, si trovava ancora alla Scuola di Divinazione.
Era lì ormai da almeno una decina di anni e aveva quasi raggiunto la giusta base di conoscenze necessarie per iniziare ad intraprendere il lungo pellegrinaggio che l'avrebbe condotta nelle altre scuole per apprendere gli incanti che i suoi maestri non potevano insegnarle.
Ripensandoci a posteriori, quel periodo era stato abbastanza sereno, gli orrori del passato giacevano rinchiusi dietro le spesse sbarre di ferro dell'inconscio e le sue doti magiche stavano iniziando a darle i primi frutti.
Avrebbe dovuto sapere che la normalità, per lei, non sarebbe mai stata di casa.
Sembrava un'alba come tante altre, lì, al piano più alto della torre della Scuola, il cielo ancora bluastro era striato di spesse scie aranciate, come se il sole stesse lottando per emergere dall'oblio della notte.
Come ogni volta si era seduta a pochi metri dalla spessa muraglia e aveva lasciato che le palpebre le calassero lentamente sino a renderla visivamente cieca all'universo che la circondava.
Un silenzio innaturale stava scendendo sui suoi sensi a mano a mano che il respiro andava rallentando fino quasi a farsi inesistente; percepì chiaramente il cuore pompare con lentezza esasperante ogni singolo millilitro di sangue mentre gli occhi le si rovesciavano all'indietro cedendo alla pressione che la sua mente stava iniziando ad esercitare.
In quei momenti Fiachra era libera.
La trance le aveva sempre dato la dimensione di quanto potente fosse il potere magico che le scorreva nelle vene, impregnandole le ossa e la pelle di una potenza impagabile.
La magia, per lei, era sempre stato questo: potere allo stato puro.
Era il trionfo della mente sugli effimeri limiti imposti dagli uomini.
Grazie alla magia si potevano imbrigliare forze arcane, antichissime, che avrebbero annientato qualunque uomo comune avesse osato accostarvicisi; si poteva manipolare il mondo circostante plasmandolo secondo i propri desideri, ma, soprattutto si poteva conoscere ...
Fiachra si era sempre chiesta il perché delle cose.
Perché il Sole moriva per poi rinascere il giorno dopo e invece gli uomini no?
Perché la natura sembrava essere stata costruita come una macchina perfetta ma poi era popolata da aberrazioni che di naturale avevano ben poco?
Perché era stato necessario per una figlia uccidere il proprio padre?
Forse era stato questo pericoloso filo di pensieri a renderla più sensibile, forse la sua follia, resa acuta dal dolore, era esplosa senza che potesse controllarla, sta di fatto che di colpo aveva sentito la propria mente tendersi fino allo spasmo, fino ad una sofferenza che, se avesse avuto ancora la percezione del proprio corpo, sarebbe stata acutamente fisica.
Avrebbe voluto potersi portare le mani alla testa e serrarle fino a farsi sanguinare le tempie, ma nulla di lei sembrava più rispondere nel modo giusto.
Un dolore lancinante, senza fine né inizio, le aveva percorso i nervi, ma quando pensava che il proprio io non avrebbe retto un attimo di più, di colpo se ne era andato, così com'era venuto, lasciandola stordita.
Le era parso di spalancare gli occhi su di un cielo meraviglioso, scuro come i suoi capelli, ma trapunto di mille stelle brillanti che viaggiavano a velocità incredibili oltre l'orizzonte del suo sguardo. Era rimasta attonita a fissare quello spettacolo unico e aveva fatto per strofinarsi gli occhi, ma si era accorta che, in qualunque dimensione fosse penetrata a causa della trance, non c'era un corpo che la rendesse reale.
Era solo mente.
Fu nel momento stesso in cui se ne rese conto che iniziarono.
Voci di tutte le tonalità avevano cominciato a risuonare nell'etere accompagnate da ombre deformi e fugaci che giocavano a rincorrersi ai margini del suo campo visivo.
All'inizio era quasi divertente assistere a quel piccolo spettacolo circense, ma la maga si era accorta presto che c'era qualcosa di decisamente sbagliato in quello che stava vivendo.
Improvvisamente voleva solo andarsene da lì.
Aveva cercato di rientrare nel proprio corpo, tornare indietro, ma aveva scoperto con sgomento che non le era possibile: era in trappola.
Era stato a quel punto che una voce di donna, melodiosa e dolce più di qualunque altra avesse mai avuto modo di sentire, aveva iniziato a cantarle nell'orecchio.
Al principio si era limitata a chiamarla, strascicando di volta in volta le diverse vocali del suo nome, ma poi aveva cominciato a cantilenare:
"Fiachra ... vuoi venire a giocare?
Ci sono tante cose che ti vogliamo mostrare ...
Hai sempre voluto sapere perché il tuo papino,
abbia scempiato così della tua sorellina il corpicino.
Cosa ha la bambina fra le mani?
Un bel sasso pieno di sangue,
una conoscenza che mai langue?
Che la piccolina abbia perso il cervellino?
Che ne facciamo del suo piccolo bottino?
Fiachra ... vuoi venire a giocare?
C'è così tanto che ti vogliamo mostrare,
abbandonati alla Follia,
diventa mia ..."
Rabbia, dolore, disperazione, l'elfa sentiva mille e una sensazioni squarciare la sua mente da ogni parte, come se una bambina dispettosa si stesse divertendo a tirarle ciocche di capelli con la violenza di un animale.
Le immagini di quella notte le scorrevano senza sosta davanti agli occhi e lei avrebbe voluto solo farla finita, far sì che smettessero.
" Come puoi scappare da qualcosa che nella tua testa ti vuol stanare?"
La voce si faceva sempre più stridula sommandosi ad altre miliardi di tonalità che parlavano lingue a lei sconosciute di cose che nessun mortale avrebbe mai dovuto sapere.
Aveva sentito il peso soverchiante di quella conoscenza proibita, ma anche una follia talmente grande che avrebbe potuto inghiottire l'universo senza lasciarne traccia.
Il suo io aveva tremato di fronte alla consapevolezza che stava per essere ingoiata in quel caos, in procinto di perdere per sempre se stessa in quel marasma entropico di saperi smarriti.
" La tua follia lo sa già ..." aveva canticchiato felice la voce "... lo sa che sei mia!"
Fiachra però non era ancora vinta.
Al contrario di quello che poteva pensare la creatura informe che la stava cullando, l'elfa non si era ancora arresa.
La follia, quella forza dilagante che regnava in quella dimensione, alla quale la stavano invitando ad arrendersi, era già parte di lei da molto tempo.
Fiachra, folle, lo era sempre un po' stata.
Non appena quella consapevolezza aveva preso corpo dentro di lei, la pressione che le attanagliava la mente si era ridotta e lei ne aveva approfittato per attaccare. Aveva spinto la propria mente direttamente contro quella della creatura e l'aveva avvolta nel tentativo di dominarla.
Era sopravvissuta a cose ben peggiori della follia.
Aveva ucciso per restare al mondo, non avrebbe permesso mai a niente e a nessuno di rendere vana la colpa orribile di cui aveva dovuto macchiarsi per poterselo permettere.
Lei voleva vivere.
E questa volontà, ferma, ferrea, le aveva dato di colpo un potere inimmaginabile.
Aveva urlato, spandendo il proprio essere corrotto in tutta la dimensione circostante e allontanando tutte le creature che le si erano accalcate attorno, pronte a divorarla.
"No, no, miei cari..." aveva detto, imitando la voce di colei che l'aveva quasi uccisa, "... qui sono io che comando!"
La sua mente si era tesa un'ultima volta sibilando minacciosa come una frusta chiodata e un potere sconosciuto aveva preso a scorrerle nelle vene, più rapidamente di un veleno mortale.
Aveva afferrato tutta la conoscenza che poteva, assorbendola rapidamente, prima di serrare la propria mente come se fosse un pugno e tornare al proprio corpo intirizzito.
In quel momento ancora non lo sapeva, ma aveva fatto un viaggio dal quale solo pochi incantatori tornavano: il viaggio nel Reame Remoto.
Molte erano le menti che si smarrivano nella contemplazione della follia e perdevano se stessi nel tentativo di sopravvivervi e ancora meno erano quelle che avrebbero potuto vantare i doni che lei aveva rubato da quella dimensione.
Se ne sarebbe accorta col tempo, che le voci nella sua testa, quando andava in trance, diventavano talmente insistenti da risultare aggressive e che, in particolare, quella suadente voce femminile, cercava in tutti i modi di trascinarla indietro nel proprio mondo.
La cosa, però, invece di spaventarla, la divertiva immensamente.
Era edificante notare che, per quanto la creatura facesse la voce grossa per intimidirla o tentasse di sedurla con lusinghe ben studiate, alla fine era lei ad avere il controllo.
Era lei a decidere se e quando ascoltarla, quanto a fondo voleva spingere la propria coscienza nell'entropia folle di quella dimensione caotica e, soprattutto, cosa e in che misura apprendere ciò che vi si nascondeva, senza per questa conoscenza, perdere del tutto il senno.
La sua volontà e il desiderio di restare in vita erano più forti della sua sete di conoscenza.
Spesso si era chiesta cosa era stato a salvarla dalla resa liberatoria alla pazzia, ma non aveva mai trovato una risposta concreta. Sapeva solo che dentro di sé, sotto un marasma indescrivibile, pulsava piano una speranza, di cosa? Non lo sapeva, ma si sarebbe divertita un mondo a scoprirlo!
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Wrong side of Heaven - Fiachra's background
FantastikBuonsalve a tutti!^^ Questa è una parte del background della mia elfa maga, che sto giocando al momento in una campagna on line di dungeons and dragons. Narra un po' di lei, di come sia arrivata all'inizio della missione che dava il principio alla c...