Dopo i giorni di sole, cadde anche la pioggia.
Sulle guance di Jimin, invece, da quella bellissima giornata di primavera, non cascarono più lacrime.
Non pianse nemmeno quando la mamma lo sgridò, per l'ennesima volta in preda alla rabbia e il risentimento, quando il pizzicore del disinfettante gli pervase i sensi.
Niente poteva cancellare il suo sorriso: l'indomani avrebbe rivisto Yoongi, il suo nuovo eroe.Per una settimana frammentata i due bambini si incontrarono sempre nello stesso parco, alla stessa ora, con la stessa curiosità l'uno verso l'altro.
All'inizio, però, non fu così semplice trovare un punto di incontro, un contatto. Jimin parlava poco, un po' per il cerottone che gli impediva di muovere bene la bocca, un po' per abitudine.
Yoongi, invece, aveva addosso la paura di fargli del male in qualche modo, anche con le parole. Quindi si limitava a guardarlo, a studiarlo.
Perso nei suoi pensieri, abbandonava anche i muscoli del viso in un'espressione vuota, distesa. Non aveva spazio nella sua mente per i movimenti ora. Pensava solo a Jimin, a raccogliere informazioni su di lui.- Sei arrabbiato? Non vuoi giocare più con me? - chiese Jimin il secondo giorno che passavano insieme, quando per l'innumerevole volta parlava al vento che gli scompigliava i capelli corvini.
Yoongi non era arrabbiato con lui, era arrabbiato con se' stesso. Arrabbiato per come si fosse messo in una situazione che non poteva gestire liscia come aveva sempre fatto, impiegando meno energia possibile. Aveva sempre risolto ogni relazione al mondo esterno con indifferenza, risolvendo ogni problema semplicemente ignorandolo.
Jimin era l'unico che non riusciva a ignorare.- No. È che non mi piace questo gioco. - rispose l'altro bambino.
Jimin era arrivato a contare centosessantotto fili d'erba, ogni numero detto a voce alta. Non era un vero e proprio gioco: era solo un passatempo diventato automatico, tante erano le volte che veniva escluso, così automatico da farlo anche mentre Yoongi era accanto a lui.
Sobbalzò leggermente, come svegliato da un sogno, accorgendosi di cosa stava facendo.- Giochiamo a morra cinese? - propose Jimin, tentando di sorridere mentre si puliva le mani sulla maglia arancione chiaro, la sua innocenza rinforzata da questi colori pastello che sempre lui indossava. Lo sguardo di Yoongi era accartocciato, pensante, il naso costellato con piccole pieghe di pelle zuccherata.
Annuì avvicinandosi all'altro bambino, attento a non sfiorarlo, il braccio disteso pronto a giocare la prima partita.Sasso e carta. Carta e sasso, e ancora sasso e carta. Possibile che nessuno dei due riuscisse a cambiare?
Jimin era come la carta, stropicciabile al primo tocco, sottile e delicata.
Yoongi era come il sasso, immobile e indifferente a cosa succedesse intorno.
Anche in quel momento era indifferente, fino a quando Jimin raccolse la sua manina attorno a quella di Yoongi.- La carta avvolge il sasso, hai perso. - esclamò Jimin contento.
Quello che aveva perso Yoongi in quel momento era la testa. E come la carta, Jimin lo avvolgeva nei pensieri proprio come la sua piccola mano faceva.
Ritirò la mano di scatto, facendo barcollare l'altro bambino. Anche quest'ultimo fece lo stesso, reggendosela in grembo come se si fosse appena scottato, gli occhi dilatati nella sorpresa mista alla paura.- Gli altri mi picchiano, Yoongi.
Tu non mi non mi farai mai male, vero? - domandò Jimin, flebile come un uccellino che non riesce a volare.
Yoongi, però, aveva più paura di lui.
Muoveva gli occhi in cerca di ferite, di arrossamenti sulla pelle del piccolo, ma trovò solo il roseo delle sue morbide guance.
Era sollevato, ma nel suo profondo sapeva che un giorno qualcosa sarebbe cambiato.- No, Jimin. Non ti farò mai del male. - mentì Yoongi.
Era pronto a correre il rischio se significava avere ancora quella piccola mano soffice e dolce sulla propria.
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Teardrop ; Yoonmin
RomanceJimin piange, Yoongi asciuga le sue lacrime. E se Yoongi diventasse la ragione di esse?