L'inizio della fine

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1928, New York city

Un uomo barbuto e dai capelli brizzolati guarda la foto della sua defunta moglie, posizionata nell'enorme scrivania in mogano dai ricami in oro. Si possono sentire i pensieri vorticarli nella testa, i meccanismi contorti per risolvere il problema che affligge ormai da qualche anno la sua amatissima famiglia. Come al solito il monotono silenzio lo riporta indietro con gli anni, a quando era una ragazzino di sedici anni con tanta speranza e sogni in testa, convinto di potercela fare da solo senza l'aiuto di nessuno, quasi gli scappa una risata nel rivedersi indietro negli anni, quando si intrufolava nei bagni publici delle ragazzette, per vedere qualche dolce donzella urlarlo contro e magari essere colpito da una di quelle inutilissime spazzole (e quante ne aveva prese in faccia e anche in altri posti), rivede quel ragazzo che scommetteva sulle corse illegali dei cavalli, quel ragazzetto troppo solo per la sua età, ed infine rivede quel ragazzino prendere strade che lo condurranno in una strada fatta solo di giuramenti, omertà, sottomissione e silenzio.

"Don Ottavio i bastardi ci stanno attaccando"

Viene riportato immediatamente alla realtà dal suo braccio destro e confidente Shion (nome che soli in pochi sapevano) , meglio conosciuto con il nome di 'Mastino' o comunemente chiamato Don Ferdinando, improvvisamente però ciò che lo allarmò fu il pianto disperato di una bambina di appena due anni, di corsa prese la sua splendida Colt M1911, meglio conosciuta come una delle pistole più costose e precise che al momento ci fossero in commercio.

"Maledetti figli di Troia, sapevano che eravamo qui, qualcuno dei nostri ci avrà traditi rivelandogli tutti i nostri spostamenti"

"impossibile" rispose convinto il 'Mastino', nessuno avrebbe mai tradito uno degli uomini che fino a una paio di settimane fa era considerato il più ricco e potente di tutti gli Stati Uniti D'America.

"Baggianate, sappiamo entrambi che è cosi, ormai ci tengono per le palle"

A quel punto uno sparo più forte degli altri li fece zittire, improvvisamente entrambi ebbero dentro la conferma di ciò che ancora era difficile soltanto a pensare, nonostante ciò, nessuno dei due aveva timore di morire, del resto duranti i loro anni avevano vissuto da uomini d'onore, uomini che sapevano ciò a cui andavano incontro già molti anni fa, quando accettarono di entrare in un modo dal quale è quasi impossibile uscirsene. A quel punto qualsiasi uomo avrebbe preferito morire, scegliere da sè come e quando morire, ma loro essendo uomini d'onore e orgogliosi, dovevano dare un esempio agli altri giovani che la fuori stanno combattendo nel disperato tentativo di proteggere l'impossibile.

Don Ottavio iniziò a camminare, a testa alta -quello sempre, non avrebbe fatto la figura del vigliacco- e iniziò a caricare la sua pistola, reduce di tante vittore che lo avevano visto quasi sempre vincitore, Questa volta però quando la prese la pistola sembrò più lluccicante, più bella, quasi come se si preparasse alla sua ultima battaglia. Sicuramente quella, che molto probabilmente avrebbe decretato la fine di un uomo che ebbe creato il suo impero solo con la propria dedizione al lavoro e alla propria volontà di ferro.

Appena a un passo dal pomello della porta Don Ottavio, però voltò il capo leggermente verso l'uomo dai capelli quasi bianchi, quello che fino alla fine sarebbe per sempre stato il suo migliore amico.

"Prenditi cura di lei. Ti lascio ciò che mi è più caro al mondo"

Così, con un ultimo movimento della testa, si voltò definitivamente e chiuse la porta. Quel semplice gesto fece capire a Don Ferdinando che nonostante la morte, quello non era un addio, ma soltanto un arrivederci.

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