Alexander Zverev;
Quel corpo sanguinante abbandonato tra le sue braccia; era reale, era reale?
Le guance umide di lacrime morte – proprio come lei – e gli occhi chiusi per sempre, su quella terra.Le accarezzava i capelli dolcemente, con la mano tremante sporca e stanca; cercava di renderla bella, più bella di quanto già non fosse per prepararla alle porte del paradiso.
Si sforzava di sorridere, mentre le ripuliva il volto color porcellana; si sforzava di trattenere le lacrime e sorridere per lei.
Perché in fondo glielo aveva promesso, no? E per lei le promesse erano una cosa sacra.Ma come poteva reprimere la nostalgia che già aveva della sua risata dolce? Come poteva reprimere la voglia che aveva di baciarla fino allo sfinimento ed essere ricambiato con la stessa passione?
Lei lo sapeva che non aveva voluto farle del male, lo sapeva bene. Ma lui, lui riusciva a capirlo quello?
Probabilmente no; non era proprio lucido, in quel momento, con la pioggia acida dell'amore che gli corrodeva la pelle.Il labbro inferiore iniziò a tremargli, seguendo il ritmo di tutto il resto del suo corpo: stava piangendo, Alexander stava piangendo per lei.
Le lacrime che gli scivolavano dalle lunghe ciglia come fossero mattoni di cemento cadevano sulla pelle lattea di Aurora, mischiandosi con il sangue che la deturpava.-Io volevo proteggerti, - un singhiozzo infantile – lo sai che volevo proteggerti, vero? –
E per quanto sapesse che non gli sarebbe mai giunta una risposta – non in quella vita, almeno – continuava a piangerle sul grembo, con la voce spezzata dal dolore.
Sembrava un cervo, li, tra le sue braccia: la testa abbandonata indietro, i capelli castani sparsi sul pavimento e le labbra rosse socchiuse.
Alexander sentiva il mare sfrusciargli dentro alle orecchie ogni volta che poggiava la testa sul suo petto; ma in quel momento? In quel momento c'era soltanto il silenzio della morte.Le accarezzò delicatamente la guancia, come se avesse paura di svegliarla da quel sonno così profondo e crudele; ed intanto, lei lo guardava dall'alto.
Lo guardava e sorrideva al sacro uomo al suo fianco, annuendo freneticamente con le lacrime agli occhi.
-E' vero, - quasi rise, scostandosi una ciocca di capelli –lo ha fatto per proteggermi, è vero. –
-E allora perché piange? – la voce accanto a lei era così pura, così surreale da farle quasi male alle orecchie.
Scosse la testa, trattenendo un singhiozzo ed asciugandosi le lacrime.
-Io, - tirò su con il naso – io non lo so; non dovrebbe fare così. Se solo, se solo io potessi and... -
- Sai bene che non è possibile. – la ammonì, facendola quasi sussultare dallo spavento.
Ed intanto lui piangeva; piangeva e gridava contro il cielo, nonostante tutta quella rabbia fosse rivolta soltanto verso se stesso.
Nelle sue urla c'erano i tuoni di un temporale terribile e negli occhi verdi i nuvoloni neri che li accompagnavano; ma tutta quella brutalità si trovava soltanto all'esterno, perché il suo cuore non era altro che un pezzo di carta stropicciato e calpestato innumerevoli volte da quel cattivo bullo di nome rimorso.-Non piangere, amore mio – pianse la ragazza dal cielo, mentre lui continuava a stringerle forte il corpo – non volevi farmi del male. –
Ma lui piangeva; oh, se piangeva. Pianse tanto da ritrovarsi ad avere gli occhi completamente chiusi e le corde vocali incapaci di produrre un qualsiasi suono; pianse tanto da sperare di aver buttato via tutto il dolore, o di essere morto.
Lei non lo sapeva quanto fosse passato: potevano benissimo essere minuti come potevano essere giorni interi.
Fatto sta che lui non c'era più: il suo corpo non più tra le braccia muscolose di Sascha ed il sangue completamente scomparso.Solo la pistola, quella pistola che avrebbe dovuto liberarla, ma che forse l'aveva rinchiusa ancora di più nella gabbia della tristezza.
-Che cos'è quella, Aurora? – la voce accanto a lei era tornata limpida e chiara.
Che cos'era quella? Una pistola o soltanto un'ombra? Non ne era più così sicura.
- Un gran gesto d'amore. Il più grande di tutti. – annuì, cercando più che altro di convincere se stessa.
- O forse soltanto una qualcosa dietro cui nascondersi. –
Divenne tutto buio, attorno a lei.
Non appena i suoi occhi si abituarono all'assenza di luce, Aurora si accorse che la pistola era sparita. E guardando in basso si rese conto che lo era anche lei.- Lo sai perché piangeva, Aurora? -
Silenzio.
Si, certo che lo sapeva; ma sentirselo dire, era pronta a quello? No, no, non ancora e forse mai lo sarebbe stata.- Perché ti ha uccisa. -
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E' un inizio piuttosto breve, deprimente e si, anche molto cagoso. Srry :c
Comunque - nel caso non fosse chiaro - questo capitolo è ispirato alla canzone "Murder Song" di Aurora che, per quanto "deprimente", mi piace davvero tanto. Ed ovviamente il personaggio principale è Sascha (Alexander Zverev, se non lo conoscete).