Conseguenze

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"Yuuri, non leggere quei blog e gli articoli dei giornalisti e quei commenti. Spegni il computer e respira profondamente. Sarò a casa tra poco, non tenere conto di quello che dicono."

Lo rimproveró Viktor dal telefono, ansimando. Stava tornando a casa dopo una lunga giornata di allenamento e aveva praticamente minacciato Yuuri, costringendolo a rimanere nella loro casa. Il giapponese si era fatto male alla gamba a causa di un salto eseguito senza troppa precisione, quasi con arroganza di poterci riuscire senza badare ai commenti del suo adorato coach, ma fortunatamente non era nulla di grave, solo ghiaccio e un po' di riposo, anche se Viktor si era spaventato a morte e temeva per la salute e la carriera del suo allievo e compagno di vita.

"Lo so Vitya, lo so, ma sono così cattivi che... ti prego vieni a casa. Ho bisogno di te."

Lo implorò Yuuri stringendo la presa sul telefono e trattenendo una risata nervosa.
"Arrivo, amore." rispose con dolcezza e pacatezza Viktor.
Il russo era rimasto leggermente stupito dal tono di voce del suo compagno. Era più triste e pareva quasi stanco, o deluso.
L'uomo dai capelli platino scostò il suo ciuffo dagli occhi con un gesto quasi meccanico della mano e si diresse nella loro abitazione con passo più deciso e il viso leggermente arrossato dal freddo. Poco gli importava. Lui era solito passeggiare in giro a San Pietroburgo, in pieno inverno, con una felpa.

La casa cadde ancora nel silenzio e Yuuri posò il telefono sul tavolo, seguendo l'ordine di Viktor, alzandosi poi dal divano del salotto, posando sul tavolino il computer, e venendo accolto dal pelo morbido di Makkachin, il cane che gli stava leccando la mano. Il corvino abbracciò il cane e affondò le mani nel pelo bruno, leggermente grigiastro e riccioluto dell'animale.
Makkachin poi abbaiò verso la porta che si aprì e rivelò la figura slanciata di Viktor Nikiforov.
Yuuri sorrise al giovane uomo, il quale si tolse le scarpe ed entrò in casa, accolto dal loro cane ed un calore familiare.
Yuuri lo guardò negli occhi blu e profondi per poi abbassare lo sguardo sentendo le guance bruciare.
Le parole che prima gli aveva rivolto, al telefono, avevano spiazzato Viktor. Sentì il russo avvicinarsi a lui, ed egli lo abbracciò di colpo, facendolo sobbalzare.
Il giapponese rispose all'abbraccio di rimando e affondò la testa nell'incavo del collo del russo, assaporando il suo profumo e il freddo che emanava l'uomo. Cullato dalle braccia dell'amato e dal suo respiro.

"Yuuri, lo sai che non devi credere a quelle parole, sono idioti e non devi badare a quello che scrivono sui loro maledetti blog! Solo una massa di ignoranti, lo sai."

Ribatté il più grande, accarezzandogli la schiena.
Amava quel tocco, Yuuri. Lo faceva sentire amato e protetto. Quando era tra le sue braccia non provava alcuna ansia o tristezza, era semplicemente felice.
Quella magia si spezzó quando non sentí il tocco di Viktor. Egli lo allontanó da se e lo guardó negli occhi castani e dai tratti asiatici:

"Yuuri, parlami ti prego."

Il giapponese non rispose subito, rimase qualche minuto a fissare quegli occhi chiari e tentó di formulare una frase di senso compiuto ma all'inizio balbettò solamente e il russo lo guardò con sopracciglia leggermente aggrottate.
Poche volte lo aveva visto così serio in volto. Nemmeno durante gli allenamenti era così severo.

"Vitya, hai davvero ragione- inizió deglutendo a vuoto -ma non scrivono solo cattiverie su di me, ma anche sul tuo conto. Non lo sopporto, Viktor. NON LO SOPPORTO."

Alzò il tono della voce, facendo sobbalzare e abbaiare Makkachin.

"Ci dicono di tutto: che siamo la rovina della Russia e del Giappone, ci dicono che la nostra è una malattia e ci deridono. Siamo pure stati costretti ad andare via dalla Russia, Viktor! -continuó Yuuri alzando la voce con labbra tremanti-Loro non devono dirti nulla; sono io che ti ho allontanato dalle competizioni per essere il mio coach e sono io che ho comprato gli anelli... Le voci girano ed è tutta colpa mia, è colpa mia se ora siamo soggetti a critica pesante e gossip soffocanti. Mi dispiace, e ne porterò il peso."

Yuuri scoppió a piangere e si portó una mano alla bocca per calmare i singhiozzi. Si sentì pieno di vergogna e rimorso. Da quando si erano baciati davanti alle telecamere, nessuno parlava che di quel bacio dai molteplici significati.
Quando la prima volta Yuuri lesse un articolo riguardante il loro "amore segreto", fu colto da un attacco di panico. Gli anelli furono notati solo dopo diverso tempo. Invisibili e al tempo stesso lucenti. Oh, ai giornalisti non importava di quelle piccolezze. Fu duettando sulle note di: "Stammi vicino" che divenne tutto così chiaro agli occhi di quei giornalisti affamati di fresche notizie.
Dovevano affrontare le conseguenze del loro amore.

Makkachin emise un guaito sommesso e Victor sentí una scossa elettrica correre lungo la sua schiena. Accarezzò con poca fermezza la testolina del cane, che si era avvicinato a loro per ottenere qualche attenzione.

Yuuri non era come Viktor.
Se il russo non ascoltava mai gli altri e tantomeno le loro dicerie, il suo compagno era il contrario. E questo, Viktor, pareva fosse una grande debolezza di Yuuri.
Il giapponese si faceva troppo influenzare dagli altri e dalle critiche.
Sapeva che dare quel bacio a Yuuri era stata la loro condanna, ma non lo avrebbe mai considerato uno sbaglio, mai.
La Russia non era un paese in cui erano accettati gli omosessuali, o dove erano comunque tollerati, e ne avevano pagato il prezzo.
Trasferirsi temporaneamente in una tranquilla cittadina dell'America non era stato poi cosí male, in fondo. Un appartamento modesto ma accogliente per tre, una pista di pattinaggio non troppo lontana in un quartiere poco frequentato e i contatti frequenti con Yurio, Phichit e Chris per non sentirsi troppo soli.
L'uomo dai capelli chiarissimi scosse la testa e accarezzò il caldo e bagnato viso del suo compagno.

"Yuuri, le persone sono crudeli e bugiarde, ma non badare mai a loro. Sei troppo buono e gentile per piangere a causa loro. Sarò con te, amore. Se staremo insieme non farà poi così male, Моя любовь."

Yuuri tirò su con il naso e guardò il sorriso del suo amante.
Quelle parole erano le prime che Yuuri avesse mai imparato in russo.
Quel sorriso lo incantava sempre, come lo avesse visto per la prima volta nella sua vita, mozzafiato.
L'asiatico gli mostrò un debole sorriso, leggermente forzato e si gettò tra le sue forti braccia, ancora una volta. Così accoglienti e calde, ora.

"Andrà tutto bene allora, Vitya?"
"Si,- rispose l'altro- andrà tutto bene e nessuno potrà ostacolare la nostra vita, Yuuri. Le cose cambieranno, il nostro amore farà la storia, no?"

Il più grande strinse a se Yuuri.
Viktor sentí calde e silenziose lacrime cadergli sulle guance nivee e chiuse gli occhi cerulei. Non aveva avuto il coraggio di dirgli che anche lui era stato sopraffatto da ribrezzo nei confronti dei quei patetici giornalisti e non aveva avuto il coraggio di dire al suo compagno che ora molti dei loro ammiratori erano disgustati e delusi da loro, mentre le ammiratrici col cuore spezzato erano infuriate, non tutti lo erano, ovviamente. Ma questo, Yuuri, non doveva saperlo. Non ancora.
Quei commenti verso il suo Yuuri e lo stesso Viktor erano troppo pesanti e crudeli.
Amore era sofferenza.
Egli sorrise tra le calde lacrime, un sorriso mesto e falso, come provasse a convincere se stesso che andava tutto bene, che sarebbe tutto finito presto e i giornalisti sarebbero scomparsi del tutto dalla loro vita.
Sentí il suo compagno tirare ancora su col naso. Makkachin si ritirò nella sua cesta con passo lento e non emise un suono.
Erano stretti ancora in quell'abbraccio. Nessuno dei due osava staccarsi e osare vedere la debolezza dell'altro.
Yuuri non riuscì a fermare quelle lacrime silenziose ed emise qualche gemito, mormorando parole incomprensibili. Viktor tentó di sciogliere quel nodo alla gola che lo opprimeva e al contrario del marito, rimase in silenzio.
Il salotto del loro appartamento si era fatto stranamente più freddo. L'aria poco respirabile. Yuuri si schiarì la voce. Viktor rimase a fissare il muro davanti a se, inespressivo.
Quelle piccole crepe rovinavano il colore.

"Vitya?"
"Dimmi, Yuuri." rispose con la voce leggermente incrinata.
No, non poteva lasciarsi sopraffare dalla disperazione. Non era da Viktor.
Il moro continuó silenziosamente a versare lacrime:

"Se potessimo rinascere, vorrei davvero che fossimo una coppia n come tutte le altre: un uomo e una donna. Ti amo, ma sarebbe tutto più semplice. I miei genitori e amici ci supportano e rispettano ma Vitya... non basta, non basta. Vorrei davvero che nessuno possa odiarci così tanto."

"Certe volte lo vorrei anche io, Yuuri. Anche io."

Angolo autrice:
Allora, questa è la mia prima fan fiction scritta su Wattpad e spero tanto sia accettabile.
Spero vi piaccia e buona lettura~

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