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Plic, ploc.
Due iridi ambrate, quasi feline, scrutavano impassibili le gocce d'acqua che scorrevano sulle stalattiti nella grotta. Ne osservavano pazientemente il percorso, seguendole mentre scivolavano fra le venature calcaree e toccavano il suolo con un lieve ticchettio.
La donna si voltò su un fianco.
Quante gocce aveva visto cadere sinora? Tante, molte più di quante le sue mani potessero contarne. Era sicura che fosse trascorso almeno un tramonto da quando era entrata nella caverna.
Qualcosa sussultò contro il suo petto. Un vagito infantile risuonò nel silenzio dell'antro, e presto ne occupò ogni anfratto.
-Ti prego, non piangere.-, sussurrò al fagotto che reggeva fra le braccia, -Ti scongiuro...- la sua voce era rotta dalla disperazione, e faticava a sovrastare quella dell'infante. Iniziò allora a cantilenare una filastrocca sottovoce, stringendo a sé sua figlia e dondolandosi con la schiena avanti e indietro. La bimba parve acquietarsi, e prese a far scorrere le manine gonfie sul seno della donna, sfiorandolo con curiosità.
"Andiamo, andiamo tutti..."
La donna colse il suono di due voci estranee avvicinarsi al loro nascondiglio. Deglutì, ma non smise di cantare.
"Il sole sta sorgendo..."
Le palpebre della neonata cominciavano ad appesantirsi, i suoi movimenti perdevano vigore.
"Andiamo, affrettiamoci..."
Le voci erano ormai a pochi passi da lei. La donna strinse ancora di più a sé il corpo della figlia. Grosse lacrime cominciarono a bagnare la testolina bruna della piccola, ormai assopita.
"Perché il sole sta sorgendo."
La madre rimase in silenzio qualche attimo, piegata su se stessa. Attese che l'eco delle ultime note si spegnesse, poi alzò lo sguardo.
Due individui la sovrastavano in tutta la loro statura, il volto immerso nella penombra. Prima che potesse ritrarsi, il primo di questi, un uomo dalla corporatura robusta e dalla folta capigliatura corvina, le bloccò il capo con la mano destra. -Dove pensi di andare?-, ringhiò.
Le dita le stringevano dolorosamente le tempie, ma la donna resistette all'impulso di liberarsi e mantenne la presa sulla bambina. -Vi prego...-, mormorò fremente, rivolta all'uomo, -Abbiate pietà di noi...-
L'assalitore rimase immobile. Il suo respiro era lento e regolare, controllato, ed egualmente controllata era la sua espressione, con quegli occhi cremisi velati di un rancore primordiale che scrutavano empi il suo viso implorante, come se ne avessero visti a migliaia, prima del suo...
La madre percepì qualcosa di caldo e denso scivolarle sulle gote. Un odore acre le invase immediatamente le narici.
Sangue.
Una serie di immagini cominciarono a balenarle davanti agli occhi, in un susseguirsi vorticoso e confuso: lei che raccoglieva le mani del compagno fra le proprie, che prometteva di salvarsi... E correva, correva, fuggiva fra le urla disperate di uomini, donne e fanciulli costretti ad abbandonarsi alle spalle i propri cari... Ora era distesa al suolo, i suoi occhi incontravano quelli vacui di una ragazza con il capo fracassato...
-La mia bambina!-, urlò la madre, quasi inconsciamente. Il dolore alla testa diventava più intenso di attimo in attimo. -Risparmiate almeno mia figlia! Che colpe ha, lei?-
La sua voce si perse nell'eco senza ottenere risposta. Il secondo uomo, rimasto ostinatamente nella penombra fino a quel momento, si voltò dall'altra parte.
-No, no...- Le lacrime scorrevano incontrollabili sul suo viso. -No, no, no, no! Vi prego, vi pre...-
La donna non fu in grado di terminare la frase. Una lama metallica, scaturita dall'avambraccio dell'uomo con la capigliatura corvina, le attraversò la gola da parte a parte, impedendole il respiro. Rimase lì per qualche tempo, boccheggiando e sputando grumi di sangue. Poi, il capo le cadde riverso sul petto.
L'aggressore tirò a sé la lama quasi con disgusto. Il corpo inerte della donna scivolò scompostamente ai suoi piedi, spandendosi sul terreno.
-Kars.-, esordì la figura alle sue spalle, un uomo egualmente corpulento, con la pelle di un morbido colore bruno ricoperta di placche di cuoio. Alzò il capo lentamente, facendo dondolare i pesanti monili che portava ai lobi, e ammiccò con lo sguardo verso il terreno.
Qualcosa si muoveva fra le braccia della donna; presto, dal fagotto emersero le mani della neonata, protese verso l'alto, e il capo.
L'uomo dalla chioma corvina iniziò ad avanzare verso di lei, ma una mano gli afferrò saldamente l'avambraccio.
-Aspetta un attimo, Kars.-
-Non vorrai fermarmi di nuovo, vero, Acideecy? Mi sembra che di pietà ne abbia esercitata a sufficienza.-
L'uomo dalla pelle bruna si morse il labbro inferiore. -Vero.-, ammise, -Ma gli altri erano entrambi maschi. Questa è una bambina. Sai cosa significa?-
Kars gli rivolse un'occhiata gelida, e l'uomo abbassò istintivamente il capo. -La sopravvivenza della nostra specie non è fra le priorità del mio progetto, e tu lo sai bene.-
-Potrebbe volerci molto tempo per portarlo a termine.-
-Siamo longevi.-
-Ma non immortali! Ascoltami, salviamola: nel peggiore dei casi avremo una discepola in più dedita alla nostra causa.-
L'uomo dalla chioma corvina non rispose. Si avvicinò al punto in cui giaceva il corpo della madre e discostò i lembi del fagotto, liberando il corpicino della bimba. Quest'ultima si rivoltò su se stessa, agitando gli arti verso l'alto e osservando con curiosità il nuovo arrivato. Non mostrava alcun segno di paura, anzi, aveva perso ogni interesse per la madre e sembrava divertita da quel volto teso e impassibile del quale tentava invano di sfiorare i lineamenti.
-Dunque, Acideecy, desideri che viva?-, domandò grave Kars, raccogliendo la neonata. -E sia. Il coraggio non le manca, questo è certo.- Gettò un'occhiata alla bambina, sdraiata placidamente fra le sue braccia. Aveva raggiunto una ciocca di capelli ed era tutta intenta a masticarla con la bocca sdentata, senza curarsi troppo dei due uomini.
-Sarai Ayida, l'arcobaleno: un nome che rispecchia al meglio la tua futura missione.- L'uomo dalla chioma corvina si strofinò l'indice della mano libera sul petto, raccogliendo qualche goccia di sangue, poi tracciò tre segni verticali sul viso della neonata, uno sulla tempia e due sotto gli occhi. Era un rituale di battesimo al quale aveva assistito più volte: uno dei genitori doveva spalmare un unguento sacro sul capo dell'infante dopo aver pronunciato il suo futuro nome. Non disponeva di quell'olio, ma era esclusivamente la funzione simbolica a interessargli.
-Ayida...-, mormorò Kars, a opera conclusa, -Da questo momento in poi, sarò tuo tutore, maestro e padrone.-
La bambina cominciò a tastarsi i simboli con le mani e a breve il suo volto si imbrattò di sangue fino all'attaccatura dei capelli. Doveva sembrarle un gioco divertente, perché poco dopo tentava di coinvolgervi anche l'uomo, sporcandogli l'avambraccio di fluido ematico.
Kars la sollevò, tenendola per le ascelle, fino ad avere il suo volto di fronte al proprio.
-Il tuo nome è nato nel sangue, e perirà nel sangue. Vivrai per servirmi, o morirai facendolo.-

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 29, 2017 ⏰

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