La giornata era iniziatacome sempre: sveglia presto, cartoni durante la colazione, protesteper prepararsi e poi di corsa in macchina. Ad impreziosire la solitaroutine, però, da qualche mese era arrivato Jolly, un meticcio dipiccola taglia dal pelo marrone e bianco. Lui e Alessio avevanoinstaurato da subito un legame profondo diventando quasiinseparabili: erano grandi amici.
Quella mattina, comesempre, Jolly era rimasto in giardino. Aveva passato il tempo tra lacuccia e i suoi giochi, rosicchiando un osso di gomma o sonnecchiandoun po'. Ad un certo punto aveva sentito un rumore provenire da dietrola siepe e si era avvicinato. C'era qualcuno. Aveva abbaiato perscacciare chiunque ci fosse, ma il rumore continuava. Allora si eramesso a scavare arrivando presto dall'altra parte, poi si eralanciato all'inseguimento di una macchina e, poco dopo, era sparito.
Alle quattro e un quartoAlessio entrò in casa di corsa dirigendosi subito verso il giardinoma Jolly, che di solito si alzava sempre su due zampe appoggiandosial vetro e scodinzolando dalla felicità, non era lì ad aspettarlo.Aprì la porta e uscì fuori chiamandolo a gran voce. Gli sembravastrano non vederlo, ma era successo altre volte che Jolly fosseimpegnato e non li avesse sentiti rientrare. In giardino però nonc'era. Non era da nessuna parte. Alessio rientrò di corsa e chiamòJolly ripetutamente, urlò con un tono tra lo spavento e il pianto.
«Ale che c'è?» glichiese la mamma.
«Non trovo Jolly!»rispose il bambino, le lacrime gli pungevano gli occhi sottolineandola fragilità dei suoi cinque anni.
«Sarà fuori da qualcheparte» gli rispose. Uscì e lo chiamò anche lei. Niente. Rientrò e guardò suo figlio, che se ne stava impiantato nel
mezzo della cucina ancoracon il giaccone addosso e l'aria preoccupata.
«Fuori non c'è» disse.
«Come non c'è, cideve essere!» gridò allora Alessio, cominciando a
piangere. Sua madre siavvicinò per abbracciarlo ma lui si divincolò. «Ce l'hanno rubato,mamma, ce l'hanno preso!» e piangeva ancora più forte.
«Ma chi vuoi che siaentrato? Sarà scappato...»
«No! Jolly non scappa!»asserì Alessio, certo del fatto che il suo cane non sarebbe maiscappato da lui perché gli voleva bene. «Andiamo a cercarlo, mamma,ti prego andiamo a cercarlo» disse poi. I singhiozzi interrompevanole parole e le braccia erano stese lungo i fianchi, arrese, comenella supplica più pura di ogni bambino.
La madre lo videdistrutto e ferito, non l'aveva mai visto in quello stato nemmenoquando aveva rotto un gioco a cui teneva o perso, per punizione,alcuni episodi del suo cartone preferito. Si rimise la giacca, presele chiavi e la mano di suo figlio. Era bollente.
«Andiamo.»
Alessio salì svelto inmacchina e sua madre si mise a guidare senza nessuna meta precisa.All'inizio andarono nei posti dove di solito lo portavano a spasso,poi andarono al parco. Parlarono anche con alcuni vicini ma nessunolo aveva visto. Per fare prima non scendevano nemmeno di macchina,abbassavano i finestrini e chiamavano a gran voce, procedendo piano.La madre di Alessio cominciava ad essere davvero preoccupata, stavadiventando buio e il fatto che Jolly avesse al collo la medagliettanon la rincuorava molto, dato che non era abituato ad affrontare lestrade da solo. Non condivise i suoi timori con Alessio, che nelfrattempo non smetteva un attimo di scrutare fuori, ma stava giàpensando a quale foto usare per mettere l'annuncio di scomparsa.Alessio invece aveva già deciso di fare un bel disegno per portarloa scuola, non era lontana da casa e magari i compagni e lemaestre lo avevano visto. Aveva smesso di piangere ma non riusciva asmettere di tormentare le cuciture della sciarpa. Dentro di ségiurava che, se l'avessero trovato, non avrebbe più fatto storiequando Jolly voleva giocare e lui era stanco, giurava anche che gliavrebbe dato un paio di pezzettini di carne a cena e i biscottini permerenda. Giurava che lo avrebbe portato sempre fuori anche lui, conla mamma, perfino quando non ne aveva voglia o voleva vedere la tivù.Promise in silenzio, a chiunque lo stesse ascoltando, che non avrebbepiù protestato per il dentifricio alla fragola che non gli piaceva ose c'erano pezzettini verdi nella pasta al pomodoro. Promise cheavrebbe imparato a mettersi le scarpe da solo e che, se perdeva aqualche gioco, non avrebbe pianto sempre, ma solo qualche volta.Jolly era il suo migliore amico, gli aveva insegnato a dare la zampa,a rotolarsi e anche a riportare la palla. Quando andava a dormire dalsuo papà lo salutava con tante carezze ed un bacio, dicendogli chesarebbe tornato presto e, quando rientrava a casa, Jolly gli facevale feste. Gli piaceva giocare con lui e gli piaceva che dormissenella sua camera, sul tappeto, perché sapeva che, se c'era lui, imostri non sarebbero entrati. Fiducioso nelle sue preghiere ma vintodalla paura di non ritrovarlo, Alessio ricominciò a piangere.
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AMICI
Short StoryL'amicizia tra un bambino ed il suo cane, un legame indissolubile e la paura di averlo perso.