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Yoongi è da sempre fra i più bravi della classe, non può negarlo. Le sue lunghe dita hanno sempre fra di loro una penna, un foglio, qualche tipo di appunto; non riesce a stare fermo, a bloccare la sua sete di conoscenza.

Sarà l'ambizione, pensa spesso lui, ma in realtà la maggior parte del tempo si ritrova a studiare perché non ha altro da fare. Prende i libri, li annusa, lascia un po' di sé in essi e si chiude lì fra le pagine.

A Yoongi va bene così, non ha mai avuto realmente amici e mai ha sentito il bisogno di averne.




Tempo fa c'era un ragazzo, un certo Jimin, che sorrideva ad ogni frase che diceva e leggeva poesie. Yoongi pensava fosse uscito da una qualche specie di biglietto di auguri, quelli di cortesia, senza sentimenti precisi all'interno, tutta apparenza e niente contenuto.

Ma dopotutto Yoongi pensava, e pensa, questo di tutti.

Quando Jimin mesi dopo vinse un concorso di poesie, gli mandò proprio un biglietto di auguri. "Sincere congratulazioni", scrisse con la sua bella grafia corsiva, piccola e sottile. Forse sotto sotto quel ragazzo aveva davvero talento, forse era davvero fuoco e non solo fumo, forse quei sorrisi erano sinceri. Chissà.

A Yoongi in realtà non importa, vede tutte le persone come spiriti che vagano in cerca di qualcosa, qualcosa dalla vita, qualcosa che cada dal cielo, qualcosa che la maggior parte delle volte non arriva mai. Per questo lui non cerca niente.




"Non vuoi una ragazza? Un qualcuno?" gli chiede spesso Namjoon, compagno di stanza da ormai troppi anni, conoscente di troppi segreti, amante di troppe discipline. Namjoon studia arte, storia dell'arte, ed è l'unico nell'istituto a sperare i suoi anni di scuola non terminino mai: c'è qualcosa di magico, dice, nell'imparare nuove cose. "Il nostro cervello assimila così tante cose, ci pensi mai?" chiese una notte, Namjoon a Yoongi, senza ottenere alcuna risposta. Continuò comunque. "E penso sia anche questa un'arte. La nostra mente parte come una tela bianca, un niente, un vuoto- e tu puoi scegliere come riempirla, che colori usare, come dipingerti. Ecco cos'è l'arte, Yoongi."

Yoongi non rispose. Namjoon in effetti non si aspettava una risposta. Non se l'aspetta mai, ma continua a parlare. Yoongi a volte si chiede se le sue pile si scaricheranno mai. Se quella radio che ha al posto delle corde vocali smetterà mai di sputare informazioni. Namjoon dice di no, che continuerà a parlare finché potrà. "E' l'unico modo per far capire come mi sento", dice.


Yoongi non è d'accordo, dato che lui neanche con le parole riesce ad esprimere come si sente. E, in realtà, neanche ci prova. Non gli interessa, non gli interessa, non gli interessa.




Il ragazzo della stanza a fianco, Hoseok, abile studente di psicologia, gli rinfaccia sempre queste scelte. Hoseok, Jung Hoseok, vuole che tutto l'istituto lo chiami "J-Hope" perché vuole essere il tipo di psicologo che riesce a far stare subito meglio le persone. Così, con un sorriso.

Yoongi non ha mai avuto peli sulla lingua, ma non riesce a dire ad Hoseok che non è così facile rendere la gente felice. Potrebbe anche crederci, visto come tutti sorridono non appena passa, ma usa come primo esempio sé stesso: Yoongi, da troppi mesi vuoto, non è stato "magicamente colmato" dalla vista di Hoseok, quindi non sa come quel piano del rendere tutti felici possa funzionare. Ogni volta che lo vede si promette di dirglielo, ma si ritrova sempre a chinare la testa ed evitare semplicemente di parlargli.

opposite poles -- taegi;Where stories live. Discover now