La testa piena di calcoli...
Un culetto allegro invece, metteva in ordine i dischi appena arrivati e canticchiava qualcosa su un certo orso...
I figli gli avevano fatto il lavaggio del cervello!
Continuava a sbuffare da interi minuti ma non ne veniva a capo di quello stramaledetto conto che non si trovava con il resto del calcolo.
-Serve una mano amore?- gli comparve davanti un sorriso illuminato da una strana gioia.
-Si, prova a controllare anche tu, forse mi sfugge qualcosa-
-O forse hanno semplicemente omesso qualche fatturato- rispose ottimista, strappandogli letteralmente le carte da mano e continuando a sorridere.
Lo sapeva benissimo Damon, da cosa dipendeva quel largo e luminoso sorriso, che comprendeva anche due occhioni luminosi e accesi dalla smania di sapere.
Sono esattamente passati 10 anni da quel giorno in cui ci dichiarammo a vicenda.
Cosa abbiamo combinato in questi dieci anni?
Andiamo con ordine.
Prendemmo il maledetto diploma col massimo dei voti e partimmo per la Francia subito dopo, per studiare le lingue e farci una meritata vacanza.
Gli ho chiesto di sposarmi a parigi, sotto la tour Eiffel, la sera usciti da i corsi, in una passeggiata con i nostri compagni mi fermo, lo guardo, lo bacio, mi inginocchio e scopro l'anello che avevo preparato prima di partire.
La risposta è stato un gran "Si!" Riecheggiato per tutta Parigi, due braccia serrate al collo e tante lacrime accompagnate da fischi e applausi di gente fermata li a vedere la scena.
Tornati ci sposammo e subito dopo ci iscrivemmo alla facoltà di economia e commercio.
Al secondo anno decidemmo di coronare in fretta il sogno di avere dei pargoli tutti nostri, anche se fra lo studio, le cure della madre di Ron che sembrava stare sempre meglio, la riconciliazione dei miei, l'idea di aprire la mia attività e il desiderio di Ron di farsi conoscere come artista, pannolini da cambiare, complete attenzioni e notti insonni non ce ne potevamo permettere.
Aprimmo la mia attività per primo, aprimmo un fondo cassa per i nostri ipotetici figli, Ron iniziò a partecipare a delle mostre e a vendere, poi per il nostro anniversario decisi di valutare alcune carte.
Avevamo già parlato di adozioni e di come avremmo voluto gestire il tutto, non avevamo preferenze, sicuramente dei piccoli scriccioli per casa li avremmo voluti, ma adottare anche qualche bambino già grandicello era una bella cosa e faceva al caso nostro in quel periodo.
Aiden aveva 6 anni allora, era un bambino spento, timoroso e timido, era convinto che per la sua età nessuno più lo avrebbe voluto e ormai si rassegnava a passare la sua intera infanzia chiuso in quel posto triste, dove veniva deriso per i suoi capelli rossi e la sua pelle ricoperta di macchie, proprio come la sua dolce metà.
All'inizio aveva dedicato del tempo a lui e qualche altro suo amichetto all'interno dell'orfanotrofio stesso, lo aveva conosciuto quasi del tutto assente a se stesso, silenzioso, che si imbarazzava ad ogni minima attenzione e provava paura per chiunque posasse gli occhi sulla sua figura per più di tre secondi.
Poi era diventato più audace, iniziava a salutarlo, a chiedergli aiuto per dei compiti, a sorridergli dolcemente sospirando, pensando chissà a quali bei scenari fra lui e il suo papà.
Un giorno, mentre parlavano della passione di Damon per tutti quei "mostri" come li chiamava il piccoletto, dei cantanti rock e la sua nuova attività, lo sorprese.
-Prima o poi non verrai più vero?-
-Perché dici questo?-
-Beh, ti faranno sapere di qualche nuovo arrivo, lo adotterai e poi non ci vedremo più- sospirò e notò i suoi occhietti improvvisamente lucidi.
-Aiden, avvicinati- lo invitò verso di se.
Il bambino un po' scostante lo fece e non appena fu abbastanza vicino Damon lo prese per il polso e se lo portò al petto, stritolandolo in un abbraccio pieno di amore, scompigliandogli quei bellissimi capelli.
-Sai piccolo, ti ho raccontato che al momento la mia vita è tanto piena di cose belle, il mio fidanzato non sa che vengo qui ogni giorno per passare del tempo con te e non sa che voglio adottare il nostro primo figlio. Ti ho detto tante cose di me e tu altrettanto ti sei sfogato con me delle tante ingiustizie che subisci qui dentro, come ti senti delle volte e non posso consolarti dicendo che la vita è semplice, che puoi sopportare tutto e farcela, che prima o poi si sistemerà tutto. Ma ti voglio fare una domanda. Secondo te perché vengo ogni giorno qui per stare con te?-
Si staccarono quel tanto per potersi quardare, anche se Aiden preferiva di gran lunga le sue scarpette e lo vide scuotere la testa come a voler dire di non saperlo.
-E invece lo sai, solo che ti neghi questa possibilità perché hai paura di illuderti- sorrisi e gli alzai il mento, trovandolo inondato dai lacrimoni.
-No amore, non fare così, giuro che ti porto via da qui tra due esatti giorni, è tutto pronto, sei mio- disse e lo abbracciò nuovamente sentendo sul suo petto gli enormi singhiozzi di quel bambino che illuminò poi gli occhi di Ron.
Si somigliavano in modo molto profondo e in altrettanto modo si sentirono legati fin dal primo scambio di occhiate.
-Ma sei uno spettacolo- mormorò, ancora incredulo da "Amore, lui è il mio regalo per noi"
Aiden tornò a guardare a terra in completa soggezione, studiato da capo a piede e avendo paura di non piacere all'altro papà.
Lui però gli piaceva molto, gli somigliava ed era bellissimo.
-No tesoro, fatti vedere, guardami- lo richiamò.
Lo ascoltò e vide i suoi occhi illuminarsi del tutto, allargò le braccia e attese lui.
Era lui lo spettacolo? Voleva dire che era felice? Lo avrebbe accettato?
-Vieni qui piccolino mio, non avere paura, gia ti amo- sussurrò emozionato.
E Aiden si fiondò fra le sue braccia, possenti, calde, amorevoli.
La sua autostima era cresciuta anno dopo anno, aveva amato e ringraziato i suoi papà sempre, era stato esemplare, anche se talvolta le marachelle e le stupidagini da ragazzino comunque li facevano stare in pensiero.
Ma era stato stupendo anche quando poco tempo dopo di lui decisero di adottare la piccola luce dei loro occhi.
Kamalah, una bellissima bambina che col tempo si era rivelata quasi nivea, occhi azzurri, capelli biondo argento, pelle rosea e nome non fu più compatibile.
Nella lingua Hawaiana significava "Loto" e lei sembrava davvero un fiore così bello e delicato, ma in realtà forte, una donnina di tutto rispetto.
Poi erano arrivati Uta e Astrid, "Melodia e Stella" due gemelli dagli occhi penetranti e scuri, capelli neri come la pece e uniti con l'attak, non si staccavano mai l'uno dall'altro.
In fine ora avevano da poco adottato la piccola Malika Aranel, dal significato di "principessa regina".
Si erano dilettati a dare quegli strambi nomi perché pensavano di donare ai loro speciali figli, speciali nomi.
Dopo aver cresciuto la piccola Malika avevano sicuramente intenzione di adottare altri figli, ma grandi, dare una possibilità a ragazzi di orfanotrofio ormai prossimi alla maggiore età, di avere qualcuno da ritenere "famiglia".
In fondo, se lo potevano permettere.
-Amore, tua sorella- mi porge l'aggeggio infernale.
Negli ultimi anni avevo sviluppato una certa fobia per i telefoni, servivano solo ad interrompere le mie sessioni di sesso con Ron, ad avvisarmi di catastrofi su i miei figli, a gestire appunto i miei fratelli e i problemi di famiglia...
Insomma, potrei anche buttarlo no?
No, non si può.
-Sophie?- rispondo.
-Fratellone! Tutto bene?- trillò la voce di Sophie.
-Sputa il rospo, cosa ti serve?-
Ormai era cresciuta anche lei, aveva esattamente la stessa età di Aiden e i due andavano fin troppo d'accordo. La sua sorellina era cresciuta da vera diva, sempre coccolata e riempita di elogi, premi, complimenti ecc... Aveva un ego smisurato, proprio come quello del fratello e all'arrivo di Aiden aveva contribuito anche lei a riscuoterlo un po', lo aveva coccolato notti intere e non mancava mai qualche bella parola tutta per lui, senza mai dare l'impressione di dirlo per semplice gentilezza.
-Non posso sapere come sta il mio Dam?-
-Avanti spara- ridacchiò lui.
Intanto prese la mano del compagno e la baciò facendolo sorridere.
-Devi dire alla mamma che sto da te questo pomeriggio e che dormo da te, solo che non sto da te nel pomeriggio ma vengo realmente a dormire da te-
-Dove vai questo pomeriggio?-
-Segreto!-
-Soph!-
-Non mi permetterai di andare se te lo dico-
-Davvero? Allora è qualcosa di estremamente pericoloso-
-No scemo, devo prendere il treno per andare da un gruppo di amici con Zayra, ma lo sai com è la mamma "Il treno da sola a quest'età? Che poi puoi benissimo chiedere al nostro autista!"- sbotta schifata.
-Beh, ha ragione-
-Ma Mark ci mette una vita! Gli voglio un bene dell'anima per carità, ma ha bisogno di andare in pensione, perché non si regge lui, figuriamoci portare la macchina, con quella cilindrata poi. Il treno è più veloce-
Sospiro combattuto -Soph, anche volendo, ti ricordo che oggi sono impegnato...-
-Perché scu... o cazzo! Nooo e io adesso come faccio?-
Ridacchio sotto i baffi -Dille che dormi da Cyrus?-
-Sei un genio! Speriamo che quell'idiota voglia compagnia, altrimenti sono nei pasticci!-
-Soph, telefono a portata di zampa! Chiamami se hai bisogno, se ti perdi, se fai tardi. Mandami un messaggio quando arrivi...-
-Quando mi capita di farlo e quando prendo il treno al ritorno. Sii papà, te lo giuro!- scherza.
-Sarà meglio per te, altrimenti mi senti ragazzina impertinente!-
-Ti amo-
-Anche io mostriciattolo- chiudo la chiamata e sospiro -È mia sorella e mi preoccupo così, figuriamoci se dovesse farlo Aiden... a meno che non l'abbia fatto e non ci ha informati- deglutisco.
-Ne dubito amore, avrebbe avuto il rimorso della bugia e sai come si comporta quando sta così, non sa mentire-
-Per fortuna-
Si sente un altro telefono squillare, ma stavolta è di Ron.
-Secondo te ci lasceranno mai in pace, almeno oggi?- sorride dolce.
-Oh si Amore, altrimenti faccio una strage- rido lasciandogli la mano.
-Ma buongiorno, bella la vita da nulla facente eh?-
-Non fare la kekka offesa, se solo lo volessi potresti fare anche tu questa vita, sei quasi un milionario!-
-No grazie, amo la mia vita super piena. Più tosto, stai bene?-
Un attimo di silenzio fu abbastanza.
-Aslan...-
-Ci ho pensato okay? Ho 30 anni, se non decido ora non lo farò più, però te l'ho detto, questo periodo fa schifo fra noi due e ho quasi paura di peggiorare la situazione-
-Come potrebbe mai un figlio peggiorare una situazione critica di una coppia invece di aggiustarla!?-
-Non lo so, ho paura Ron-
-Di cosa scemo? State insieme da una vita e vi siete sposati 11 anni fa, non penso che dopo tanto si sia reso conto della grande cazzata che ha fatto e ti voglia mollare!- rispondo ridendo. Non dovrei, sta male, ma devo cercare di sdrammatizzare questa sua paura.
-Ho davvero paura- sospira e lo sento tremare, immagino la sua mano scivolare istintivamente fra i capelli esasperato da tutti quei tormenti.
-Aslan, fallo, sono sicuro che si sistemerà tutto, ti prego, non finire per essere tu la causa di tutti questi mali-
-Non ti prometto nulla-
-Aslan...!- lo rimprovero.
-Ti tengo aggiornato okay? Tu fammi sapere com è andato il tuo giorno speciale-
-Va bene, ma tu sai che io posso sempre chiedere a Damon di parlargli vero?-
-Lo so fratellino, ti voglio bene, ma questa situazione dobbiamo gestirla noi. Ci sentiamo-
-Ciao- chiudo la chiamata e guardo Damon con una faccia da cucciolo stampata in faccia.
-Possibile siano così stupidi? Non possono lasciarsi dopo così tanto tempo!- borbotto dispiaciuto.
Negli ultimi tempi Cyrus aveva fatto le valige e lasciato da solo Aslan, litigavano spesso e non riuscivano a trovare un punto d'incontro sul loro futuro. Cyrus si sentiva ormai abbastanza vecchio per non tener presente una vita stabile, dei bambini e suo marito a casa invece che in giro per il mondo ogni qual volta avessero bisogno di lui. Aslan invece sembrava non pensare ad una famiglia, gli andava bene la vita che faceva e non voleva stravolgerla con carichi "pesanti" come i figli.
La verità è che la paura fotte, e Aslan aveva troppa paura di affrontare qualcosa che avrebbe dovuto plasmare lui, amare incondizionatamente e rinunciate alla sua persona per poterlo tirare su.
Cosa assolutamente assurda, perché essere genitore non significa cambiare, qualche sacrificio c'è sempre, ma non bisogna certo annullare la propria vita per i figli. Poi se si ha tanta fortuna i tuoi figli prendono le tue passioni e potete sognare insieme!
-Sta tranquillo, risolveranno, Cyrus ha fatto bene a lasciarlo solo, deve capire che è pronto e che insieme al compagno può farcela, perché se non crede in loro come coppia, il matrimonio è fondato sul nulla!-
Il rosso sospira frustrato e lo guarda -Noi siamo fortunati-
-Io sono fortunato, pensa se ti scocciassi di me, facessi le valige e mi lasciassi... sarei un uomo morto!-
Scoppia a ridere e un attimo dopo mi bacia.
-Tra poco dobbiamo andare a prendere le bestie- continua a ridere.
-Tranquillo, non tocca a noi oggi- sussurro reclamando un altro bacio.
-Davvero?-
-Ci pensa mia madre-
-Sei sicuro? Insomma, magari non ce la fa, ormai son diventati grandi e un bel po' chiassosi...-
-Amore- lo blocco prendendogli le mani e girandolo verso di me -Tranquillo-
Sospira abbattuto -È che non ci so stare senza i miei piccoli-
-Lo so, solo per oggi, non vuoi passare un po' di tempo col tuo rompiscatole preferito da esattamente 10 anni?-
-Ne sono passati così tanti?- sorride abbracciandomi.
-Gia- lo bacio sulla testa, fra i capelli, inebriandomi del suo profumo.
-Allora andiamo a casa, sarà super silenziosa oggi-
-Ti sbagli- sorrido malizioso e lui rotea gli occhi al cielo -Ti farò passare la notte più bella di sempre, gattino-
-C-come... mi hai chiamato?- mi guarda sorpreso.
Ormai era diventato un vezzeggiativo raro e melenso, lo usavamo solo in momenti molto speciali, tipo quando dovevo dirgli "Ehi, ho adottato un figlio" o "Ehi gattino, ce ne andiamo tre mesi alle isole Maurice!"
-Mi devo preoccupare?- sospira incrociando le braccia.
-No amore, perché mai-
-Sappi che non partirò per nessun posto meraviglioso del mondo- iniziò.
-Acqua-
-Non voglio altri figli al momento-
-Acqua-
-Non compreremo una villa più grande-
-Acqua-
-Un elicottero?-
-Acqua-
-Una cena?-
-Acqua-
-Una scopata?-
-Sicuramente, era sottointeso!-
-Non è qualcosa di prevedibile?- disse stupito.
-Non è materiale-
-Oh...-
-Ma per chi mi hai preso?- scherzo.
-Per un pallone gonfiato che spende troppi soldi!-
-Però tu non rifiuti-
-Perché dovrei farlo se ne traggo piacere?- ammicca malizioso.
-Ti stai descrivendo come una sporcacciona senza ritegno- ridacchio impertinente.
-Mi stai dando della puttana?- fa finta di sentirsi risentito e allibito.
-Una delle migliori- sorrido vittorioso.
-Beh, per stasera si cambia, ce ne sono tante in agenzia migliori di me!- fa per staccarsi, ma lo prendo e lo stringo fra le mie braccia baciandolo ovunque.
-Dam- ansima -Siamo ancora in negozio ti ricordo-
-E allora?-
-Cristo!-
-Ti faccio così tanto effetto?- lo stuzzico.
-Oh mio caro, scherza scherza, quando poi davvero non ci riuscirai più, dovrai preoccupartene sul serio, poi vedremo chi ride- minaccia.
-Non fare il permaloso- continuo.
-Io? E perché mai? Non avrò mai problemi di questo genere- sorride vittorioso.
-Che presuntuoso-
-Adesso però basta, si chiude questo cazzo di negozio e si va a casa a scopare!- sentenzia.
Si, con gli anni gli si è decisamente sciolta la lingua, a letto mi fa venire dicendo porcate assurde, il mio piccolo Ron non si riconosce più.
Era una piccola tigre che si divertiva a giocare a nascondino, adesso quando vuole sa fare anche il leone.
Si, se lo state pensando, a volte abbiamo scambiato anche i ruoli e non mi dispiace affatto quando accade, lui è magnifico.
-Andiamo?- lo chiama Ron.
-Certo-
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Little Choice
RomanceSequel di "A Simple Choice" One shot che racconta che fine hanno fatto i Dramon.