Sentivo il rumore della pioggia battere contro la finestra della mia camera.
Avevo sempre amato la pioggia, sopratutto in quelle domeniche autunnali, dove potevo bearmi del suo rumore sotto il tepore delle mie coperte.
Dove protetta delle mure della mia casa potevo passare l'intera giornata davanti alla TV o con la compagnia di buon libro, completamente sola senza nulla a cui pensare.
Ma oggi è diverso da tutte le altre domeniche, è la quarta volta che mi rigiro sul letto senza trovare la posizione giusta con mille pensieri nella testa che non mi permettono di godermi questo momento solo per me.
Mi ero decisa di lasciar perdere la ricerca della mia posizione giusta quando sento la porta del soggiorno aprirsi di scatto e dei passi avvicinarsi lentamente.
Mi alzo di scatto in cerca di qualcosa con cui difendermi che puntualmente non trovo, perciò mi accontento del nuovo libro di Ken Follet, che giaceva nel mio comodino da neanche una settimana, ma perché sempre a me devono succedere queste cose quando sono a casa completamente da sola?
"va beh, no Jane ti devi calmare non puoi affrontare un killer omicida in queste condizioni, devo avere calma e sangue freddo...appena entra devi prenderlo di sorpresa e dargli una botta in testa..." continuavo a ripeterlo nella mia mente ma non faceva nessun effetto.
"Ma se poi non gli faccio nulla? Sono già spacciata, mio dio devo chiamare la polizia o mia madre" troppo tardi, l'ospite indesiderato è quasi arrivato alla mia porta.
Cerco di ripassare tutte le mosse di difesa che ci avevano insegnato a scuola, ma puntualmente non mi viene in mente un bel niente, tanto succede sempre così, mi ritornano in mente le cose quando non mi servono più.
La porta si spalanca e una figura maschile si fa strada nella mia stanza, il mio cuore perde un battito e per la sorpresa mi cade il libro dalle mani schiantandosi sul pavimento, ma sono troppo concentrata a sembrare una statua per potermene accorgere, a quanto pare non si può dire la stessa cosa di lui, infatti appena il rumore arriva alle mie orecchie, il ragazzo si gira di scatto e i nostri occhi si incrociano.
Non riesco a dire nulla la mia lingua si è come immobilizzata, e sento le mie guancia che si riscaldano diventando rosse.
«T-tu c-che ci-ci fai qu-qui?» dissi balbettando ancora immobilizzata dalla paura. Come risposta mi strinse in un abbraccio facendomi sbattere l'orecchio contro il suo petto, il suo cuore batteva così forte che potevo percepire il rumore da sopra la sua maglietta. «Mi sei mancata, Jane» sussurrò facendomi venire la pelle d'oca, oh mio dio quanto mi era mancata quella voce roca anzi mi è mancato tutto di lui, improvvisamente mi ritorna in mente il dolore che avevo provato 2 mesi fa, quando ero andata al aeroporto per salutarlo e mi ero letteralmente messa a piangere tra le sue braccia.
«Anche tu, Alec» sorrisi abbracciandolo più forte possibile e cercando di memorizzare ogni curva del suo fisico tonico e il suo odore, era indescrivibile e unico, non avevo mai sentito un profumo simile e l'ho sempre considerato casa mia.Non passò neanche un'ora che mi ritrovai stesa sul suo petto a fissare le sua dita lunghe e affusolate che si muovevano sotto i suoi respiri profondi che gli facevano vibrare il petto.
«Quanto ti sono mancato?» disse con una nota di malizia suscitando il mio interesse, mi alzai sui gomiti ed incrociai il suo sguardo divertito.
«Moltissimo» sussurrai seria. Il suo sguardo si addolcì ancora di più e i suoi occhi si posarono sulle mie labbra «Tanto, quanto?» mi stava provocando?
Lo guardai confusa senza capire dove voleva arrivare «Sei il mio miglior amico...e la mia vita senza di te è così noiosa» era proprio vero, in questi mesi senza di lui mi sono sentita come se non avessi più la mia vita, tutto era così monotono e noioso...non c'era nulla da dire, io non esistevo senza il mio miglior amico.
La sua espressione da gioiosa e rilassata si tramutò indurendosi senza una vera e propria ragione, «Io devo andare» sussurrò a denti stretti, alzandosi di scatto lasciandomi ricadere sul caldo materasso che senza di lui sembrava così vuoto e triste da suscitarmi una nota di solitudine.
«Alec, che hai?» sussurrai cercando di non piangere
«Nulla» urlò abbassando lo sguardo verso il basso evitando di guardarmi.«Credo...che dovresti venire di sotto appena puoi, mia sorella vorrebbe stare un po' con te...grazie per essergli stata vicino in questi mesi...sapevo di poter contare su di te, vera amica» sussurro queste ultime parole come se non gli suscitassero nessun tipo di sentimento, Alec non si era mai comportato così con me nemmeno quando gli avevo fatto un torto, che fine aveva fatto il mio miglior amico?
Probabilmente non era lui il problema ma ero io, che avrò mai fatto di male per farlo infuriare così? Non riesco propio a capire il perché si comportasse così? Forse è successo qualcosa in viaggio? Oppure non mi vuole più come amica? Mi odia?
«Okay» sussurrai con un filo di voce.
Lui si girò e fece per andarsene e in quel momento il mio cuore si ruppe in mille pezzi, perché si comportava così? In questa vacanza studi avrà conosciuto sicuramente mille ragazze e avrà capito che può aspirare a molto di più che una amica grassa, strana, incoerente e testarda.
Probabilmente starei lontana da me stessa se potessi.
----------
Hey ragazzi!!!
Che ne pensate di questo capitolo?
Domani posterò un altro capitolo alle 14:15
STAI LEGGENDO
She brings the rain
Teen FictionJane ha 16 anni. È una ragazza timida e introversa e come tutte le altre ragazze della sua età soffre di gravi problemi di autostima non agevolati dal suo passato e dalla sua situazione familiare scadente, passa le sue giornate davanti ai libri di s...