Lui

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Ero ferma a ripetere quelle parole da quando le aveva pronunciate
"Gli ho chiesto chi gli piacesse e non ha risposto te, quindi sei salva".
La professoressa continuava a spiegare un'inutile informazione sull'economia dell'australia che non sarebbe interessata a nessuno, davanti a me avevo Laura, assistente al sostegno che era diventata mia "amica" dopo avermi chiesto il numero, e che a me pareva palesemente lesbica anche se fidanzata.
Ma chi era lei per permettersi di fare una cosa del genere?
Avevo un cuore anche io, sebbene fossi una delle poche persone che a sedici anni non si soffermano sull'avere un ragazzo o sul sesso e fino ad allora fosse scappato un solo bacio con un ragazzo in discoteca di cui appena sapevo il nome.
Ero rimasta immobile, a valutare e a concretizzare quello che mi aveva appena detto.

Lo avevo visto per la prima volta all'uscita da scuola, mentre aspettava il suo pullman. Mi aveva da subito attratto il fatto che fosse esteticamente diverso dagli altri, che non seguisse la massa, e per la mia fama da fervente anticonformista era l'ideale.
Indossava sempre pantaloni della tuta, una maglia e le immancabili globe, come se ogni mattina si svegliasse ed uscisse di casa tranquillamente. Le mie amiche lo chiamavano "il solito abbigliamento da drogato" ma io lo trovavo carino nella sua particolarità. Si notava un lieve accenno di pancetta ed era ciò che più mi piaceva di lui. Ho sempre abitato in un paese di provincia in cui l'aspetto estetico e l'essere accettati dagli altri seguendo i pochi caproni che pensavano di dettare regole fondamentali era tutto e il vedere i pochi ragazzi che pur non facendolo riuscivano a non farsi chiamare sfigati mi rallegrava sempre. Sembrava anche gentile.
Ogni mattina era fermo davanti alla stazione a fumare sicuramente non la prima sigaretta del giorno e neanche l'ultima, così tranquillo e attraente mentre parlava con i suoi amici.
I suoi capelli erano scuri, come i suoi occhi d'altronde, ed aveva un neo sotto l'angolo destro della bocca. Il naso era la parte che più mi faceva ridere:quando si alterava le sue narici raggiungevano ampiezze che non credevo neanche fosse possibile raggiungere.
Così mi feci coraggio, perchè quando mi metto qualcosa in testa alla fine lo faccio sempre.
Avevo chiesto ad una mia amica di uscire quel giorno. Era fine maggio, quando il clima si prepara per l'estate imminente.
Io avevo scritto il messaggio e lei lo aveva inviato. Semplice.
Un par di palle proprio, stetti con l'ansia tutto il giorno.
"Chissà cos'avrà pensato, chissà se lo dirà ai suoi amici" erano le uniche parole che ripetevo nella mente.
Poi arrivò la notifica, mi aveva risposto e così iniziammo a messaggiare. Dopo un mese gli diedi il mio numero di cellulare e mi contattò di whatsapp.
Eppure ero sempre io e cercarlo, non mi chiede neanche una volta di uscire con lui o di vederci.
Io, che avevo sempre cercato di non farmi condizionare da nessuno, mi sentivo una grandissima merda, non devi altro che pensare alle mie cosce troppo grosse, al mio naso a patata, al mio seno e al mio fondoschiena piccoli, ai miei capelli crespi e rovinati dalle piastre, ai brufoli che coprivano gran parte del mio volto e delle mie braccia, alla mia pancia, alla mia bocca troppo piccola. Iniziai ad avere complessi anche sui miei occhi, l'unica parte che adoravo e ancora adoro di me.
Imboccai di nuovo la via di un mio vizio, che da un po' mi accompagnava, ricominciando a vomitare dopo qualsiasi pasto.
Poi mi ero detta che quel ragazzo mi stava solamente rovinando, pur non sapendolo e ricominciavo la mia vita spensierata di normale adolescente.
Era un continuo vortice, il mese dopo ricominciavo a vomitare e poi a pentirmene e così via.
La cosa che più mi aveva dato fastidio era il fatto che non mi mandasse espliciti segnali nè di amore nè di odio. Mi sentivo come una puttanella da quattro soldi che era disposta a tutto per un misero bastardo.
Mi straziavano quei suoi continui sguardi, mi cercava ovunque e io lo sapevo, me ne accorgevo. La mattina, al ritorno da scuola, negli intervalli, nei giorni in cui ero assente mentre aspettava davanti la porta della mia classe sbirciando, quando questa passava tutta riunita lui osservava come a cercare qualcuno, al sabato sera con la amiche, in discoteca mentre mi scatenano in una musica che neanche mi piaceva. Questo odiavo di lui.
E mi provocava una tale ansia e agitazione che i pacchetti di chesterfield di triplicarono, arrivai a fumarne 8 al giorno, che per me, erano troppe.
Eppure questa situazione era comoda, se avessi mai saputo o capito che non gli interessa la mia vita era finita, mi ero abituata all'ansia e alle continue occhiate, mi ero abituata alle mie amiche che mi dicevano di lasciarlo perdere perchè mi avrebbe solo usata.
E lo avevo fatto perchè mi piaceva, e non poco. Mi piaceva lui, il suo comportamento, la sua emoji senza senso che mi inviava, la sensazione di conoscere qualcuno che fosse realmente se stesso.
Ora questa sconosciuta, che non sapeva niente di me, si era impicciata e mi aveva lasciata lì, sulla sedia spiazzata.
Non solo mi aveva infastidito che lei si interessasse della mia vita sentimentale per poi stravolgerla, mi aveva anche infastidito, o comunque ero rimasta delusa, che la risposta fosse stata quella.
Gli piaceva una della 1B, la solita ragazza che tutti guardano quando passa, scollatura profonda e maglia sempre corta, incredibilmente dotata pure avendo 13 anni, i capelli sempre a coprire il volto e lo sguardo serio. Veniva del suo stesso paese e probabilmente faceva uso degli stessi stupefacenti che lui vendeva agli amici.
Anche se per tutti quei mesi continuavo a ripetermi che era impossibile fosse interessato a me, sentiremo dire era una sensazione terribile. Non me lo aspettavo sicuramente. E ora non sapevo cosa dire, come comportarmi.

"Signorina Grosso, potrebbe ascoltare la lezione e smettere di concentrarsi sui suoi problemi da adolescente?"

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 21, 2017 ⏰

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