CAPITOLO 1

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Theo si risvegliò tremando di paura e sudando freddo: era successo di nuovo.
Era ormai la 4° volta che capitava, riempiva i suoi sogni tutte le notti.

L'aveva rivista, con le vesti logore e i capelli incrostati dal suo stesso sangue.

Gli pareva di sentire ancora quelle urla agghiaccianti perforargli la testa e bruciargli i timpani.

La cosa più spaventosa rimaneva però il suo sguardo: pieno di dolore e... una folle gioia nei suoi occhi venati di sangue e contornati da occhiaie e terra.

Theodor Norman decise di alzarsi dal letto, ormai erano le 5 del mattino e il sonno era completamente sparito, grazie alle immagini ancora vivide nella sua mente.

Si diede una rinfrescata veloce, l'acqua spesso lo calmava. Anche se, come ogni volta dopo quei sogni, non ci riusciva completamente.

Si rimise la vestaglia bordeaux, le ciabatte grigie e scese nella grande cucina, troppo grande per un contabile aziendale trentenne.
Come al solito si fece una tazza di caffè per affrontare al meglio la giornata. Gli ultimi 3 giorni, però, furono lo stesso un incubo, di certo non peggiore di quelli notturni.

Finì velocemente di prepararsi, per poi recarsi alla fermata dell'autobus che prendeva per recarsi in Water Road al civico 394, l'ubicazione dell'azienda in cui lavorava.

Come ogni dannata volta, al suo arrivo lo accolse la fastidiosa voce metallica che diceva:《Benvenuti alla Fire's Corporation. Prego, strisciare la chiave magnetica nell'apposita macchinetta》. Una frase molto banale, capibile da tutti, ma Theo negli ultimi giorni la trovava fastidiosissima. Quella voce metallica ma squillante, che ripeteva sempre la stessa frase, gli dava in testa, con un rumore simile aĺo stridio dei freni del treno sui binari.
La sua -a parer suo- noiosa routine continuava con l'avanzata lenta, accompagnava da strascichio di piedi, verso la scrivania di Tiffany, la segretaria che accoglieva "amorevolmente" tutte le persone con un:《Buongiorno, lei è?... si rechi all'ufficio ... piano...》, molto simile ad un grugnito degno di un cavernicolo. Tiffany era la banale donna sui 60 anni con i capelli grigi raccolti in uno chignon ordinatissimo, gli occhiali fini sulla punta del naso ed i golf di lana scuri mai chiusi, che facevano intravedere la maglia elegante.
E come al solito, Theo precedette Tiffany dicendo:《Theodor Norman》. Lei, scorbutica come sempre, rispose:《Ufficio 57, piano 6》.
Eravamo tutti costretti a passare da Tiffany, anche se avevamo già un ufficio. Il motivo? A volte capitava -anche se molto raramente- che un qualche superiore o collega lasciasse, poco prima della fine della giornata, dei documenti da farti completare o firmare appena arrivato il giorno dopo, quindi avvisava Tiffany che, appena arrivavi, ti avvisava che dovevi girare per tutto l'edificio solo per mettere il tuo nome su un foglio di carta.

La giornata procedette abbastanza tranquillamente, se non gosse per quel senso di inquietudine che ormai lo accompagnava ormai dall'inizio dei sogni.
Appena tornò a casa non vide l'ora di mangiarsi qualcosa, ma purtroppo dovette fare prima una doccia, dato che un passante per sbaglio gli aveva lanciato addosso mezza tazza di caffè del bar accanto.
Era talmente stanco che, dopo cena, andò subito a dormire, pregando per far si che quei sogni scomparissero.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 17, 2017 ⏰

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