Tre mesi. Erano passati già tre mesi da quella telefonata. Lei e Sherlock non si parlavano da allora,o meglio, era lei a non rivolgergli più la parola. Da quel giorno le cose erano cambiate drasticamente, il consulente investigativo si presentava nel suo laboratorio sempre più di rado e quelle poche volte che lo faceva si limitava a salutarla, fare quello per cui era venuto e andarsene. Lei non lo degnava nemmeno di uno sguardo. Conosceva la verità, John le aveva raccontato tutto quanto, di Eurus, della bara e del finto pericolo, ma non le importava, l'unica cosa rilevante era che lui l'aveva ferita e nonostante l'avesse fatto per salvarle la vita avrebbe preferito morire piuttosto che subire una tale umiliazione. Gli aveva confessato i suoi sentimenti e lui le aveva fatto del male, di nuovo e nel peggiore dei modi.
Quella mattina Molly si svegliò presto, si fece una doccia veloce e guardandosi allo specchio decise di non truccarsi. Non era mai stata un' amante del make-up, ma da quando aveva incontrato Sherlock per la prima volta aveva preso coscienza di essere una donna. Si svegliava presto ogni mattina, aveva imparato a mettersi sia l'eye-liner che il rossetto, copriva le occhiaie e tal volta si metteva anche l'ombretto, quando non era troppo in ritardo ovviamente. Il suo unico obiettivo era essere bella e lo faceva solo per lui.
Ora che le cose erano cambiate era inutile perdere tempo per una cosa tanto banale, quasi si pentiva di averlo fatto per tutti quegli anni visto che l'unica cosa che ci aveva guadagnato erano le offese di quel maledetto sociopatico iperattivo. Era stanca, aveva passato un'altra notte insonne, tra incubi e pianti. Sognava Sherlock mentre si lanciava dal tetto di quell'edificio senza nessuno ad aiutarlo, sognava il suo funerale, uno vero questa volta e si svegliava piangendo, pensando a quanto sarebbe stato brutto perderlo davvero. Il ricordo della telefonata come ogni notte si palesò subito dopo e le lacrime che prima erano di tristezza si trasformavano in un pianto d'odio. Negli ultimi tre mesi le notti passate a dormire erano talmente poche che le dita delle mani bastavano per contarle.
Si lavò i denti con calma cercando di non pensarci, si acconciò i capelli in una coda di cavallo, andò in cucina e diede da mangiare al suo gatto. Dio, quanto si pentiva di averlo chiamato Sherlock, ma almeno lui le dimostrava affetto, ogni tanto.
Al 221b la situazione era noiosa, come ogni altra mattina. Mr. Hudson aveva appena portato la colazione, Jhon stava dando da mangiare alla bambina e Sherlock suonava il violino avvolto nella sua vestaglia blu preferita mentre guardava fuori dalla finestra.
«Sherlock» Jhon lo chiamò, senza ricevere risposta «Sherlock?!» il suono del violino si arrestò di colpo e il consulente si voltò verso il suo amico con lo sguardo cupo, non gli piaceva essere interrotto mentre suonava. Non gli piaceva essere interrotto in nessun caso. «Per quanto ancora hai intenzione di andare avanti con questa storia?» da quando avevano lasciato Sherrinford non era più lo stesso, passava le giornate a suonare il violino o a parlare col suo inconscio chiuso nel suo palazzo mentale e giudicava ogni caso troppo noioso per essere risolto. Aveva fatto qualche visita a Molly al Bart's, con l'intento di scusarsi, ma non ne aveva avuto il coraggio, l'unica cosa che riusciva a fare era armeggiare con qualche provetta, leggere qualche scartoffia, prelevare qualche pezzo di cadavere per i suoi esperimenti e poi se ne tornava a Baker Street, più taciturno di prima. «Per l'amor di Dio Sherlock, vai a scusarti con lei» il detective riprese a suonare il violino, suonava la sua melodia «No» fu l'unica cosa che rispose. John si alzò posando la bimba sulla poltrona e si avvicinò al consulente investigativo «Vuoi che vada io da lei?» l'uomo si stava innervosendo, ma Sherlock non lo degnò di uno sguardo «Vuoi che vada a dirle come passi le giornate?!» il violino continuava a suonare e per un attimo il medico perse il controllo. Prese con violenza lo strumento dalle mani del suo amico, lo lanciò sulla poltrona e gli afferrò le spalle, costringendolo a voltarsi. Sherlock apparive impassibile a quel gesto, tempo prima avrebbe previsto quella mossa o perlomeno avrebbe reagito, ora se ne stava stava fermo, in balia della rabbia di John. Lo sguardo di ghiaccio non trasmetteva alcuna emozione, la sua bocca era chiusa in una linea inespressiva. «Vuoi che le dica che hai ricominciato a drogarti?!» In quel momento nella testa di Sherlock fece capolino l'immagine di Molly che lo schiaffeggiava e si ricordò di quanto quella volta l'avesse ferita. «No!» disse istintivamente, alzando la voce e liberandosi dalla presa dell'amico «Allora va da lei, subito!» disse John tornando sulla poltrona a cullare la piccola Rosie. Era vero? Aveva ricominciato a drogarsi? Probabilmente sì, lui non ne aveva idea. Aveva mentito sapendo bene che reazione avrebbe avuto lui, non voleva che Molly soffrisse e questo era bastato per farlo rinsavire dal suo stato di trance. Il medico sorrise, guardando il suo migliore amico precipitarsi fuori dal 221b, con indosso il cappotto, alla ricerca di un taxi.
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Confessions
FanfictionBuongiorno a tutti, è la prima fanfiction che scrivo e il risultato è un po' quello che è... credo che il mio stile di scrittura non sia molto adatto a questo genere di storie ma ho deciso di provarci comunque, leggete e se avete voglia fatemi sape...