Il Temporale

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Mai, come quel giorno, Napoli fu colta da un temporale quasi soprannaturale,una notte buia difficile da dimenticare...Il vento soffiava talmente forte che tutto ciò che si trovava sulla via principale di  Scampia,  veniva scaraventato almeno una decina di metri verso il soffio opposto di quella raffica, nonostante  ciò ,quelle maledette civette erano ancora lì,dopo settimane imprecisate,lì su quell'albero,quasi a non avvertire niente di insolito in quella tempesta che stava distruggendo tutto ciò che ,in un certo senso, intralciava il suo cammino. Ma quei rapaci erano ancora lì, lì su quell' albero che per Marian era avvolto da un'essenza malefica o che era semplicemente dannato per chissà quali motivi. A Marian ,realmente, non le sembrava dannato solo L' albero ,ma anche tutto ciò che era rinchiuso tra i due cancelli principali, quindi odiava anche sé stessa , poiché si sentiva diversa o forse perché  tutti quei psicologi la facevano sentire incompresa. Come abitudine,  anche quella sera aveva violato il coprifuoco imposto dalla signora Sofia, donna molto rigida che, seppur odiava Marian , in fondo nutriva un po' di affetto verso quella creatura solitaria. Ormai pioveva da molte ore ed era quasi impossibile tornare al collegio, per questo motivo Marian si rifugiò sotto l' unico Salice presente in città, al dire il vero, l' unico albero che , per motivi ignoti , non ospitava nessun animale , quindi nemmeno quelle maledette civette. Era distrutta, crollò in un sonno profondo.Stranamente, come non mai, si sentiva protetta da qualcosa che suscitava in Marian una sensazione di calma o di tranquillità: forse la calmava il fischio del vento, il quale creava a sua volta il suono delle foglie che, forse, non volevano staccarsi da quel salice, che suscitava una sensazione tutt'al più piangente. Alle prime luci dell'alba  ormai il temporale aveva concluso la sua sfuriata, e d'un tratto tutto il paesaggio rovinato dalla pioggia e dal vento si adornò di bambini e di animali .Le foglie sembravano parlare dell' autunno che stava per tornare,da quest'ultime cadeva lentamente qualche lacrima sino a raggiungere il viso pallido di Marian che Iniziava ad aver nostalgia del temporale, era costretta a ritornare in quel carcere che per ogni passante  era semplicemente una scuola per ragazzi "speciali". Lungo il suo tragitto,  raccolse un mazzo di viole appena fiorite in un campo di papaveri e le lasciò cadere in una pozzanghera all' ingresso della sua "scuola".Marian era una ragazza molto legata alle tradizioni famigliari, sua madre le raccontava sempre che il rito delle viole , prima o poi, avrebbe portato fortuna , ma oramai erano anni che era intrappolata in quel "carcere" e quindi ogni speranza di essere accettata era svanita. Sperava con tutta sè stessa che la razza umana  , in futuro ,avrebbe accolto e accettato tutti coloro che avevano semplicemente intrapreso una strada diversa da quella che in questo mondo  è considerata normalità.

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