One Day

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Mai nella vita forse fui così tanto sfortunato.

Io non sono un uomo, non sono un ragazzo vero.

Il cuore che batte al mio petto è falso, ma il mio amore è l'unico che non sembra dire bugie.

È così che insomma l'uomo in questo periodo viveva, tutto finto, tutto semplicemente finto.

Tutti con cuori di metallo, tutti con vite arruginite.

Tutti meno che te.

Ma perchè l'uomo si spingeva a ciò? Perchè l'uomo aveva rovinato tutto?

Accadde più o meno quando venni alla luce, un'esplosione rase al suolo tutto, ogni singola cosa che era con me.

Molte persone della nostra zona erano sopravvissute, ma sopraffatte dallo shock non parlavano più, non si muovevano più.

Erano morte sia dentro che fuori.

E anche io, come loro, ero morto.

Già, ero morto.

Ero morto perchè non avevo cuore.

E così tanto facilmente le persone vanno, vengono.

È proprio come una risata, un piccolo fuoco d'artificio, un piccolo scocco di felicità.

Tutto pian piano svanisce.

Ma come faccio adesso a dirti ciò? Come faccio adesso a dirti che non posso più spaventarti come al solito?

Come posso riderti in faccia appena mi guardi stranito?

Ormai qui, tutti hanno un cuore come il mio.

Tutti, meno che tu.

Ed è forse per questo che tu sorridi così spesso, è forse per questo che sei così gentile e triste allo stesso momento.

Il mio cuore batte, i suoni metallici sono udibili appena ci si avvicina.

Ma tu potevi sentirlo anche in lontananza.

Tutto ciò perchè quando ti guardavo mi sentivo vero, mi sentivo rinato ancora.

Anche pur sapendo che il mio cuore, non avrebbe battuto in eterno.

Non sarebbe durato fino a quanto tu potevi vivere.

Così un giorno mi recai dal medico.

Un maledetto giorno.

Avrei voluto non saper nulla, avrei voluto stare con te ancora.

Ricordo ancora quella stanza, le pareti bianche e il suono dei macchinari che sembravano esplodere da un momento all'altro.

Eppure non avevo paura, non percepivo nulla, solo un senso di consapevolezza, perchè sapevo che, in fondo, questo momento sarebbe arrivato.

Il dottore scriveva, il rumore della tastiera, lo schermo del computer che si rifletteva nei suoi occhiali, e in fondo era meglio così, era meglio nascondere i suoi occhi.

Guardai le sedie vuote, quelle sedie che con mia fervida immaginazione creavo un piccolo filmino.

Noi due seduti all'attesa di un bambino.

Maschio o femmina non sarebbe importato, ma solo il pensiero di aver una piccola peste per casa mi avrebbe sicuramente rallegrato.

Un bambino ti fa battere il cuore, ti fa sentire felice, ti porta ancora in quel mondo chiaro e lecito di cui tanto si parla quando si è adulti, quando si inizia a guardare il proprio passato con disprezzo e vergogna.

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