Capitolo 3

23 5 6
                                    

Un dolore lancinante mi attraversò tutto il corpo quando provai a raddrizzare la testa. Aprii gli occhi e il bagliore forte del sole mi colpì, facendomi richiudere la vista di scatto. Un buongiorno a dir poco favoloso. Perciò cominciai a sbattere lentamente le palpebre cercando di abituarmi alla luce che penetrava da una finestra minuscola.

Il luogo in cui mi trovavo adesso non era di certo la mia camera e non sembrava per niente accogliente. Una dozzina di damigiane allineate e velate di polvere si trovavano vicino alle pareti cupe di quella che aveva l'aria di essere una cantina e non avevo la più pallida idea di come ci fossi arrivata. In effetti l'ultima cosa che ricordavo erano delle braccia enormi che mi stringevano, per il resto soltanto un enorme vuoto.

Come avevo potuto permettere una cosa del genere? E soprattutto, chi mai poteva essere talmente meschino da dare ai Blacks un'informazione così importante come il patto di residenza della gang nel grattacielo? La faccenda non quadrava ed ero sicura che qualcuno dell'Avanas era stato coinvolto nel piano di attacco rivale.

Aguzzando la vista, scorsi due figure sedute intorno ad un tavolino dall'altro lato della stanza: «Non ti conviene spostare l'alfiere» disse quello più robusto ghignando divertito.

«Faccio quello che voglio» ribatté l'altro in modo parecchio scontroso.

«Stai rendendo questo gioco solo più noioso di quanto già non lo sia»

«E va bene, l'ultima mossa è tua» fu colto di sprovvista non appena intuì di non avere nessuna casella a disposizione.

«Scusa amico, scacco matto!» disse infine sorridendo e mettendo così fine alla partita. Sembrava sfinito e lo vidi accasciarsi lentamente sulla sedia, trascinando poi quest'ultima dal tavolo con un rumore stridulo.

«E adesso che facciamo?» quello più robusto dei due sbadigliò e alzò di poco la canottiera cominciando a grattarsi la grossa pancia piena di peli. Mi rivolse uno sguardo e chiusi immediatamente gli occhi sperando con tutta me stessa che non mi avesse vista sveglia.

«La ragazza sta ancora dormendo ... secondo te abbiamo esagerato con la dose di cloroformio?»

«Tranquillo, significa che poltrirà come un angioletto almeno per altre due ore» lo rassicurò l'altro, ridacchiando malefico.

«Vado a farmi un panino»

«Perché, abbiamo anche del cibo in questa topaia?»

Dallo strusciare acuto delle sedie intuii che i due uomini si stessero allontanando davvero. Riaprii di poco gli occhi giusto in tempo di vederli scambiarsi a vicenda delle pacche grossolane sulle spalle e dirigersi verso delle scale.

Ringraziai tutte le divinità dell'Olimpo e Madre Natura per avergli donato l'ignoranza come prima qualità. Erano davvero così stupidi da lasciare un ostaggio senza guardie a sorvegliare? Beh almeno questo andava a mio favore quindi non era certo il momento di lamentarmi.

Una forte fitta alla testa mi fece gemere dal dolore non appena mossi il collo di lato e d'istinto avrei portato le mani verso le tempie ... se solo non me le avessero legate dietro la schiena. Continuai a dimenarmi sulla sedia tentando di sciogliere i nodi con le dita...niente da fare.

Sospirai affaticata ma non sconfitta e abbassai per un attimo la testa non sapendo bene cosa fare...fino a quando una lampadina si accese, finalmente, nella mia mente.

Senza perdere altro tempo mi tolsi le scarpe e vidi subito dopo spuntare da una di esse un piccolo coltello vecchio che portavo quasi sempre con me. Lo incastrai tra le dita del piede sinistro allungando quest'ultimo verso le mani incatenate e tagliai velocemente la cordicella.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 30, 2017 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Come FaleneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora