La mia vita andava bene. Cavolo se andava bene... avevo finalmente tutto ciò che desideravo: andavo bene a scuola, ero magra, andavo in palestra tutti i giorni ed ero riuscita a staccarmi dalle persone che non facevano per me.
Ero sola, ma la cosa non poteva disturbarmi di meno. Lo sono sempre stata, non sono mai riuscita a legarmi molto alle persone... o meglio, tutte le persone a cui mi affezionavo, non contraccambiavano.
Mi ero messa l'anima in pace: niente amici. "Meglio così" mi dicevo, niente legami = niente sofferenze.
Avevo il controllo. Su tutto.
Sulle mie amicizie, sulla scuola, sulla mia famiglia, sul cibo, sul mio corpo, sulle mie voglie ed emozioni. E queste sono solo alcune delle cose su cui mi sentivo onnipotente.
Vedevo il cibo come un nemico-amico... anzi no, neanche. Io il cibo non lo consideravo. Non lo vedevo, per me non esisteva. Io non ne avevo bisogno.
Potevo scegliere cosa non mangiare, iniziai con pasta e riso, poi con i dolci, i biscotti e le fette biscottate. Poi con i formaggi, fino ad arrivare a poter mangiare solo verdura.
"E la frutta?". No, troppi zuccheri.
"Come mai non mangi la pasta?". Fa ingrassare. Troppi carboidrati.
"Lo vuoi un biscotto?". "No, grazie. Ho già mangiato". Non era vero, ma non potevo accettare di introdurre qualcosa che non fosse verdura.
"Franci vuoi che ti tagli il formaggio a quadratini come quando eri piccola?". "No, grazie. Ho mal di pancia" = troppe calorie.
"A te non piace il cibo, non vedo perché dovresti mangiarlo. Non ne hai bisogno, sei più forte quando non mangi. Dentro sei pulita quando non mangi. Vuoto è bello. Se sei vuota, sei più forte".
Una tipica giornata si svolgeva così.
Sveglia sempre prima (non riuscivo a dormire), mi preparavo in bagno (non in camera perché qualcuno sarebbe potuto entrare e vedere quanto fossi grassa) e facevo colazione.
Ho iniziato a fare colazione in prima o seconda superiore, non l'avevo mai fatta prima. Ho sempre avuto problemi con il cibo di mattina, mi dava nausea; quindi per paura di stare male, non mangiavo mai.
Dopo, con la malattia, divenne il mio pasto preferito. Mi potevo concedere del cibo in più perché avevo tutto il giorno per consumare le calorie; infatti mangiavo uno yogurt bianco magro con 2 biscotti Novellini.
Poi andavo a scuola, piena di sensi di colpa per quei 2 biscotti. "Potevi farne a meno, non ne avevi bisogno. Sai dove andranno a finire? Sulla pancia, o ancora peggio, sulle cosce. Quelle tue cosce grasse e molli. Le senti muoversi passo dopo passo... secondo te perché? Perché sei grassa. Grassa e brutta. Grassa, brutta e inutile. Oggi dovrai fare di più in palestra non possiamo permettere che quelle calorie vengano assorbite. Iniziamo già da subito, aumenta il passo per andare a scuola, brucerai di più".
A scuola non sono mai andata tanto bene quanto nel periodo in cui la malattia era più forte. Cercavo di stare il più attenta possibile, di carpire più informazioni così da consumare un po' della colazione.
10 in inglese.
"Perché non la lode? Guarda, la professoressa non ti ha detto niente. Dovevi fare di più".
9 in storia.
"Di solito non dà più di 8, ma tu potevi arrivare al 10. Oggi dovrai mangiare di meno".
8 in italiano.
"Ha valutato secondo la tabella per l'esame di stato... vuoi davvero uscire con 80? Chi ti prenderà a lavorare con un voto del genere?".
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VSC
General FictionDa cigno bianco che ero, mi trasformai in un brutto anatroccolo impacciato.