Atto II - Il tuo modo di vedere il mondo

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Hai un bel modo di usare le parole! 
Deve essere il tuo modo di vedere il mondo ...
Si, è solo un modo di vedere il mondo.



Qualche tempo dopo, stai camminando in direzione della scuola, per seguire i corsi pomeridiani di matematica e scienze. Non ne hai un gran bisogno, in realtà, ma non essendo un genio indiscusso come tuo fratello Nathaniel e non potendoti accontentare di una semplice sufficienza -come avresti fatto volentieri- senza rischiare di beccarti una lavata di capo dai tuoi genitori, hai accettato di sacrificare parte dei tuoi preziosi pomeriggi in cambio delle libere uscite il sabato sera. Tutto il tempo perso lo recupererai quest'estate, al posto di studiare per qualche debito indesiderato, pensi tra te e te.
Sei arrivata a scuola con un leggero anticipo, motivo per cui hai deciso di sederti su una delle panchine del marciapiede antistante il cortile per fumarti l'ultima sigaretta, prima di entrare. Prendi il tuo old holborn giallo* e, con un elegante movimento di polso, scosti i capelli lunghi dietro la spalla, recuperando una cartina e un filtrino, per poi rollare la sigaretta con estrema precisione, facendo tintinnare i diversi braccialetti placcati d'oro che porti ai polsi. Te lo aveva insegnato Dakota, a rollare le sigarette: era un ragazzo abbastanza carino incontrato l'estate di due anni prima, al mare. Ti guardi attorno, saettando ovunque l'azzurro dei tuoi occhi imperativi – tu, scesa in terra come dal cielo, ammirata dai passanti come si ammirano i miracoli – per tenere a debita distanza chiunque avesse anche solo osato pensare di disturbare i tuoi cinque minuti di quiete. Accesa la sigaretta il sapore dolciastro del tabacco ti riempie la bocca, fuoriuscendone poco dopo sotto forma di una sottile striscia di fumo apparentemente bianco.
Lo sguardo ti cade per un attimo dall'altro lato della panchina, vuota, tranne che per un dettaglio.
Una piccola agendina tascabile, rilegata in finta pelle nera e chiusa con una cinghietta con sopra un bottone in metallo e con le cuciture bianche stava abbandonata in bilico, con il rischio di cadere in qualsiasi momento, in un angolo. Al suo interno le pagine parevano ingiallite e consunte dall'uso eccessivo. Sembrava molto raffinata. La afferri con le tue lunghe unghie laccate d'azzurro e la apri, scorrendo velocemente le pagine e soffermandoti sulle ultime due, leggendole velocemente. Le parole, scritte con una grafia confusa – forse per la fretta dei momenti d'ispirazione – ma molto elegante erano coperte da scarabocchi, e intere frasi sembravano tagliate. Negli angoli di alcune pagine, alcune scritte ambigue come i disegni loro affiancate erano disegnati con una grafia stampata molto, ma molto diversa. Era la grafia dei bambini delle elementari, tendente a destra come un leggero corsivo, ma comunque molto disordinata.
"Hey, rich girl! Do you want say to me, why are you so conceited?"A causa dei tagli, non riesci a leggere bene. Provi ad andare avanti, ma le molte parole tagliate ti impediscono di capire bene il significato delle frasi. Apriì la prima pagina dopo la copertina e, a lettere svolazzanti e finissime, leggi il nome di Etiénne Bourgeois. Infili l'agenda nella borsetta e, una volta entrata a scuola, la metti nell'armadietto di Etiénne, nascosta sotto la maglietta di ricambio. Non ci vuole un genio per capire che, per non dimenticarsi la combinazione del suo stesso armadietto, il ragazzo l'ha impostata da sé, usando 12345 come password.


Faremo una passeggiata,
Pretenderemo di essere tutti cresciuti.
Ehi, ragazza ricca!
Beh, mi puoi dire perché
Sei così presuntuosa?
Ti comporti se ti sentissi giù,
Le tue paranoie ti stanno girando intorno?
Ora leggo la tua mente
E catturerò i tuoi occhi.
C'è un'indagine da fare
Come chi è stato, cosa indossava e con chi era!
Hey, che cosa sta succedendo qui?
Devo dire che
Hai avuto modo di conoscere molte cose!
Mi piacerebbe saperlo ...



Cammini tranquillo, di ritorno dal seminario di letteratura, dirigendoti verso il negozio di tuo fratello Louis, in modo da poterlo aiutare a sistemare la nuova collezione primaverile in negozio. Dopo aver passato la pausa pranzo a cercare il tuo carnet, lo avevi fortunatamente trovato nel tuo armadietto, sepolto sotto la maglietta di cambio di educazione fisica. Che strano, però. Non ricordi affatto di essere passato dagli armadietti, quel giorno. Non ci fai caso e passò avanti, abituato come sei a dimenticare anche le cose più importanti. Passando per il parco, come d'abitudine, senti però una voce familiare. Difficilmente potresti dimenticarla, dopo averla sentita riecheggiare per anni nei corridoi, tessendo le lodi di Alain.
«Ma no, è semplice! Aspetta, te l'aggiusto io ...» Avvicinandoti in modo di non essere notato, guardi l'oggetto che Stephanie tiene tra le mani: una barbie uscita qualche mese prima, con la testa di nuovo sopra il sottile collo di plastica. La proprietaria del giocattolo, una bambina con dei graziosi codini castani, se ne trotterella via felice, trascinandosi dietro la mano di Stephanie e la ragazza stessa, incurante dei suoi "Aspetta, fermati!" e "Sono in ritardo! Devo tornare a casa!". La ragazza è costretta a cedere all'insistenza della bambina e, in meno di cinque minuti, si ritrova sorridente nel recinto della sabbia, con granelli dorati tra i capelli, tra le unghie e nelle scarpe firmate.
Torni a camminare, divertito dalla scena, verso la boutique di Louis.
"Hey, rich girl ... So, can you tell me why you're so stuck up?"
L'ispirazione ti colpisce talmente d'impatto che inizialmente ti senti confuso. Forse è vero, il linguaggio informale si addice di più a quel tipo di canzoni. Prendi l'agenda e inizi a pensare come Alain.
"When you act like you're so down, does paranoia come around! And seize you're mind now ..."
Quando poco dopo arrivi al negozio, tuo fratello, che stava sistemando le vetrine, quasi si stupisce nel vederti così allegro.

Ti dirò tutto quello che so,
Ogni piccola cosa che so.

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