L'aurora aveva per me sempre un che di malinconico. Era paradossale: solitamente l'alba era associata alla nascita d'un nuovo giorno, una nuova vita da vivere, nuove avventure da affrontare. Per me equivaleva ad altre ventiquattrore a cui dovevo sopravvivere. Avevo la certezza di non poter continuare così all'infinito e mi chiedevo quando sarebbe arrivata la mia ultima alba, l'ultima aurora che avrei visto perché incapace di sopportarne la nascita di altre. Vista da un diverso punto di vista, i colori sbiaditi dalla luce della luna che lentamente s'intensificavano con quella del sole potevano sembrare affascinanti. Il cielo che s'increspava di striature rosa e gialle, il blu limpido che diventa via via più splendente come un topazio: tutto sapeva di speranza e nuovi inizi. Ma io riuscivo a sentire solo il sapore amaro della resa. Il cielo, con quella sua limpidezza, sembrava farsi beffe dei miei dolori e la luna che faceva posto al sole diventava da amica a traditrice. La luce del sole che inondava il mondo di nuovi, splendenti colori illuminavano solo il me stesso che desiderava rimanere in ombra. Le mie debolezze venivano così messe in bella vista e io non avevo dove nascondermi, non avevo più il buio amico dove rifugiarmi. In parole povere, l'alba mi sembrava solo una grande presa per il culo.
Erano questi i pensieri che affollavano la mia mente mentre ero disteso sulla spiaggia, la sabbia fresca che mi pungeva la pelle e s'intrufolava tra i vestiti e nelle pieghe. Il mare era calmo, nessuna onda lo increspava, nessuna cantilena di acqua che si infrange sugli scogli e si ritira. Solo silenzio. Era quel tipo di silenzio quasi assordante che rimbombava nei timpani e l'unica cosa che riuscivi a sentire era il battito del tuo cuore che pompava il sangue e lo scorrere di quest'ultimo nelle vene. Ad ascoltarlo bene, era lo stesso suono dei ruscelli in piena.
In quel momento avrei tanto voluto alzarmi, spingermi verso il mare e lasciarmi affondare. Era tutto ciò che desideravo. Cadere in quell'immensa vastità d'acqua, cadere per non essere più ritrovato. E l'avrei fatto davvero, se qualcuno non mi avesse ancorato a terra. Quel qualcuno che forse era davvero l'unica ragione per la quale ancora continuavo a sopportare il sole sorgere e non mi lasciavo riempire i polmoni d'acqua.
L'avevo lasciato ieri sera, addormentato sul divano, protetto dalla sua immensa felpa che ricordo averla comprata assieme. Mi ritrovai a spostare i miei pensieri su di lui, su quel bambino troppo cresciuto che era irrotto così improvvisamente nella mia vita e nel mio cuore. Aveva una forza straordinaria per essere riuscito a scalare la muraglia che proteggeva il me stesso interiore, ma lui ce l'aveva fatta. Ed ora che era lì dentro non sapevo come farlo uscire. Quella muraglia indistruttibile ci racchiudeva entrambi ed io in fondo non lo volevo lasciar andare.
TaeTae!
L'oggetto dei miei pensieri improvvisamente gridò. Prima ancora di girarmi, prima ancora di sentirei i suoi passi avvicinarsi, capii subito a chi apparteneva quella voce, dolce come il miele e calda come il thè. Mi scoprii assetato.
Ehy TaeTae, sono le quattro del mattino cosa ci fai qui fuori?
La sua voce aveva anche una nota acuta tipica dei bambini. Sorrisi.
Tistavo aspettando Jiminnie.
Evitai il suo sguardo per rivolgerlo all'orizzonte, il sole che continuava imperterrito la conquista del cielo e la presa del posto che gli spettava. Sentii il suo respiro caldo condensarsi nell'aria e il suo corpo forte ma al contempo minuto appoggiarsi alla mia spalla. Si era seduto accanto a me, sulla sabbia, le ginocchia strette in un abbraccio. Sembrava un riccio in quella posizione, un piccolo riccio che si chiudeva a guscio e aveva le sue piccole spine per proteggerlo dai mali del mondo. Se avessi potuto, l'avrei protetto io. Ma mi sorreggeva lui con la sua piccola figura più di quanto non riuscissi a farlo io.
Immaginavo, non ti ho trovato a letto perciò pensavo fossi venuto qui. Che ti succede?
Mi domandò, una nota di preoccupazione e malinconia incrinava la sua voce.
Stavo pensando a quanto odio l'alba. Non la trovi odiosa anche tu? Personalmente la detesto.
La cosa che mi piaceva di Jimin è che potevi buttar fuori tutti i pensieri che ti passavano per la testa e dire le cose più disparate e insensate, lui non ti avrebbe mai guardato in modo strano, non avrebbe mai giudicato le tue parole. Di fatto, appena finii di parlare rivolse anche lui lo sguardo verso l'orizzonte e lo soppesò con fare importante, dando peso al mio giudizio.
Io la trovo molto bella invece, tutti quei colori. Guarda le sfumature del rosa sull'acqua, è uno spettacolo magnifico.
Mi sorrise, con quel suo sorriso capace di sciogliere l'intera calotta glaciale. Seguii il suo sguardo e cercai di vedere lo spettacolo che mi si presentava davanti attraverso gli occhi di lui, ma tutto ciò che riuscivo a scorgere era lo squallore di un nuovo giorno e l'infinita tristezza di un mare vasto e immobile. Sospirai, senza replicare e continuai a guardare il cielo, rivolgendo ogni tanto qualche occhiata al mio compagno. Se dovevo essere completamente sincero, era difficile distogliere lo sguardo dal suo viso di porcellana.
Fa freddo. Che ne dici di andare dentro, ti va?
Scossi il capo in senso di diniego.
Penso che rimarrò un altro po' qui.
Mi faceva piacere averlo accanto, avrei tanto voluto che rimanesse ancora un po' di più. Ma non mi andava di seguirlo, di tornare nella mia camera ed aspettare di iniziare il lavoro in quella routine soffocante che era la mia vita
EhyTaeTae
Che c'è?
Guardami
E come se con quella parola avesse lanciato una qualche sorta di incantesimo, mi girai all'istante per osservarlo direttamente in viso. Il mio cuore perse un battito mentre i suoi grandi occhi a mandorla mi sondavano, mi studiavano e come un coltello mi squarciavano il petto ed il cuore per riuscire a vedere cosa c'era dentro. Mi prese un tremito convulso. Le sua fronte perfettamente liscia si corrugò, mentre vidi la sua lingua inumidire quelle sue labbra rosse e carnose che in quel momento avrei tanto voluto mordere.
Ti sono accanto, TaeTae. Ti sono sempre stato e sempre ti sarò accanto.
Quando pronunciò quelle parole, gli occhi mi si inumidirono talmente tanto che distolsi istintivamente lo sguardo dal suo che m'incatenava. Non potevo permettere che mi vedesse piangere, non potevo permettermi dimostrarmi debole di fronte a lui. A Jimin avrei mostrato sempre e solo la parte migliore di me. Non dovevo avvelenarlo con quel marciume che avevo dentro, non potevo permetterlo. Non se lo meritava, dovevo proteggerlo ad ogni costo da me stesso.
Lo so. Ti ringrazio.
Mormorai.
Ti prenderai un raffreddore stando qui. Dai, andiamo dentro, ti faccio dormire nel mio letto.
Non volevo ma sapevo già che se avessi rifiutato lui non mi avrebbe più lasciato stare,avrebbe insistito finché non avessi ceduto, tanto valeva non farmi pregare e seguirlo direttamente. In effetti, faceva molto freddo lì fuori e la prospettiva di rifugiarmi sotto le coperte avvinghiato al suo corpo caldo mi allettava molto. Annuii e con uno scatto si alzò in piedi, senza nessuno sforzo. A differenza di me, che dovetti far ricorso a tutte le mie forze per alzarmi dalla posizione in cui ero.Non sapevo per quale motivo ma ero davvero sfinito, tutta la mia energia era stata improvvisamente succhiata via ed io ero rimasto lì,come un fantoccio e desideravo solamente lasciarmi andare. Jimin però,vedendomi in difficoltà, mi tese la mano e sorrise. Affrontiamo questa nuova giornata insieme, okay?
Io gli guardai la mano,quella minuta manina da bambino che conteneva in sé una forza incredibile, e non gli fui mai tanto grato quanto allora. Gliela afferrai e riemersi dalla bolla di disperazione nella quale ero intrappolato.
In quel momento capii che la mia vera alba era lui. La mia unica speranza, il mio nuovo inizio era Jimin.