Vento. Sbatte la porta. Vento. Sbatte la finestra. Velocemente mi alzo dal letto e tento di placare il casino che ogni superficie sbattendo al muro sta creando ormai da minuti e minuti. Continuano a riecheggiarmi nella mente, per circa un quarto d'ora. Mi siedo nel buio della mia cucina, si è bruciata l'unica lampadina rimasta da tempo, non ho ne voglia, ne istinto di cambiarla. All'incirca potrei riassumere così la mia esistenza. Tanti istinti, ma tra questo nessuno che mi invogli a cambiare una lampadina e vivere nella normalità. Aspetto che siano circa le 6, prima di tentare di fare qualsiasi cosa. Non amo il giorno, la notte è prediletta per me. Ho tentato di essere me per molto tempo, qualcosa non va, in me. "Non dovresti essere qui"- Urlo, sbattendo i pugni sul tavolo e crollando a terra-"Non dinuovo, non posso resistere ancora"- è da tempo che sento questo. Ho bisogno di fare qualcosa, in particolare, di uccidere. Ho resistito fino ad oggi, per quanto potrò ancora? Ogni nervo del mio corpo è elettrizzato all'idea, ogni mio muscolo freme nel voler trovare un arma e uccidere un innocente, bramo il sangue, ridurre qualcuno a pezzi, staccando ogni piccola parte del corpo, potrei tenerne un pezzetto, per ricordarmi che almeno una volta sono riuscito a soddisfare questo irregolare impulso che ho da anni.
È arrivato il giorno.
"Non puoi vivere così, Jack, devi farlo, uccidi, squarcia ogni singola vena di un corpo e lascialo morente, guarda gli occhi di qualcuno mentre gli togli la vita"
Questo il pensiero che accompagna il mio caffè delle 6.13.
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Jack the ripper
HorrorViaggio nella psicosi di uno dei criminali più pericolosi della storia, interpretazione personale.