Prologo

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Levi Story

25 dicembre 1998. Stanza numero 394, Saint Sina  Hospital. Urla. Solo questo si sente provenire dalla stanza d'ospedale di Kushel Akerman. Solo urla di dolore, che si susseguono per una serie di minuti. Dentro la stanza si trovano in tutto tre donne: l'ostetrica, l'infermiera e Kushel. La donna ha dei lunghi capelli neri, pelle pallida e occhi grigi. Indossa solo un camice ospedaliero. Le braccia tenute rigide lungo i fianchi e le mani ancorate alle sponde in ferro, sul suo volto un'espressione di dolore.- Forza Kushel! Un'ultima spinta! Forza!- con queste semplici parole, l'ostetrica continuava a incitare la giovane Kushel. Lei, che si ritrova madre a soli ventidue anni, costretta a mantenere un figlio che non conoscerà mai suo padre, ora si ritrovava lì, su quel letto, pronta ad abbracciare la piccola creatura che ha tenuto nel suo grembo.
Dopo più di mezz'ora, venne alla luce un bambino dai folti capelli neri e la pelle pallida. Kushel era esausta, ma ciò nonostante lo strinse a se. Il piccolo rilasciò il suo primo vagito, un pianto che fece capire al resto dei pazienti che era nata una nuova generazione. - È un bellissimo maschio Kushel! Come lo vuoi chiamare?- - Credo che lo chiamerò Levi...- così rispose Kushel, alla domanda postagli dalla donna.- È un nome fantastico! Allora... benvenuto al mondo piccolo Levi!-

15 anni dopo~

Levi, il piccolo bambino nato il 25 dicembre al Saint Sina Hospital 15 anni fa, è ora un adolescente come un altro. È il ritratto di sua madre: capelli neri tagliati con un taglio a sfumatura militare, pelle nivea, fisico muscoloso ma poco slanciato. La giovane Kushel però è gravemente malata. Una malattia sconosciuta, i cui sintomi non sono associabili ad alcuna malattia conosciuta. Le precarie condizioni economiche della famiglia Akerman, rendono difficile la guarigione della donna, la quale, malgrado tutto, continua a lavorare. Levi fa di tutto per aiutare ma, essendo solo un ragazzino, non può fare granché. Però, grazie ad un'amico della madre, riesce a trovare  lavoro in un bar in centro. La paga è misera ma, unita allo stipendio della madre, basta per​ le medicine e qualcosa da mangiare.
È il 17 aprile 2013 quando Levi, di rientro dal lavoro, trova la madre stesa a terra. In lacrime, il ragazzo corre da lei, sollevandola e posandosela al petto. -Mamma...mamma...MAMMA RISPONDI!- lui continuava a chiamarla, ma lei respirava a fatica, biascicando qualche parola - L...Levi...*disse alzando una mano, che fu prontamente afferrata dal figlio* non...mos-strarti mai debole. Non fidarti di nessuno se non di te stesso....creati una barriera....ch-che non pos-sa essere distrutta. Ricorda le parole di tua madre....Ti voglio bene piccolo mio...- con queste ultime parole, Kushel spirò. Levi la chiamava, con sempre più insistenza, fino a che i vicini​, attirati dalle grida del ragazzo, non chiamarono la polizia. A Levi furono poste diverse domande dagli agenti, ma lui si rifiutava di rispondere. Dopo due giorni, nei quali Levi si rinchiuse in casa a piangere, si tenne il funerale. Levi era in prima fila, accompagnato dai suoi migliori amici: Farlan e Isabel, coi quali si conosceva dai tempi dell'asilo. Lei aveva i capelli vermigli legati in due codini bassi e dei grandi occhi verdi; lui alto coi capelli brizzolati e color biondo cenere. Loro erano distrutti con lui, Isabel piangeva appoggiata alla spalla di Farlan, mentre quest'ultimo teneva la mano di Levi per infondergli forza. Le parole della madre risuonarono nella sua testa per gli anni a venire, anni nei quali Levi perse molto. Dopo la morte di Kushel, lui fu affidato allo zio. Ma quest'ultimo lo maltrattava, schiavizzandolo e abusando di lui, a volte anche sessualmente. Quando aveva 17 anni perse anche Farlan in una sparatoria a Parigi e, dopo qualche mese dalla morte del ragazzo, perse anche Isabel a causa di un pirata della strada, che la prese in pieno mentre lei attraversava. Tra questo e i maltrattamenti dello zio, Levi iniziò a chiudersi sempre di più, fino a non mostrare alcuna emozione, entrando in uno stato di depressione post-traumatica. Se a questo aggiungiamo anche l'autolesionismo, abbiamo il mix perfetto per la creazione della soffrenza di una persona. Ma se tutto ciò potesse cambiare?

Eren Story

30 marzo 1996. Distretto di Hermina. In una piccola villa di periferia, sta nascendo una nuova vita. Carla Jäeger, giovane donna dai capelli castani e gli occhi grandi color smeraldo, sta preparandosi per dare alla luce il figlio di Grinsha Jäeger. Lei una gorger, figlia di un medico e un'avvocatessa, lui un gipsy, figlio di due allevatori nomadi, soprannominato "principe gipsy", perché discendente del fondatore della famiglia di gipsy più ricca del paese. Lei 22 anni, lui 28.
Il travaglio andava avanti da mezz'ora, prima che Carla, sentisse il bisogno di spingere. Aiutata da un ostetrica che l'ha seguita dall'inizio della gravidanza, da alla luce un piccolo bambino dai capelli color cioccolato e la pelle ambrata. -Bravissima cara!- dice Grinsha, stringendo la moglie dai fianchi e accarezzando il bambino sulla piccola testa.-Come lo chiamiamo? Albert? Mike? Thomas? Come?- chiede lui alla donna- Io pensavo di chiamarlo Eren.- -Eren?- ripete confuso l'uomo- Si, Eren! Ho cercato il significato su un libro di nomi nordici, il suo nome significa" lucente" oppure " dono del cielo" ( non so che significato abbia, io lo ho scritto a caso😂) -Dice la donna guardando il figlio. Il marito le stringe la mano- È un nome stupendo! Ben arrivato figliolo.- disse lui accarezzando la piccola testa del bimbo.

15 anni dopo~

Eren, quel piccolo bimbo dalla zazzera castana, nato nel distretto di Hermina, il 30 marzo, è ora un adolescente come un altro. Con la sola differenza che lui è un gipsy. A quindici anni, un gipsy sa già guidare una macchina e andare a cavallo come un fantino professionista. Ed è proprio questo che lui fa con i suoi genitori: sono allevatori nomadi di cavalli. Si spostano in continuazione di fiera in fiera, di città in città, e il ragazzo ha solo pochi amici intimi e di cui si fida, ovvero altri giovani gipsy che viaggiano con lui. Ma si sa, a volte i viaggi possono avere anche degli inconvenienti.
Successe tutto il 13 aprile 2011. Eren era in viaggio con la sua famiglia, si stavano spostando verso Trost, un piccolo paese famoso per le fiere di cavalli che attiravano compratori e venditori da tutto il mondo. Carla era in macchina con Mikasa, sorella adottiva di Eren, e Armin il suo migliore amico. Eren e il padre invece, assieme ad altri uomini e ragazzi, facevano muovere i cavalli, seguendoli e facendoli avanzare con l'aiuto dei cani. Eren era in sella a un bellissimo Gipsy King dagli occhi azzurro ghiaccio, un enorme cavallo dal manto pezzato bianco e nero, criniera lunga e folta, così come la coda. Il padre cavalcava un cavallo da tiro irlandese, dal manto bianco, con qualche screzio nero qui e lì. Eren non cavalcava come il padre, ovvero con sella americana, ma preferiva la monta a pelo, con solo una corda a tenerlo al cavallo.
- Allora Eren, come ti senti? Vuoi fermarti per sgranchire le gambe?- chiese Grinsha a Eren - No papà, sto bene così! E poi c'è un fiume più avanti, se ci fermiamo li possiamo far bere pure i cavalli. Che dici?- propose Eren - Non male come idea! Allora dovremo far deviare i cavalli. Avvisa tua madre io intanto mi avvio!- - Ok pá! Reiner, Berthold! Venite!- Eren fece deviare il cavallo e, insieme a Reiner e Berthold, raggiunsero la madre e il resto della famiglia che li seguivano in macchina. - Eren è successo qualcosa?- chiede la madre preoccupata - No mamma, sono venuto ad avvisarvi che stiamo facendo una deviazione verso il fiume per far bere i cavalli, papà dovrebbe essere già lì!- - Ok, facci strada!- rispose Carla dopo aver ascoltato le parole del figlio. Eren fece partire il cavallo al galoppo. Amava la sensazione del vento tra i capelli. Arrivati lì però, non videro traccia di Grinsha e dei cavalli. Restarono tutti tranquilli, sperando che si trattasse solo di un suo ritardo. Ma quando videro arrivare solo alcuni cavalli guidati dai cani, allora iniziarono le ricerche. Grinsha fu ritrovato quella notte, affiancato al suo cavallo, entrambi sbranati. Carla ebbe una crisi isterica, mentre Eren e Mikasa piansero. Non si svolse alcun funerale, li seppellirono lì, in quel bosco. Eren si mise a comando della carovana, aiutato da Reiner e Berthold,  che lo aiutarono a guidare i cavalli. Da allora Eren, divenne uomo.
Passarono mesi, poi anni. E purtroppo anche Carla venne a mancare, per colpa del cancro. Eren divenne un uomo alto, fisico mascolino, dai capelli color cioccolato fondente sempre scompigliati e gli occhi grandi e verdi come quelli della madre. Con un carattere sempre allegro e solare. Ama la vita che svolge, ama i cavalli e la sua famiglia. Ma se dovesse incontrare qualcuno che ha bisogno di aiuto? Riuscirebbe a lasciare la sua vecchia vita per unirsi a questa persona?

Custa soe deo!!

Ecco il prologo di " Non sono uno zingaro"!! Yeeee!! Per la vostra gioia( no, non è vero!) Esce una nuova storia di Saphiria_400! Se il capitolo vi piace, lasciate una stellina e un commento! A presto pandacorni miei!

Non sono uno zingaroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora