Prologo

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Charlotte stava studiando, sguardo chino sul libro, la lezione di storia. Era da sola nella biblioteca, e ad illuminare la sala c'era soltanto un raggio di luce crepuscolare che filtrava dalla finestra, rendendo visibile solo il libro della ragazza. I libri sulle pareti erano con copertine di più colori, rosso bordeaux, blu prussia, verde scuro... In quel momento la ragazza era nella biblioteca meno affollata di Boston. Quando giunse all'ultima parola del libro, c'era un unico e fievole raggio rosso sangue che permetteva a Charlotte di non sprofondare nel buio più totale. Chiuse la pesante rilegatura in pelle del libro, tirò un sospiro e spinse nella sua borsa tutti gli altri libri che aveva preso. Si buttò il contenitore in spalla e si incamminò verso l'uscita della biblioteca. Lì vi stava Eugin, il vecchio commesso perennemente addormentato che conosceva Charlotte da quando era bambina, e a cui la ragazza era molto affezionata. In silenzio tirò fuori dalla borsa una scatola di biscotti a cui aveva attaccato un foglietto: "Buon compleanno!" Dopodiché la ragazza uscì dall'edificio e chiuse la porta con calma. Ormai era sera, una bella sera di fine estate. Un leggero venticello trasportava le foglie che stavano cominciando a cadere lungo le Blue Hills. Già si cominciavano a vedere i colori dell'autunno. La luna, alta nel cielo, risplendeva, dando delle sfumature bluastre ai ricci capelli neri della ragazza e delle sfumature azzurrine agli occhi grigi di lei. Erano ormai le sette e mezza, e sua madre sicuramente la stava già aspettando paziente a casa. Lei diceva che non le urlava dietro per il ritardo perché era nella giovane età, e si meritava di uscire dalle regole... a diciassette anni era quasi adulta. Salì sulla bicicletta e cominciò a pedalare sulle Blue Hills. Ad un certo punto, però si trovò la gomma anteriore bucata. Si avvicinò al terreno. Delle punte... sicuramente qualche ragazzino che si divertiva a fare scherzi stupidi ai poveri malcapitati. Scese dalla bici e la nascose in mezzo a un canneto lì vicino: sarebbe tornata a prenderla il giorno dopo, non voleva arrivare ancor più in ritardo. Si incamminò sulla strada. Dietro di sé cominciò a sentire uno scalpiccio. Qualcuno che correva. Qualcuno che correva molto velocemente. Sua madre le aveva detto molte volte che una bella ragazza come lei non dovrebbe mai andare in qualche strada sperduta, al buio e di notte, per evitare stupratori o pervertiti. Ravvelocizzò il passo. Sentiva un forte ansimare dietro di lei. Buttò per terra la borsa e cominciò a correre. Sudore freddo le stava imperlando la fronte, scendendole poi sul collo e scivolandole in mezzo ai seni, provocandole una sensazione terribile, che la rese ancora più ansiosa. Arrivò davanti alla porta di casa e cominciò a bussare con forza. Più forte, ancora più forte, sempre più forte, fino a che le unghie non si spezzavano, le mani erano inutilizzabili. Sua madre era andata a fare la spesa e... cazzo, aveva lasciato le chiavi di casa nella borsa. A quel punto si accasciò per terra, aspettando ciò che le doveva succedere. L'essere che la stava inseguendo salì sulla collina, ansimante; era... un uomo.. con la testa di un lupo e degli artigli che sembravano affilati come rasoi. Charlotte quasi non si rendeva conto di quello che le stava succedendo. D'istinto si alzò e tirò un calcio in faccia alla creatura, che lanciò un ululato acuto, per poi trasformarsi direttamente in un lupo enorme, un lupo alimentato da una potenza demoniaca che le mordeva con forza il braccio, facendola urlare di dolore. Sentiva la zona del morso pulsare, e sentiva come se essa inviasse un veleno in tutte le parti del corpo. Sentiva la testa che cominciava a girare, e sapeva che stava per svenire. Il lupo si alzò sulle zampe posteriori e cominciò una metamorfosi che lo fece diventare umano. Quel viso... lei era abbastanza sicura di averlo già visto una volta... ma non si ricordava l'occasione. Fece in tempo a sentire una frase «Bentornata nella dannazione e nella malattia, Charlotte Skystorm.» per poi sprofondare nelle tenebre.

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