Prologo

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Casa dolce casa.

Per alcuni è l'odore dell'arrosto del pranzo domenicale, per altri le coccole del cane o le fusa del gatto quando ci si chiude la porta d'ingresso alle spalle.

Per me era l'odore dei biscotti allo zenzero di mia madre e il sorriso di mio padre.

Ma non mi è mai sembrata una frase tanto inappropriata come in questo momento.

Casa mia non ha nulla di dolce, non somiglia per niente a un nido accogliente in cui rifugiarsi durante un temporale. Nella mia famiglia le tempeste nascono in un battito d'ali, e la facciata di perfezione e benessere che ostentiamo non è altro che una gelida maschera di vetro dall'anima incrinata, uno specchio che riflette solo immagini distorte.

Ma non è sempre stato così. Un tempo anche io avevo una famiglia, una vera, non il patetico surrogato con cui convivo ora, ed ero felice come può esserlo qualsiasi persona normale con una vita normale. Un tempo che ora mi appare così lontano e sbiadito che a volte mi chiedo se c'è stato realmente o se me lo sono soltanto immaginato.

«Falling like the rain. Falling like the rain» anticipo di qualche secondo la cantante dei Birthday Massacre che mi tiene compagnia dagli auricolari dell'mp3. Canticchio il ritornello a bassa voce, anche se non mi sentirebbe nessuno nemmeno se urlassi a squarciagola. Ma non si sa mai.

Volto la pagina del libro che ho in mano, impaziente di arrivare alla fine. So che tra poco il casino che proviene dal piano di sotto si interromperà con il tonfo della porta d'ingresso, e a quel punto non potrò più nascondermi qui dentro sperando che, per una volta, si dimentichino di me. Come ogni sera scenderò silenziosamente le scale e mi infilerò in cucina per riordinare i resti della loro cena, stando attenta a non attirare la loro attenzione. Se sarò fortunata, riuscirò a tornare in camera prima che qualche bicchiere venga scaraventato a terra. O che qualche bottiglia mi colpisca. Se tutto andrà come al solito, sarò sopravvissuta all'ennesima, faticosa giornata, e potrò segnare sul calendario un giorno in meno che mi separa dal mio obiettivo.

Alzo la testa e i miei occhi incontrano quattro facce di sconosciuti che ho imparato a memoria. Mi sorridono inconsapevoli dalla brochure dell'università del Galles che ho attaccato con dello scotch al muro di fronte a me. La mia stanza è talmente piccola che solo mezzo passo separa il letto su cui sono distesa a pancia in giù dalla sedia della scrivania. Così ogni mattina, quando riapro gli occhi, quel piccolo rettangolo di cartoncino plastificato mi dà il buongiorno con la sua promessa scritta a grandi caratteri neri: "Il tuo futuro è qui". E ogni notte, prima di spegnere la luce, è lì per ricordarmi che l'inutile e vuota giornata che sta per concludersi mi ha avvicinata di un altro passo alla possibilità di ricominciare.

Quattro colpi violenti alla mia porta mi avvisano che è arrivato il momento di scendere. Tolgo le cuffie e salto giù dal letto, prendendo il libro con me. Leggerò le ultime pagine mentre entro in cucina, così potrò tenere gli occhi bassi ed eviterò di incontrare i loro. Questa è la prima regola che ho imparato per proteggere me stessa: evita qualsiasi contatto. Sparisci. Se per gli altri non esisti, nessuno ti farà del male. La seconda è: tieni gli altri lontani da te e non ci sarà nessuno che potrai ferire.

Mettere a tacere il dolore è facile, basta seguire le regole e fare le scelte giuste, anche a costo di sacrificare qualcosa di importante.

Rimetto velocemente le Converse che ho scelto per questa serata, sono rosse come il vestito che ho addosso. Lei mi ha imposto di mettere qualcosa di elegante, nel caso qualcuno dei loro amici avesse chiesto di me. Questa è una delle loro regole: fingere di essere una famiglia felice.

Prima di uscire dalla mia camera, do una veloce occhiata al cellulare che ho lasciato sopra la scrivania, accanto al portatile. Nessun messaggio. Venerdì 1 ottobre. Mezzanotte meno tre minuti. Otto gradi. Pioggia.

Tre colpi alla porta.

Meglio sbrigarmi, prima che diventino due. Non sono mai arrivata a uno, e non voglio scoprire cosa mi aspetta proprio stanotte. Non negli ultimi minuti del giorno del mio compleanno.

Abbasso la maniglia con un colpo secco. Prendo un respiro e lancio un'occhiata al cassetto del comodino col suo contenuto rassicurante. Se le cose dovessero andare storte, dovrò semplicemente correre sino alla mia camera e aggrapparmi all'unica via di fuga che conosco.

Stringo il libro al petto ed esco, richiudendo la porta lentamente per non fare rumore. Ma quando mi giro, incontro due occhi che mi fissano con disapprovazione. Ho appena infranto la prima regola. E una nuova si aggiunge alle altre, mentre le conseguenze della mia piccola scelta sbagliata di oggi si preparano a investirmi.

Un battito d'ali [Anteprima]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora