Di tutto quello che le avevano raccontato sulla vita al college, la follia che sembrava essersi impossessata delle matricole lasciate senza sorveglianza la prima settimana era di certo la più fastidiosa. Lucretia, rintanata in una stanza che ancora faticava a chiamare sua, abbandonò con un grugnito la testa sugli appunti gettati alla rinfusa sulla scrivania, accanto al suo portatile: tre piani più in basso la festa infuriava, ed i bassi che la ragazza sentiva rimbombarle fin dentro la gabbia toracica rendevano lo studio particolarmente difficile.
Con un moto di stizza, Lucretia si alzò in piedi, rischiando di rovesciare la sedia su cui era appollaiata; afferrato il cappotto di lana abbandonato sul pavimento, lasciò la stanza con un sospiro rassegnato, sbattendosi la porta alle spalle. Forse, si disse mentre combatteva con le maniche della giacca, una boccata d'aria le avrebbe fatto bene, dato che sistemare i suoi appunti era ufficialmente fuori questione.
Si fece strada lungo i corridoi affollati di ragazzi più o meno ubriachi, perlopiù ammucchiati lungo il pavimento come detriti abbandonati dalla corrente: quasi inciampò su una ragazza che si tirò su di scatto al suo passaggio, aggrappandosi all'orlo del suo cappotto.
«Hai una giacca stupenda» farfugliò ad occhi sgranati, prima di lasciarla andare e tornare ad accasciarsi su un ragazzo addossato alla parete alle sue spalle.
Lucretia arrossì appena, tirandosi su il bavero del cappotto fino a nascondere le guance mentre borbottava una risposta semicoerente.
Finalmente raggiunse una delle uscite che davano sulle scale antincendio abbarbicate lungo il fianco dell'edificio: sapeva che uno dei ragazzi più grandi aveva disinnescato l'allarme qualche anno prima, gliel'aveva rivelato Harley, la sua compagna di stanza, uno dei primi giorni. Potrebbe sempre tornarti utile, aveva insinuato con un mezzo sorriso.
Spinse la porta con un sospiro sollevato, ritrovandosi al quinto piano ed esposta agli elementi in quella sera di settembre particolarmente fredda.
Si infilò sotto la ringhiera di metallo, sedendosi a terra con uno sbuffo e lasciando penzolare le gambe nel vuoto: la musica era appena più sopportabile da lì, attutita dalle pesanti porte e dal vociare esaltato dei ragazzi sparpagliati sul prato davanti alla facoltà. Mentre vagava con lo sguardo lungo il profilo appena illuminato dei massicci edifici dell'università, si ritrovò a pensare a Cassandra, probabilmente già oberata da carichi disumani di appunti alla sua prima settimana alla Columbia, dipartimento di astrofisica.
Al pensiero della sua migliore amica le si dipinse sul volto un sorriso appena velato di malinconia.
Quasi senza pensarci recuperò il cellulare nella tasca dei pantaloni, digitando velocemente un messaggio in cui le chiedeva come andassero le cose.
Stava per premere invio quando qualcuno la urtò malamente, rischiando di farle scivolare il telefono cinque piani più in basso, in una caduta a cui non sarebbe sopravvissuto. Si voltò con fatica, ancora incastrata sotto la ringhiera della scala di emergenza, e si ritrovò a pochi centimetri dal volto particolarmente preoccupato di una ragazza mai vista prima. Lucretia deglutì, allontanandosi appena mentre cercava di formulare una frase coerente; per sua fortuna la sconosciuta venne in suo aiuto: «Dio, scusami: Harry mi ha spinto e non ti ho vista... non ti ho fatto male vero?» domandò tutto d'un fiato, torcendosi appena le mani.
«Uh» farfugliò Lucretia, «no, figurati, tutto okay credo» e prima che potesse blaterare qualcos'altro di imbarazzante, una mano si posò delicatamente sulla spalla della ragazza china di fronte a lei, facendole arricciare le labbra piene in un sorriso rassegnato.
«Sei qui per scusarti, Harry?» esordì la sconosciuta senza distogliere lo sguardo da Lucretia. Harry si acquattò al fianco della ragazza, stampandole un bacio leggero sullo zigomo prima di lanciare un'occhiata interrogativa a Lucretia, gli occhi che brillavano appena di una luce maliziosa.
«Scusarmi per...?» indagò, gli occhi che saettavano dall'una all'altra. La sua ragazza alzò lo sguardo al cielo e allungò una mano nella direzione di un'ancora piuttosto confusa Lucretia, che la strinse senza realizzare cosa stava succedendo.
«Io sono Gal» si presentò, «e questo deficiente che ti ha quasi fatta cadere per cinque piani,» continuò sottolineando le sue parole con una gomitata al ragazzo in questione, «è il mio ragazzo, Harry.»
«Uh, Lucretia, Lu» rispose a mezza voce.
Harry stese a sua volta la mano, stringendo quella di Lucretia con un sorriso. «Scusami per averti quasi fatta cadere, quindi» le disse prima di alzarsi in piedi, spolverarsi i jeans strappati e raccogliere qualcosa posato dietro a Gal. Le diede una leggera pacca sulla schiena con quello che aveva tutta l'aria di essere un 33 giri e, aiutatala ad alzarsi, fece un cenno di saluto a Lucretia prima di scendere le scale tre gradini alla volta e scomparire in una finestra aperta un paio di piani più sotto, gridando qualcosa all'interno e lasciandosi andare ad una risata contagiosa che la fece sorridere involontariamente.
Pochi secondi dopo, divorata e storpiata dai ritmi moderni, una melodia di musica classica si fece strada nell'aria limpida della sera: Lucretia si rizzò in piedi estasiata, gli occhi che brillavano quando si voltò verso Gal che la osservava divertita, le braccia conserte e la schiena appoggiata alla ringhiera.
«Dice che la musica classica crea l'atmosfera perfetta per le canne» sospirò passandosi una mano tra i capelli mentre superava Lucretia, seguendo le orme di Harry.
«Mi stai dicendo» esordì la ragazza, a metà tra lo scioccato ed il divertito, «che ha comprato un meraviglioso 33 giri di Debussy» sottolineò ad occhi sgranati, «solo per avere l'atmosfera giusta per drogarsi?»
Gal scrollò le spalle, un sorriso ancora dipinto sulle labbra: «Temo che dovrai abituarti alle stranezze di Harry Styles, se conti di rimanere al Carleton» le disse prima di scomparire lungo le scale, lasciando Lucretia da sola con le sue domande.
***
Ciao a tutti!
Intanto volevo ringraziare chiunque sia arrivato fino alla fine di questo primo capitolo, grazie davvero! Questa è la prima storia quindi accetterò volentieri critiche costruttive e qualsiasi tipo di commento o recensione, siate gentili però!
Spero di aggiornare quanto prima, ho già qualche idea (idee che comprendono più Harry, non disperate, e gli altri ragazzi faranno presto la loro comparsa!) ma ricevere qualsiasi feedback mi riempirebbe di felicità! Non vedo l'ora di continuare questa storia!Detto questo, Erin vi augura una buona serata e buona lettura!
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lest we die unbloomed
Fanfiction«You who have suffered find where love hides, give, share, lose, lest we die unbloomed.» Lucretia Evans ha diciotto anni, una borsa di studio per il Carleton College e nessuna voglia di cacciarsi nei guai. Eppure finisce presto invischiata in un gru...