«Sei davvero, davvero sicura?» chiese ancora Harley mordendosi il labbro, le sue iridi di colori diversi che correvano preoccupate dalla sua amica allo specchio davanti a loro.
Lucretia, scomodamente appollaiata su uno sgabello nel bagno della loro stanza, si aggrappò con forza al legno della seduta: guardando dritta davanti a sé, ricambiò lo sguardo preoccupato del suo riflesso, cercando di ignorare il sottile strato di panico che riusciva a leggere nei suoi occhi azzurri, così famigliari eppure in quel momento quasi irriconoscibili.
Si passò una mano tra i capelli biondissimi, ormai cresciuti tanto da sfiorarle le spalle, e pensò con nostalgia all'ultima volta che si era concessa di tagliarli, di fare qualcosa per sé piuttosto che per gli altri; represse con un moto di vergogna questo ed altri pensieri, l'immagine di suo padre costretto a letto che cercava di farsi prepotentemente spazio attraverso i muri che lei aveva così accuratamente eretto nel corso del tempo.
Asciugandosi una lacrima che non si era accorta di aver versato, tornò a ricambiare lo sguardo glaciale del suo riflesso: il panico era scemato, e qualcosa della vecchia Lucretia, della ragazza impulsiva che era stata fino a pochi mesi prima era riuscito a riaffiorare, il relitto dilaniato di un passato doloro.
«Sì» esclamò infine, incontrando nello specchio gli occhi dell'amica. «D'altronde l'hai detto tu che mi vuoi splendida, stasera».
Sorrise, prima di chiudere gli occhi ed abbandonarsi nelle mani di Harley.
***
Harley suonò il campanello della villetta signorile con insistenza, canticchiando mentre si dondolava sui talloni. Al suo fianco Lucretia non faceva altro che passarsi una mano affusolata tra i capelli accorciati di fresco, cercando di controllare il respiro accelerato ed ignorare il rombo del sangue che le risuonava violento nelle orecchie; ora che si trovavano lì, con solo una porta tra loro ed una serata che avrebbe potuto causare loro infiniti guai, Lucretia avrebbe solamente voluto girare i tacchi e correre a nascondersi nella sicurezza anonima della sua stanza, al dormitorio: portava ancora addosso i segni dell'ultima volta che aveva agito dando retta all'istinto, sgattaiolando fuori una sera senza avvisare nessuno, e quelle immagini che ogni giorno tentava di sopprimere tornarono a raschiarle il petto con sadica violenza.
«Harley» mormorò, infossando la testa tra le spalle e guardandosi intorno come un animale in gabbia; non era più così certa di potercela fare, non dopo tutto quello che aveva passato per tenersi fuori dai guai, tutte le rinunce che si era imposta. Nonostante Lucretia l'avesse assillata perché le rivelasse qualcosa di più riguardo a quella che Harley aveva chiamato la Nuova Visione, l'amica aveva tenuto le labbra cucite; ma dal modo in cui sogghignava quando Lucretia l'aveva supplicata la ragazza aveva intuito che non poteva essere nulla di buono.
L'amica si voltò verso di lei, uno sguardo dolce ma velato di preoccupazione ad illuminarle gli occhi sotto la luce calda dei lampioni. «Lu, se davvero non te la senti possiamo inventare una scusa e rintanarci nella nostra stanza a guardare un film strappalacrime, sul serio» le sussurrò, stringendole appena una spalla dopo averle chiesto il permesso con gli occhi. Lucretia si sistemò nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio, evitando lo sguardo della sua amica: sapeva che Harley non l'avrebbe mai giudicata, ma qualcosa di viscido dentro di lei le sussurrava che aveva già rovinato troppe cose per tirarsi indietro un'altra volta. Eppure l'idea di eludere la sorveglianza del college per intrufolarsi ad un raduno clandestino di rivoluzionari e visionari in erba le faceva accelerare pericolosamente il battito cardiaco, seccandole in modo spiacevole la gola.
Stava per rispondere all'amica, quando la porta si spalancò ed il viso sorridente di Niall fece capolino attraverso lo spiraglio, accompagnato da un brano di musica classica che riempiva la casa ed investì dolcemente le due ragazze. Alla luce soffusa e surreale dei lampioni, gli occhi blu del ragazzo apparivano cangianti, quasi spettrali; Lucretia sentì un brivido ingiustificato scivolarle lungo la schiena, e la voce viscida annidiata nei recessi più reconditi della sua coscienza sussurrarle di smetterla di essere una codarda.
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lest we die unbloomed
Fanfiction«You who have suffered find where love hides, give, share, lose, lest we die unbloomed.» Lucretia Evans ha diciotto anni, una borsa di studio per il Carleton College e nessuna voglia di cacciarsi nei guai. Eppure finisce presto invischiata in un gru...