Il calendario dello studio è rimasto fermo a settembre 2015. Da allora nessuno ha più cambiato pagina, a nessuno è più importato controllare che giorno fosse. La nostra vita è rimasta impigliata lì per quasi un anno.
Il portacenere bianco sulla scrivania non è stato più pulito. C'è rimasto dentro soltanto il mozzicone di una Merit, fumata per metà.
Il libro che stavi leggendo è rimasto svogliatamente appoggiato sullo stereo, insieme ad una pila di carte. Il segnalibro pubblicitario, che ti ha mandato Amazon in regalo, segna pagina 56.
Accanto alla poltrona dello studio, è rimasta la borsa da lavoro mezza aperta, con la tracolla arrotolata su se stessa.
Sulla cassapanca del nonno, in salotto, ci sono bicchieri di plastica usati, impilati uno nell'altro, sporchi dei residui che lasciano i medicinali quando non si sciolgono completamente nell'acqua.
All'ingresso, sul mobiletto a vetri, la statuetta di una Madonna triste, con le braccia aperte, schiaccia Satana sotto i piedi. Attorno a lei una candela spenta e un lumino sempre acceso.
Nell'angolo a sinistra del mobile, in cucina, dentro il portapane di ceramica con il coperchio di vimini non ci sono più le fette biscottate, ma quattro scatole di farmaci e un blister di Malox Plus.
Nel primo ripiano del frigorifero, vicino alle uova e al burro, ci sono due scatole di Nivestim, una soluzione iniettabile che stimola il midollo osseo a produrre le cellule ematiche che la chemioterapia distrugge. Praticamente, una cura alla cura del cancro.
In camera da letto, sotto il quadro di un Gesù misericordioso, seduto in mezzo ad un gregge di pecore al tramonto, ti ho visto andare via in una notte d'estate freddissima.
Quando hanno diagnosticato il tumore ai polmoni non mi hanno detto che le metastasi si sarebbero estese in tutta casa, che ogni mattonella, ogni parete, ogni angolo di ogni stanza si sarebbe ammalato con te.
Nessun foglietto illustrativo mi ha avvisato circa gli effetti collaterali che questa malattia può portare con se, una specie di trasmissione del dolore per osmosi, la sofferenza che attraverso i tuoi occhi entrava nei miei.
Neanche un dottore ha avuto il coraggio di dirmi che non sarei mai guarita dalla tua mancanza e che dal terribile incendio appiccato alla mia vita si sarebbero salvate soltanto delle piccole cose.
Quelle che restano.
È rimasta l'abitudine di apparecchiare per quattro, di scegliere, tra le forchette, la tua preferita.
È rimasta la sensazione di sentire il cancello aprirsi alle cinque del pomeriggio e vederti ritornare da lavoro. La voglia di premere rewind e vedertelo fare ancora, il gesto di posare la borsa sulla poltrona.
È rimasta l'illusione di pensare che ci sia tu nella forma di una nuvola, negli interstizi di sole tra le foglie degli alberi, nel vento che mi spettina i capelli, forse sei tu che mi stai salutando.
Sono rimasta io. Senza di te. Come una vagabonda che non sa dove andare, cammino ad occhi aperti nel buio e cerco il coraggio di accettare questa scelta di Dio, mentre Gli chiedo, per favore, di non scegliere più.
Sei rimasto tu. Senza di me. Come un fiore nato tra le crepe dell'asfalto con cui la vita ha coperto la superficie del mio cuore, porti bellezza dove non ce n'è più.
Il calendario dello studio, adesso, è rimasto fermo a settembre 2016. Ancora nessuno ha ricominciato a cambiare pagina, ne a controllare che giorno sia. Abbiamo solo strappato un anno allo scorrere del tempo, che non scorre più da quando non ci sei.
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Effetti collaterali
Short StoryForse nei foglietti illustrativi dei medicinali dovrebbero specificare meglio quali sono gli effetti collaterali di alcuni tipi di malattie...