Quando il vento non soffia sul mare

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Fissò con sguardo spento la città dall'alto del grattacielo in cui aveva dimora, uno scialle sulle spalle a tenerle caldo in quelle prime giornate autunnali. Un tepore che sicuramente le scaldava le membra, non il cuore.

Il suo cuore si era come congelato nel momento in cui quasi un mese prima Haruka era sparita. A causa di voci dettate dall'invidia che la vedevano impegnata a tradire la guerriera dei venti, non aveva fatto nemmeno tempo a spiegarle.

Era semplicemente sparita.

Telefono staccato da quel giorno.

Contatti social inesistenti.

Aveva provato anche a contattarla al lavoro, inizialmente, senza ottenere risultati. Poi il senso di vuoto e disperazione aveva avuto la meglio e si era totalmente arresa in balia delle emozioni e del dolore che il silenzio della sua compagna le aveva inflitto.

Davvero non riusciva a capire come potesse essere possibile che le parole di una sconosciuta avessero potuto minare così il loro rapporto.

Eppure aveva provato a trovare una spiegazione a tutto, ma non l'aveva trovata. Non era in grado, forse, o semplicemente doveva essere la diretta interessata a spiegarle il perché di una reazione così incontrollata.

Una lacrima scese lungo il viso. La milionesima sicuramente, non passava giorno in cui riuscisse a non piangere. Silenziose le lacrime iniziavano a scendere quando meno se lo aspettava.

Bastava un ricordo, un pensiero, bastava anche solo un pò di vento fuori a farla crollare.

Inesorabilmente.

Eppure lei era Sailor Neptune, una delle guerriere più forti in circolazione, aveva sconfitto una quantità spropositata di demoni e nemici più o meno umani; non poteva crollare in questo modo davanti a un qualcosa che in confronto era una vera bazzecola.

Eppure non riusciva.

Eppure questa volta la fragilità aveva la meglio e le emozioni non riuscivano a rimanere dietro la facciata.

E uscivano, uscivano come un fiume in piena, un mare mosso. Una pioggia battente.

Più cercava di farsi forza e più tutto sembrava crollarle addosso. Più cercava di tenersi tutto dentro e più la diga che aveva eretto intorno a se, isolandosi da tutto e tutti cedeva.

L'assurdità di quella situazione... il farsi dividere dalla prima sconosciuta che aveva aperto bocca dopo anni e anni di combattimenti insieme; ore passate con la paura di non sopravvivere alla battaglia successiva, ore a ritrovarsi tra le lenzuola a far pace dopo un litigio o una prova particolarmente difficile.

Anni passati a imparare a capirsi fino in fondo, perché entrambe erano chiuse verso il mondo esterno. E, ancora, anni a far si che il loro vero carattere uscisse fuori nei reciproci confronti senza paura di lasciarsi, di perdersi, di essere giudicate. Anni passati ad amare l'altra esattamente per come fosse, non per altri motivi. Senza cercare a tutti i costi di cambiarla.

Non riusciva proprio ad accettare tutto.

Si mosse verso la loro camera da letto, che ormai era diventata solamente sua, il suo sguardo si posò sulla giacca che l'altra aveva abbandonato sulla sedia la sera prima che scoppiasse tutto. Era ancora li, non era riuscita a toglierla. Sperava in fondo al cuore che prima o poi la bionda sarebbe tornata, anche se faceva male mantenere un barlume di speranza in quel senso.

Tutto in quella casa le faceva male, ogni angolo custodiva un ricordo più o meno felice. Era come ricevere una continua pugnalata, come se qualcuno di invisibile l'avesse eletta a tiro a bersaglio perché non stava soffrendo già abbastanza.

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