fuochi

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Il cielo non cambia in questo oscuro richiamo di fuochi. Eldagor è un pianeta minerario. Viviamo per estrarre minerali. Petrolio. Carboni. Idrocarburi. Siamo minatori ai lavori forzati fondamentalmente. Povera gente. Poveracci. Siamo un piccolo pianeta di criminali senza speranza, ai confini di un impero ormai in via di disgregazione. I segnali ci sono tutti. L'impero non ha più ragione di vivere. Sappiamo quale sarà la nostra sorte e sappiamo che siamo qui per miracolo, ma non abbiamo paura. Disgregazione. Oramai sappiamo che la nostra condanna è il lavoro. Non possiamo uscirne vivi. non possiamo smettere di pensare ad altro. almeno ci avessero dato una possibilità. Ma una possibilità non c'è oltre la condanna che ci è stata inflitta.
Oltre la rovina. Male, ma è così.
- Pensi che finirà? - dice Ambra
- Penso che finirà un cazzo, - dico io
- Ci siamo dentro vero? - dice lei.
- Non importa. Tanto non vedi che non ci rimane altro. Si rimane soli.
- Ma non può essere tutto qui. Tutto così intendo.
- Può essere anche peggio.

Arrivano i mutanti. Appaiono: metallo, carne, nervi. Ci danno le consegne, precise, per il lavoro. Il cielo, crivellato da masse di droni, che sorvolano a bassa quota, fotografano ogni particolare, ogni smagliatura del terreno. Rimaniamo schiacciati a terra. Con le escavatrici dobbiamo estrarre la pietra mineraria. Entro nell'abitazione in una escavatrice. Non ci sono spazi individuali. Tutto è filmato, radiografato, sezionato, decrittato. Abbiamo tempi stretti da seguire. Il cielo stellato si illumina di altri bagliori. Fiamme amaranto. Sono le luci degli aerei di controllo, che volano a circa seimila piedi e controllano la situazione. I colpi di calore non perdonano. Non c'è un filo d' ombra nonostante sia notte. Agghiacciante luce.

Ambra viene convocata da una voce metallica e impersonale. viene presa in consegna da un mutante e sparisce dietro una grata di metalli e cardini. La porta si richiude e io rimango nell'escavatrice ad ultimare il lavoro. Sono solo.
- Lei è entrata? - mi dice Roberto.
- Lo so.
- Cosa pensi?
- Penso che non so quando ne uscirà. Non ne ho la più pallida idea.
- Se è arrivata la sua ora difficilmente ne uscirà.

- Questo lo dici tu. Io non posso dirlo.

Non so se ridere o fare finta di pregare. Mi fa male la pancia, mi girano le palle. Ho fame e dovrei rimettermi subito al lavoro. Ma sono qui e non posso fare altro che aspettare. Il cielo è una vampa assurda in fiamme. Vedo i boati di luce della terza luna disegnare strambe ellissi. Due bambini mi si avvicinano e chiedono l'elemosina.

- Dammi il denaro signore.
- Non ho nulla da darvi, nani.

- Dammi qualcosa ti prego.

- Andate via.

Uno dei due mi si avvicina e mi sputa  nel petto. Il sensore rosso incapsulato nel mio avambraccio  segnala che il mio turno è finito, con una innocua scossa elettrica. Devo rientrare. Ho male al braccio.

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