"Mario, Mario dai muoviti!"
"Un attimo, sto ricontrollando se ho preso tutto."
Spazzolino c'è, vestiti ci sono, macchina fotografica, scarpe, occhiali da sole e da vista anche, accessori presi tutti. Stereo, libri, che altro cazzo mi manca?
Ho tutto ma è come se dimenticassi qualcosa.. ma cosa?
"Dai Mario scendi."
"Un attimo cavolo."
"Amore arriviamo in ritardo"
"Clà ti prego, mi metti ansia."
A Mario non sono mai piaciuti i cambiamenti, gli addii e tanto meno le separazioni, soprattutto se queste non partivano da lui ed erano forzate. Lasciare la propria città natale, lasciare amici, parenti, l'università, la propria vita per cimentarsi in una nuova realtà che non appartiene al proprio essere non è semplice da gestire. Per una persona come Mario era ancora più complicato.
Ora all'età di 24 anni si ritrovava con mezza casa dentro le valigie, un volo da prendere con la persona della sua vita per dirigersi verso una nuova città. Una città che da lì a poco sarebbe diventata la sua nuova casa: Verona.
"Marioo!"
"Cla' manca ancora mezz'ora!"
"Scusa amore ma sai com'è, per colpa tua finiamo sempre per perdere i voli"
Magari perdessimo anche questo.
"Dai che tua mamma ci sta aspettando"
"Arrivo, arivvo."
Uscirono di casa, chiusero la porta. Mario restò per qualche istante ad osservare la casa in cui aveva trascorso grande parte della sua vita. Quella casa che aveva acquistato con i risparmi di anni di duro lavoro, quella casa che conosceva ogni singola cellula di quell'uomo.
Salirono in macchina. Le strade di Roma erano sempre affollate, a qualsiasi ora della giornata, erano sempre intasate da file di auto. Era una città molto caotica ma straordinariamente affascinante, piena di negozi, ricca di cultura. Mario la considerava la sua Londra.
Chissà Verona..
Arrivarono all'areoporto. Il volo che avrebbero dovuto prendere lì attendava già lì.
"Mi raccomando fate i bravi"
"Mamma non abbiamo 5 anni, puoi stare tranquilla.
"Ci vediamo presto ragazzi."
"Ciao mamma."
Di solito prima di una partenza si avverte sempre quella scarica di adrenalina provocata dall'impazienza di poter viaggiare, ci si sente elettrizzati, in preda all'ansia. E Mario l'ansia l'avvertiva, il problema che il suo corpo produceva solo quella.
Iniziò a torturarsi in modo frenetico il labbaro inferiore e il lobo dell'orecchio sinistro.
"Hai l'ansia?"
Ma che richiesta del cazzo era quella?
"No, secondo te sono nervoso? Ti sembro per caso che io sia agitato?"
"Okay come non dettò" Alzò le mani in segno di scuse e iniziò a lasciargli una piccola scia di baci dalla base del collo fino alla spalla. Mario si scostò bruscamente spostandosi al lato opposto del passeggero, quello posizionato accanto al finestrino.
"Lo sai che quando sto così devi lasciarmi stare."
"Scusami.."
Restò ad osservare l'aereo che piano iniziava a decollare e a lasciarsi dietro di sè quella straordinaria città. Si portò un mano al viso e piano iniziò a massaggiarsi gli occhi. Calò gli occhiali da sole. Estrasse le cuffie dal giubbino di pelle bordeaux. Passò circa mezz'ora in quello stato ad osservare come il veicolo trapassava le nuvole e sovrastava l'intero paessaggio sottostante.