Tu sei mio.

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Mani pallide come la luna danzavano rapide sulla pelle bronzea della creatura, avide, desiderose di stringere quel corpo flessuoso troppo tentatore per appartenere ad un essere umano.
Mai si sarebbe immaginato, Madara, che l'ammasso di chakra ambulante conosciuto come Kyuubi, potesse rivelarsi una tale sorpresa.
- b bastardo... - minacce ed ansiti si mescolavano nelle labbra piene, martoriate i più punti dai canini aguzzi che tentavano in ogni modo, di trattenere gli osceni suoni traditori che abbandonavano quelle che un tempo erano fauci.

Un gemito sfuggì alla creatura dalla chioma scarlatta quando, per la prima volta, il moro Uchiha toccò un punto fin troppo intimo per i gusti del demone.
Le belle gote del mostro si tinsero di rosso e le sottili labbra dello sfrontato mortale si piegarono in un sorriso.
- al momento sei terribilmente patetico lo sai, ciliegina? -
Alla voce arrogante dell'altro, in un moto d'orgoglio ed ira, le mani artigliate del mostro dalle fattezze divine si fiondarono sul corpo scultoreo dell'altro, venendo però bloccate dalle pesanti catene ancorate al muro alle spalle del materasso sul quale era forzatamente steso.

Uno schiaffo fin troppo potente per appartenere ad un uomo si abbattè con violenza sulle natiche sode del demone che, colto alla sprovvista, gridò.
- dimentichi la tua posizione, ciliegina? - sussurò Madara sistemandolo nuovamente a quattro zampe, questa volta con il volto schiacciato nel materasso; non si aspettava che, nonostante l'ordine impartito dallo sharingan, il mostro riuscisse a muoversi.
- smettila di chiamarmi così... -
Un nuovo schiaffo colorò la pelle chiazzata da macchie rosse che, a detta del maggiore, avrebbero impiegato giorni a sparire, esattamente come i bei marchi dei suoi denti.
Era esaltante per l'Uchiha, segnare la pelle liscia e setosa appartenente a colui che era considerato il signore dei demoni, lo faceva sentire più potente di quanto già non fosse.

-sarò io a decidere quando smettere di chiamarti così, ciliegina... -
Le mani si mossero sapienti sul membro eretto, alternando frenetici ritmi a lente carezze.
- e quel giorno griderai il mio nome-
Un gemito più alto degli altri risuonò nell'aria.
- e mi supplicherai di non fermarmi-
Le gambe divennero di gelatina e, con una leggera spintarella, caddero di lato, portando l'intero corpo a spostarsi in posizione fetale.
- non dimenticare mai, demone...-
Rivoli di saliva colavano dalle labbra gonfie, principi di lacrime inumidivano i languidi occhi di fuoco, una mappa di succhiotti e morsi avvolgevano il corpo tonico.
- tu mi appartieni. -

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