Quindi...questo è un corpo. È... orribile. Per questo, qui, ogni creatura vive i suoi primi istanti in un tempo senza coscienza! L'impatto è spaventoso. Nascere, è spaventoso. Non riesco quasi a capire che sono io, oppressa dalle mille urla che questo corpo grida. Cosa vuole, cosa devo fare? Non c'è nessuno con me?
Questo, la solitudine, mi sconvolge! Non sono mai stata sola, ricordo l'istante in cui la mia coscienza è sbocciata: ho vissuto la presenza di chi esisteva già e mi accoglieva. Sono stata presente anch'io e ogni essere mio simile mi ha sfiorato con gioia: benvenuta! E la vita mi ha riempito, l'universo mi ha salutata.
Ora sono sola, e non ho percezione di alcuna presenza e di alcun universo. Impossibile, cosa è successo? Perché non ricordo, cosa mi ha condotto qui?
Questo corpo mi urla troppe cose all'unisono. So che attraverso questi segnali dovrei poter percepire, almeno in modo limitato, gli altri viventi, e diventare consapevole della materia che mi circonda. Non posso credere, d'essere chiusa in un guscio di materia!
Un guscio che non conosco, ma che sorprendentemente ha già vissuto! Conosce già il significato delle perturbazioni che gli arrivano, pare, sono io che devo imparare a interpretarle... So di essere in uno spazio fisico e con altri corpi vicini. So moltissime cose, in realtà, tranne perché sono qui.
Ad esempio, so che questo corpo ha delle mani. So che da esse dipende molta della sua vita. O dovrei dire della mia? Dovrei imparare a comandarle; devono essere queste, hanno cinque brevi leve che si dipartono da un cerchio approssimativo. E ciò che percepisce le forme, devono essere gli occhi; che vedono le altre parti del corpo ma non se stessi.
Provo a muovere le mani, impiego tempo a flettere le leve, e a girare lento il disco da cui spuntano. Hanno un movimento curioso, aggiuntivo, che non sto chiedendo loro. So che il corpo ha molti meccanismi per far da sé cose essenziali mentre la coscienza è impegnata nel pensiero. La respirazione, la circolazione sanguigna...
So che a questo scopo certi organi si contraggono autonomamente per l'intera durata della vita. Nel ricordarlo mi trovo a pensare che le membra che occupo moriranno comunque presto, e che io mi distruggerò con loro.
Al mio pensiero si scatenano molti segnali e capisco che il corpo ha reagito alla mia infelicità. Siamo legati più profondamente di quanto possa capire, ora io sono io e questo corpo, insieme. Non come un guscio di noce che circonda la polpa, discontinui e separabili... io non sono separabile da queste membra; siamo insieme e poi non saremo più, né io né lui.
Incredibile. Perché, e come è potuto accadere? So che ero una creatura diversa,una creatura amata e potente. Uno spirito. La mia conoscenza dell'universo era fatta di energia, la cui bellezza sovrabbonda in innumerevoli dimensioni. E improvvisamente, sono in un corpo. Sono, un corpo. Perché? So molte cose, ma questa no. Posso immaginare d'aver sbagliato e d'essere stata punita, benché non ricordi come...
Il movimento delle mani, che io non sto cercando di ottenere, ma che spontaneamente fanno, so che ha un nome: tremito. E anche le altre membra lo stanno facendo. È un segnale che si impone alla mia attenzione, serve a produrre calore.
Per il corpo, incredibile associazione di elementi vivi, ancorché privi di autocoscienza, il calore è una condizione vitale, tale che l'associazione si rompe, se manca; in questo momento deve essere insufficiente se il corpo reagisce tremando.
Ricordo improvvisamente che queste creature si difendono dal freddo trovando, nel mondo materiale in cui vivono,cose che coprano la maggior parte della loro pelle. Cerco di stabilire che confini esatti abbia il mio corpo. Con sforzo muovo le mani davanti a me. Quando sono vicine a un oggetto materiale mi arriva un segnale. La mano non può andare oltre. Ho toccato qualcosa.
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I ricordi di Soledad
Short StoryIn occasione di un contest è stata proposta la sfida di scrivere una breve storia ispirata ad una immagine, che non ho voluto riprodurre in copertina lasciandola, eventualmente, al legittimo vincitore. L'immagine mi evocava una condizione fuor...