Ciao Prof

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Cielo livido di un ottobre malinconico, che ammanta la città traboccante di colori morbidi e intensi. Tappeto variopinto crepita al mio incedere sul viale alberato. Le fronde assumono splendide livree autunnali, come se la mano invisibile di un artista le avesse dipinte dolcemente con calde sfumature. Le foglie pencolano dai rami dei platani sospinte dal vento, incerte ed esitanti dal planare.

Tripudio cromatico.

Riparata nel lungo cappotto, con una mano in tasca e l’altra stretta sul bavero rialzato, respiro aria umida che preannuncia l’inverno. Il mio cammino rallenta all’avvicinarsi di un luogo a me caro, e s’arresta dinanzi a una cancellata. Al di là di essa, delimitato in parte da un’aiuola, scorgo l’edificio in cemento che nome più non ha, spettatore della mia istruzione e formazione.

Titubante, con stridio di cardini cigolanti, oltrepasso quel confine tra adolescenza ed età adulta. Rievoco immagini di una me ragazzina, con lo zaino in spalla colmo di emozioni, sogni e aspettative.

Primo piano, terzultima aula sulla destra, seduta al primo banco a prestare attenzione alla lezione di chi mi ha preparato alla vita. La ricordo, mentre camminava tra i banchi di scuola, stretta nel suo tailleur, carismatica e grintosa. Severa insegnante, ma anche la più amata, trasmetteva passione per ciò che spiegava facendo sorgere curiosità e interesse.

Ha condiviso i valori più veri, come il rispetto e l’uguaglianza, non solo a parole ma dimostrandolo concretamente. Rammento quella volta in cui con grande animo si impegnò a organizzare una gita scolastica nella riviera ligure. Solo anni più tardi venni a sapere che lo fece dopo aver letto il tema di un alunno che non aveva mai veduto il mare. Immagino la meraviglia e lo stupore di quel ragazzino e il suo radioso sorriso che ripagò la professoressa.

Non era semplicemente una docente, era molto di più.

Maestra di vita.

Mi ha accompagnata per un tratto di strada della mia crescita, mostrandomi le varie direzioni da imboccare, lasciando a me la decisione finale da prendere. Una grande donna, una seconda madre, vivido nella memoria è il suo ricordo. Nel cuore non solo è rimasta, sottopelle si è insinuata, modello da imitare.

Brivido di brezza e stormire di piante mi riportano al presente.

Poggiata al parapetto antistante all’ingresso della scuola, senso di nostalgia mi pervade. Immutata è la sua immagine inattaccabile dal tempo. Pochi giorni sono trascorsi dall’apprendere della sua perdita. Un male incurabile l’ha portata via. Rifiuto e negazione, pianto e accettazione. Vuoto, ferita profonda, che probabilmente non cicatrizzerà mai completamente.

Nessun dio ad accoglierla, assenza di credo e mancanza di fede…anzi no, un’unica fede: quella Granata.

Sorrido.

La voglio pensare seduta sugli spalti, in tribuna d’onore ad assistere con fervore la partita di noi ex allievi. Qui, schierati a disputare l’incontro, quello più importante, con la vita. Pronta a tifare e incoraggiare, a sostenere, e a gridare a gran voce di non desistere ad ogni caduta o torto subito. Esultare e gioire a ogni nostro raggiungimento e conquista.

Ed è così che la voglio ricordare, energica e forte come una roccia.

L’aria pungente solletica il viso, ultimo sguardo commosso rivolto ad anni felici e spensierati, mi allontano con passo riverente superando il cancello. Proseguo il mio tragitto in questa giornata autunnale con la percezione di essere un po’ più forte e avere il cuore più leggero. All’improvviso ho la netta sensazione di udire una voce, come una sorta d’incitamento, mi volto di scatto, con la speranza insensata di rivederla, ma, forse, è solo il frusciare degli alberi al passaggio del vento.

" Ciao Prof "

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