Me ne stavo nella mia cella, seduto sulla branda, solo e annoiato, perso nei miei pensieri. Stufo di quella solfa mi alzai, per guardare un po' fuori dalla finestra a sbarre; mi venne allora in mente che forse avevo sempre guardato il mondo così, da una finestra con le sbarre, una strana finestra che esisteva solo nel mio cervello...
Ero in attesa del Custode, colui che preservava i valori e l'ordine, che depositava le abitudini, la tranquillità... In due parole il nostro sistema, Nullavia, la città in cui vivevo, il posto dove ero nato. Non l'avevo mai visto, se non da lontano o raffigurato da qualche parte; per certi versi l'avevo sempre considerato un personaggio irraggiungibile. E ora, invece...
Mentre ero perso nei miei pensieri, udii la chiave girare con un clangore metallico, e vidi aprirsi la pesante porta in acciaio. Mi voltai e vidi che la guardia restava fuori, ad un passo dalla soglia. Entrò solo il Custode. Ostentava la solita aria rilassata e fiduciosa, e come sempre era vestito in modo sobrio ed elegante. Riconobbi subito il suo volto dall'espressione tanto serena quanto imperturbabile, la sua grande faccia bonaria incorniciata dai folti capelli grigi. Mi sorrise, come fa un nonno al nipote che ha combinato qualche marachella; avrei dovuto sentirmi rassicurato, invece cominciai ad avvertire una sensazione sottile e fastidiosa, che non tardai ad identificare come inquietudine.
- Seguimi. - ordinò senza aggiungere altro, con un vago gesto della mano. Scesi dalla branda e obbedii senza chiedere nulla. Scortati dalla guardia, con mia somma sorpresa uscimmo dalla prigione, per ritrovarci sulla collina dove essa sorgeva. Si stava davvero in alto lassù, si poteva ammirare l'intero panorama della città. Il cielo plumbeo gettava su tutto la sua ombra desolante.
Il Custode congedò la guardia, che sorpresa e riluttante rientrò come gli era stato ordinato, lasciandoci soli. Da parte mia mi ostinavo a restare muto come un pesce, sempre più inquieto, sempre più sospettoso.
- Di cosa hai paura, figliolo? - chiese a bruciapelo con un mezzo sorriso – Voglio solo parlarti! -
Lo guardai con attenzione, e quella vecchia faccia quasi priva di rughe mi fece gelare il sangue nelle vene. Non sapevo perché, non ancora almeno, ma provavo paura, anzi terrore, al suo cospetto. E non era soltanto per le storie che avevo sentito, sul potere che aveva di piegare la volontà di chiunque, sempre, ma erano la sua faccia buona e rubiconda, il suo sorriso indulgente, i suoi occhi un po' tristi, a terrorizzarmi... Non ci capivo più niente, ma mi sforzai comunque di rimanere padrone di me stesso.
- Suppongo voglia parlare del motivo per cui sono finito qui... - gli risposi in un soffio.
- Certo. - disse con gravità. Mi guardò dritto in faccia, e non riuscii a sostenere il suo sguardo. Mi ritrovai a pensare che i suoi occhi erano strani, senza espressione.
- Tu hai urlato e inveito contro la statua posta nella piazza centrale di Nullavia... La mia statua, la statua del Custode della tua città. Perché? - chiese con il dolore e il rammarico che gli incrinavano la voce, quasi fossero veri.
- Ho pensato... - balbettai, sentendomi a disagio con lui che mi esortava da buon maestro – Ho pensato che ho solo vent'anni, e già non ho più alcuna speranza di far avverare i miei sogni. Ho pensato... Di star seguendo la stessa direzione di tutti gli altri, di star diventando uguale a tutti gli altri... Di non desiderare più niente, di non provare più niente. E' da un po' che ho di questi pensieri. -
Il Custode sorrise amabilmente. Mi parve il ghigno di un teschio.
- Eh, voi giovani... Siete i soliti romantici. - esordì con banalità sconcertante – Volete il mondo, e subito pure! E cosa fate quando vi rendete conto della realtà? Ve la prendete con l'autorità. Ti lamenti della vita che facciamo qui... Insomma, tu ci giudichi! -
Sembrava davvero addolorato. Era la situazione più assurda in cui mi fossi mai trovato.
- Non giudico nessuno. - mi affrettai a spiegare – Voglio solo che il mio futuro sia diverso, che sia mio. -
Ricordai tutte le accuse che avevo vomitato contro la sua statua, rimasticature di letture che si contraddicevano fra loro, miste a banali insulti. Era stato un impulso improvviso e incontrollabile. Eppure, guardando chi avevo di fronte e la sua stucchevole pantomima, non me ne vergognavo affatto. Ero stato impulsivo, ero stato ingenuo, ma ero più che mai convinto di essere nel giusto.
E il Custode? Che significato dare a quel suo comportamento? Possibile che non provasse il minimo rancore, che non volesse punirmi? Eravamo lì, noi due soli in mezzo al nulla... Era evidente che fosse sicuro di avermi in pugno. Sorrise per l'ennesima volta, e mi invitò a guardare giù, ad osservare Nullavia.
- Guarda. - si limitò a dire con un gesto eloquente. A quella distanza vidi i miei concittadini piccoli come formiche, impegnati a far le solite cose di tutti i giorni, che si muovevano come burattini. Per un attimo mi parve di scorgere una miriade i sottilissimi fili attaccati alle mani del Custode, o meglio del burattinaio, ma poi passò.
- Vedi? - fece lui – Qui la vita è organizzata, sempre uguale, perfetta. E tutti sono uguali, come è giusto che sia, perché nessuno debba invidiare le qualità di qualcun altro e soffrirne. Siamo tutti mediocri, i nostri desideri sono banali e facili da realizzare, senza sforzo. Perché dannarsi, perché inseguire qualcosa che non si può raggiungere? Chi si accontenta gode, dovresti saperlo. -
Si mostrava convinto di ciò che diceva: il suo volto era disteso e sereno, i suoi occhi azzurri brillavano.
- Mi dovrei accontentare di questo? - protestai, ma senza enfasi, per non offenderlo. Pareva buono e pacioso, ma non dimenticavo certo che ce l'aveva lui il coltello dalla parte del manico.
- Lo dici come se fosse niente, ma sei tu a sbagliare! Se ti unirai a noi avrai la serenità, che è qualcosa di possibile, al contrario di un'ipotetica felicità che ti ostini tanto a cercare! E stai pur certo che non l'avrai mai. Ma non capisci? Dopo un po' ci si abitua, ci si può abituare a tutto... A poco a poco scivolerai nel torpore e dimenticherai. Vedrai, sarà dolce... E non vorrai più nulla, se non questo. - e si toccò la faccia sorridente, guardandomi fisso, beandosi del suo stato. Pareva in estasi, in netto contrasto col paesaggio scuro e triste che ci circondava.
- Credimi, il conformismo può tutto, è la nuova religione: il paradiso non è lassù – e indicò il cielo grigio con solennità – E' già qui! - e allargò le braccia, tenendo le mani coi palmi in su, come un santo. Capii finalmente che mi aveva portato lì non per punirmi, ma per tentarmi.
O solo per aprirmi gli occhi? Non aveva forse ragione a scoraggiarmi dal rincorrere sogni irraggiungibili? Non è la concretezza, per quanto modesta, preferibile ad una fantasia irrealizzabile? Chi mi credevo di essere? Perché io, proprio io, dovevo distinguermi? Ero impazzito, era evidente. E il Custode, nella sua infinita magnanimità, mi riconduceva sulla retta via. Sarebbe stato facile, bastava lasciarsi andare.
E così stavo per dirgli di si, stavo per liberarmi dai miei fastidiosi dubbi, stavo per abbracciare in toto la filosofia di Nullavia... Quando la mia mano si mosse per volontà propria, come guidata da una forza misteriosa sepolta nei recessi del mio io. Si mosse in un unico movimento verso quel volto che tanto mi aveva insospettito e turbato. Più velocemente di quanto me ne rendessi conto, toccavo la sua faccia e la strappavo via con violenza, a rivelare la sua natura finta, artificiale, a gettare rabbiosamente per terra la maschera.
E così lo vidi per quello che davvero era, ciò a cui la sua viltà lo aveva ridotto, ciò che per un attimo fatale avevo rischiato di diventare a mia volta.
Era completamente privo di lineamenti di alcun tipo, solo un piatto ammasso di carne liscia e vuota. Era il volto del nulla.
Fissai per un istante lunghissimo e terribile quell'orrendo prodigio, arretrando per l'orrore. Il mostro, come se nulla fosse, raccolse la maschera posticcia con dignità, e se la rimise con cura. Avrei potuto far finta anch'io che non fosse successo nulla, e probabilmente era ciò che voleva, l'ultima speranza di convertirmi alla sua filosofia decadente. Ma io volevo ben altro per la mia vita.
- MAI! - gridai con angoscia e tutta la dignità che avevo, prima di voltargli le spalle e fuggire per sempre da quella città di morti. Correvo verso la libertà, correvo verso il futuro. Il mio.

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Il custode
Mystère / ThrillerA vent'anni si vuol cambiare il mondo, ma qualcuno pretende che le cose restino così come sono. I mostri si nascondono fra noi.