Mi svegliai con il suono della sveglia che strillava a più non posso e, con un colpo secco della mano, la feci zittire. Il sole filtrava dalle tende e illuminava la stanza, soprattutto l'armadio di legno chiaro davanti al letto. Sbuffando per la poca voglia di alzarmi, mi sedetti al centro del letto e mi guardai distrattamente intorno, soffermandomi sulla scrivania con il libro di economia aziendale ancora aperto sopra, il mio tormento sempre presente, già solo a guardarlo l'ansia saliva alle stelle. Con non poca fatica mi alzai, saltellando per il pavimento freddo sotto i piedi e mi diressi in bagno, con gli occhi ancora chiusi, per lavarmi faccia e denti, ovviamente ero già in ritardo così cercai di non perdere troppo tempo e subito dopo tornai in camera, aprì l'armadio e presi dei jeans scuri, un maglioncino bianco, le vans dello stesso colore, sciarpa e cappotto blu come i jeans, chiusi il libro e lo infilai nella borsa. Mi diedi una rapida truccata e cercai di sistemare i capelli anche se non cambiò molto, erano assolutamente troppo ribelli ma in fondo mi piacevano proprio per questo. Chiusi la porta alle mie spalle e, con una certa fretta, scesi in cucina dove trovai i miei genitori, mia sorella e Sveta, la nostra domestica. Era con la nostra famiglia da prima che io nascessi ed ero legatissima a lei. Quando ero piccola e mia madre era fuori per lavoro, cosa che succedeva molto spesso, era lei che veniva a prendermi a scuola, a farmi giocare, a starmi accanto quando avevo la febbre, quasi come una seconda mamma. I miei genitori erano entrambi chirurghi e spesso erano in viaggio per lavoro, ma nonostante tutto, cercavano di essere il più presente possibile per me e per Giulia, la mia sorellina, aveva 10 anni in meno rispetto ai miei, però eravamo molto unite. Mi ero sempre presa cura di lei, le volevo un grande bene, mi vedeva come un esempio da seguire e io davo sempre il massimo per la mia piccola peste. Salutai tutti velocemente, mentre seduti attorno al grande tavolo facevano colazione, e presi al volo un cornetto vuoto dirigendomi verso la porta per andare all'università.
<<Non dimenticare la cena di stasera mi raccomando. >> mi gridò mia madre dalla cucina.
<<Si tranquilla. >> risposi con tono un pò annoiato, veramente un bel buongiorno. Quella sera avevano organizzato una cena con degli amici di famiglia che avevano un figlio di pochi anni più grande di me e, sia i miei genitori che i suoi, speravano che fra noi nascesse qualcosa anche se non l'avevo mai visto come un mio probabile fidanzato, anzi dire che lo sopportavo era già tanto. Eravamo troppo diversi, lui era così pieno di sé e, anche se non era cattivo, di certo non era un gran simpaticone e io non avevo grande stima dei palloni gonfiati. Appena aprì la porta di casa un vento gelido mi investì, attraverso gli innumerevoli strati di stoffa che, a quanto pare, non erano sufficienti come pensavo, così mi strinsi nel cappotto e infilai i guanti. Erano già i primi di novembre e cominciava a salire la nebbia che diventava sempre più fitta e, certi giorni, era difficile pure camminare, un prezzo da pagare per chi vive a Milano, anche se la mia amata città sapeva come farsi perdonare questo piccolo disagio. Mi bastava prendere la metro e farmarmi in piazza Duomo o fare un giro alla pinacoteca di Brera, per non parlare delle serate in quei locali affollati sui navigli... Si, non avrei mai voluto vivere in nessun'altra città che non fosse Milano. Presi gli auricolari e feci partire la musica, almeno mi avrebbe tenuto compagnia lungo la strada, non abitavo molto lontano dall'università, anche se ogni passo con quel freddo sembravano due. Arrivata davanti la facoltà vidi una bionda chioma agitata dal vento e appena si girò ebbi la conferma che ero sicura sarebbe arrivata: era Elisa, la mia migliore amica, mi stava aspettando come tutte le mattine e io puntualmente la facevo aspettare un bel po'. Ci conoscevamo dall'asilo e dal primo giorno ci eravamo giurate di restare amiche per sempre, forse la nostra era l'unica promessa che non si era mai infranta al contrario di molte, come tutte quelle che le aveva fatto il suo ragazzo prima di farsi trovare a letto con un'altra. L'aveva presa malissimo e aveva pianto molto per quello stronzo che non si meritava neanche una delle sue lacrime, era sempre stata troppo sensibile, ma aveva anche una forza incredibile. Non riuscivo a capire come avesse potuto tradire una come Elisa, l'avevo sempre vista come la ragazza che ogni uomo vorrebbe: bella, dolce, buona, a volte anche troppo, sempre pronta ad aiutare gli altri. Erano passati 3 mesi da quel giorno e si stava cominciando a riprendere solo ora, sia io che Giorgia avevamo fatto di tutto per farle pesare il meno possibile questo tradimento ma c'erano sempre quei momenti in cui, quando ad esempio eravamo fuori a passeggiare tranquillamente, e passavamo davanti alla locandina di un film romantico o davanti alla vetrina di una libreria, nella quale troneggiava un romanzo rosa, scoppiava in lacrime.
<<Buongiorno Eli. >> mi avvicinai a lei con un sorriso e lei mi strinse forte in un abbraccio.
<<Dimmi come fai ad essere sempre in ritardo, mi raccomando. >> in effetti aveva ragione non c'era mai volta che fossi puntuale, me lo dicevano tutti.
<<Hai ragione però dillo che mi ami lo stesso. >> dissi facendo uno sguardo sensuale e tremendamente scemo.
<<Si certo tu ti culli troppo sul mio amore per te. >> fece uno sguardo severo che fece ridere entrambe.
<< Ma Giorgia?>> chiesi non vedendola arrivare. Giorgia era l'altra migliore amica mia e di Elisa, ci eravamo conosciute tutte e tre all'asilo ed eravamo profondamente legate una all'altra. Ci potevano definire i tre moschettieri al femminile, una per tutte e tutte per una, infatti da piccole ne avevamo fatto il nostro motto che, nel tempo, non si era consumato. Giorgia era single come me, ma non le mancavano di certo le occasioni.
<<L'unica che riesce a batterti per i ritardi è lei. >> disse Elisa con aria rassegnata. Era la più puntuale fra le tre e si doveva sorbire sempre questi lunghi momenti di attesa.
<<Eccola lì. >> affermai, vedendola sbucare fuori dalla nebbia e avvicinarsi a noi. Le rivolgemmo un'occhiata di rimprovero e prima che potessimo dire qualsiasi cosa ci frenò dicendo << Si lo so avete ragione l'auto non partiva e ho fatto tardi, perdono. >> detto questo ci abbracciò e fra una parola e l'altra entrammo a seguire le lezioni. La mattina fu pesante, di lì a poco ci sarebbero stati gli esami ed eravamo tutti abbastanza preoccupati, la tensione che si respirava in facoltà era più fitta della nebbia nelle strade. Verso mezzogiorno uscimmo dall'università e, per sfuggire al freddo, optammo per una cioccolata calda nel bar più vicino. Dopo aver ordinato, prese la parola Elisa raccontandoci di aver visto Luigi, l'ex traditore, che camminava per strada con un enorme mazzo di rose rosse. <<Sicuramente erano per quella grandissima stronza. >> e sul suo viso comparve un'espressione amareggiata.
<<Ancora ci pensi? Basta Eli devi toglierti dalla testa tutti e due. Il mondo è pieno di ragazzi e sicuramente sono migliori di lui, solo un grandissimo idiota poteva lasciare una come te per lei. >> esordì animosamente Giorgia.
<<Concordo. Ad esempio guardate questo bonazzo che ho trovato su instagram. >> e girai il telefono verso di loro che rimasero scioccate. Il ragazzo in questione era veramente eccezionale peccato che abitasse dall'altra parte del mondo, i migliori erano sempre impossibili. Ci ridemmo su e il tempo passò così, fra risate e battute.
Dopo un paio d'ore ci salutammo e andai a casa. Dovevo studiare molto e tra l'altro dovevo avere il tempo di prepararmi per quella noiosissima cena. Lungo la strada, sentii il telefono suonare e sul display comparve il nome di Carlo, un mio caro amico, ci conoscevamo dai tempi del liceo e non avevamo mai perso i contatti, purtroppo ci vedevamo poco perché aveva vinto una borsa di studio a Verona e si era trasferito lì quindi, a parte per le vacanze e le pause nelle quali non c'erano lezioni, non lo vedevamo spesso ma, nonostante la distanza, ci sentivamo ogni giorno sia per messaggi che per chiamate. <<Buongiorno al mio barbuto preferito, come stai?>> risposi così alla telefonata e dall'altra parte del telefono arrivò una risatina di sottofondo.
<< Buongiorno a te signora dai capelli rossi, qui tutto normale, da voi?>> mi disse facendomi sorridere, come sempre d'altronde, parlare con lui era sempre un piacere per me.
<<A una parola? Nebbia. >> risposi con tono scocciato.
<<È l'unica cosa che non mi manca di Milano. >> disse e da lì continuammo a chiacchierare per tutto il tragitto, fino a quando non arrivai a casa.Angolo autore
Salve a tutti, allora comincio dicendo che questa è la prima storia che pubblico quindi mi scuso per gli errori che potrebbero esserci. In questo primo capitolo ho presentato la nostra protagonista, insieme alla famiglia e agli amici più intimi e vi ho fatto vedere qual è la sua vita quotidiana e, anche se può sembrare noioso, vi prometto che gli altri saranno più interessanti man mano che andremo avanti nella storia. Vi chiedo di commentare e di dirmi cosa ne pensate.
Al prossimo capitolo.
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Misfortune
RomanceAmbra è una ragazza di vent'anni, studia economia, vive a Milano, ha una famiglia benestante e molti amici. Insomma una vita normale. Ma un giorno questa normalità sarà stravolta. In una bellissima San Pietroburgo, Ambra si ritroverà a fronteggiare...