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A Jole ed Ettore, che il loro amore possa vivere in eterno, anche quarantaquattro anni dopo.
A Chester Bennington, per aver preso ispirazione a parte della storia , usando il titolo della sua canzone.
A tutte le persone a me care.





Il corpo possente di Kirishima era steso su quelle lenzuola di un viola che cominciava a procurargli un lieve conato di vomito, proprio all'altezza dello stomaco. Le lacrime, senza permesso, avevano già cominciato a rigare quel volto pallido, baciato dalla sofferenza che lo stesso ragazzo aveva sempre sperato di non poter assaporare mai. Perché sapeva fin troppo bene, nel profondo della sua debolezza, di non essere mai stato quel tipo di ragazzo che amava il masochismo.
Di dolore, all'altezza del petto, proprio vicino al suo cuore cadente a pezzi, ne aveva sempre sentito. Sin da piccolo, quando i suoi capelli corvini marcavano e delineavano quello sguardo perso nel vuoto, di chi sa che anche oggi sarebbe stato un completo fallimento verso la vita.
Eppure, questa volta, era un qualcosa di completamente diverso. Indescrivibile. Faceva male. Anche più della sua anima distrutta ed affogata in un abisso di scarsa autostima. Perché, in fin dei conti, era sempre stato solo. E di persone che avrebbe potuto perdere, non ce ne era mai stato davvero il rischio.

Ma il destino aveva deciso di donargli una change, o forse semplicemente metterlo alla dura prova, perché lui stesso lo sapeva, niente poteva essere più bastardo di così. Perché la vita era sempre stata imprevedibile, piena di punti interrogativi e di paure che Kirishima cercava di colmare in quegli occhi rossi come il sangue di Bakugo Katsuki. Ed era proprio lì che, parlandogli, il mondo cominciava a prendere un po' più di colore intorno a lui. A loro due. E respirare diventava anche meno faticoso, liberandosi dalle sensazioni di costanti catene attorcigliate sui suoi sogni.

Non erano soliti stare molto appiccicati, ma si amavano.
E nessuno dei due avrebbe potuto fare a meno dell'altro, nonostante il biondo lo negasse costantemente. Perché era fatto così, impregnato dai suoi costanti pensieri ed azioni da persona orgogliosa, e forse era stato proprio quello a catturare una parte del cuore di Kirishima. Come quella volta in cui, stando a casa da soli, si erano messi a parlare di tutto ciò che avrebbe potuto avvicinare ancora di più il loro amore.

«Bakugo... A cosa pensi se guardi il soffitto della mia camera da letto?» Aveva chiesto Kirishima, puntando i suoi occhi cremisi e grandi sopra di sé, osservando quelle piccole crepe formate con il passare degli anni.
Non vedeva Bakugo, ma poteva sentire il suo tocco sfiorare il proprio, come un dipinto che sapeva d'amore.

«Ma che cazzo di domande fai, testa rossa?!» La risposta del suo migliore amico non era niente di nuovo per il giovane, lasciandosi scappare una risatina per qualche frazione di secondo. Il biondo, di conseguenza, borbottò come risposta.

«È tanto brutto se rispondo che invece a me fa pensare a noi due...?» Controbatté Eijirou, tornando con un'espressione seria.

Bakugo restò in silenzio, visibilmente scocciato. Odiava quando qualcuno osava metterlo in difficoltà così, mai era stato un ragazzo sdolcinato. Eppure, accanto a Kirishima, l'unica cosa che si sarebbe potuto permettere di fare era nascondere i battiti del suo cuore con dei sonori sbuffi.

«Non fare così, mi spiego meglio: Sei l'unica persona a cui ho fatto vedere la mia camera da letto, esclusi i miei - ovviamente.» Spezzò il silenzio, tenendo saldamente stretto fra le mani quel mandarino che si era ripromesso di mangiare, prima di cadere nel mondo dei sogni.

Anche in quel caso il biondo restò in silenzio religioso, spostando lo sguardo dalla parte opposta a Kirishima. Mai gli avrebbe regalato la soddisfazione di vedere le proprie goti cominciare a prendere colore.

Castle Of Glass - [KIRIBAKU ITA] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora