Salto temporale

37 0 0
                                    



Io e la mia famiglia ci trovavamo nella nostra grande casa di campagna per una gita di due giorni, partiti credendo di trovare uno splendido cielo azzurro e accolti, invece, da un invernale grigiore malinconico.

Poiché piovve quasi ininterrottamente, finimmo a dover passare le due giornate in casa, che sia a me che a mia sorella parvero infinite.

Intorno alle tre del secondo e ultimo giorno di permanenza, mia madre e mio padre decisero di recarsi al panificio del paese per prendere della pizza da mangiare durante il viaggio, ed io rimasi a studiare davanti al camino, con mia sorella che correva per casa nitrendo e fingendo di galoppare con un mantello di pile sulle spalle.

"Ma non puoi fare altro? Non riesco a concentrarmi così!" mi lamentai.

Lei, per tutta risposta, mi fece un gestaccio con la mano e corse ridendo per le scale che portavano alle camere da letto. In realtà non avevo realmente voglia di studiare ma quando faceva così, mi dava ai nervi.

Passati pochi minuti sentii quel minimo di concentrazione che avevo venirmi meno e appoggiai la testa sul libro. Non si sentiva nulla, mia sorella era stranamente silenziosa e le mie palpebre si appesantivano sempre di più. Fu così che entrai in una sorta di dormiveglia.

Dopo non molto, però, mi svegliai con un pungente dolore al collo e mi girai istintivamente verso l'orologio sopra il camino per vedere quanto avevo dormito.

Improvvisamente la mia attenzione fu richiamata da un debole fruscio, di cui ci misi un po' a capirne la provenienza. Alla fine capii che doveva essere sicuramente lo scorrere dell'acqua del tubo sulla veranda, il problema era chi l'avesse aperto e perché, dato che in casa eravamo solo in due, ed entrambe all'interno. Mi affacciai dalla finestra con un po' di timore e scorsi un'ombra accanto al tubo, che lì per lì mi fece battere il cuore a mille per lo spavento, ma realizzai che si trattava di un cane, un meticcio probabilmente entrato attraverso un buco nella rete.

Uscii sulla veranda e la prima cosa che notai fu che il cielo era inspiegabilmente diventato limpido e ceruleo, e  che la nebbia era scomparsa. Stupita, mi avvicinai al piccolo cane nero che beveva, ma lui non fu lieto di vedermi e si girò di scatto mostrandomi i denti e ringhiando lievemente. In quel momento ebbi paura ed indietreggiai cercando di rientrare in casa lentamente. A quel punto due voci in coro si rivolsero al cane "Paco! VIENI QUI!"

Mi girai e vidi che una giovane coppia era entrata dal cancello e si dirigeva verso di me guardandomi in modo strano. 

"Da dove sei entrata? Ti sei persa?" mi chiese la donna.

"In realtà questa...è casa mia. Voi siete?" risposi.

L'uomo e la donna si guardarono perplessi e l'uomo tirò fuori un telefono dalla tasca.

"Ah si? Casa tua? Ascolta...non farmi chiamare la polizia" disse lui con uno sguardo tutt'altro che amichevole.

 Il cuore mi batteva fortissimo, mi ritrovavo davanti a due pazzi. Ebbi la prontezza di precipitarmi dentro casa e iniziai a cercare e a chiamare a gran voce mia sorella, così da poter raggiungere i nostri genitori insieme. Gridai più e più volte il suo nome, ma niente. Sperai che fosse uscita, così mi diressi verso la porta sul retro in modo da evitare la coppia, ma il cane evidentemente mi sentii, e me lo ritrovai alle calcagna finché non superai il cancelletto del retro. Percorsi la strada da casa mia al panificio correndo ma quando vidi lo spettacolo che mi si parò davanti dovetti fermarmi. Insieme alla nebbia se n'era andato tutto ciò che conoscevo di quella zona.

Niente più alberi, niente più stradine battute di campagna. Tutto era stato sostituito da asfalto nera e marciapiedi lastricati in marmo. Lì per lì ebbi la sensazione che non fosse più la via vicino casa mia, ma la posizione di alcune case, che ricordavo essere proprio in quel punto, mi fece capire che non mi ero sbagliata, ero proprio lì, solo che era cambiato tutto.

Anche le piccole botteghe che conoscevo erano state sostituite da altri negozi a me sconosciuti, ma fortunatamente scorsi il panificio, che era ancora infondo alla via. Mi precipitai dentro e notai che era tutto diverso. Era diventata la versione moderna del panificio, con schermi che mostravano la preparazione di pasticcini, dolci e pane, e dipendenti nuovi, quando in origine ve ne era uno solo. Dei miei genitori nessuna traccia, solo tanti volti mai visti prima, che mi guardavano quasi disgustati o passavano avanti.

Uscii dal negozio e mi ricordai che fortunatamente avevo il telefono nella tasca dei jeans e provai a chiamare mio padre, ma non c'era segnale: era come se fossi approdata su un altro pianeta, da sola. Mi sentivo impotente e l'unica cosa che mi venne in mente, fu di ritornare a casa e vedermela con quei due.

Arrivai davanti al cancello e vidi l'uomo camminare avanti e indietro agitato, con il telefono in mano. Forse stava già componendo il numero della polizia. Entrai dal cancello e appena mi vide spalancò gli occhi e mi venne in contro.

"Ecco, lo sapevo che saresti tornata, vieni un attimo" disse.

Lo seguii dentro casa mia e notai la sua scioltezza in quel luogo che non era suo, e di come avesse un paio di chiavi diverse dalle mie che però riuscirono ugualmente ad aprire la serratura. Entrai in una casa che presentava qualcosa in più di quando l'avevo lasciata. Le pareti, da bianche che erano, avevano acquisito tutt'altra colorazione: un tenue verde che inizialmente mi diede alla testa, ma la cosa che mi sconvolse di più fu l'aggiunta di quadri e cornici raffiguranti persone a me sconosciute. Notai che il calendario, inoltre, segnava l'anno 2081, e lì per lì non capii se fosse il caso di spaventarmi, o di ridere per quello che appariva come uno scherzo.

Quell'uomo spostò una sedia invitandomi a sedere e la sua compagna arrivò dopo un minuto e sussultò vedendomi. Si sedettero davanti a me e lui iniziò: "Allora...parliamo con calma, senza che scappi di nuovo, perché hai detto che questa è casa tua?" io non riuscivo quasi a pronunciare parola. Lui mi fissava dubbioso, e così facevo anch'io, ma con gli occhi spalancati per il terrore.

Ma improvvisamente, quando stavo per aprir bocca e dire la mia, mi accorsi che le mie emozioni stavano cambiando dentro di me, e guardando quell'uomo che sedeva dubbioso di fronte a me, sentii una felicità che come una scintilla mi scoppiò nel petto e mi riempì il cuore.

Per un attimo mi spaventai da sola perché in effetti, non ne capivo l'origine. Percepivo solo qualcosa di familiare e bello nel suo volto, e che questo mi dava gioia. Alla fine mi feci forza e dissi: "Perché è davvero casa mia, non trovo mia sorella e i miei genitori non rispondono al telefono, non so cosa fare". I due si guardarono tra loro con uno sguardo che trasparì la ormai certezza di star avendo a che fare con una persona con evidenti problemi, quasi con una sfumatura di compatimento.

"Non so neanche io cosa fare, questa è casa mia e lei è la mia ragazza, veniamo qui spesso perché una volta era di mia nonna. Non capisco come fai a dire che sia la tua..." Disse lui.

Si vedeva che stava provando ad essere gentile, nonostante fosse visibilmente sconfortato. Ormai ero arrivata alle conclusioni che non sarei riuscita a dimostrare niente senza i miei, e mi girai verso una delle cornici sopra al caminetto, in cui erano ritratti i due ragazzi davanti a me, insieme a due anziani. Non riconobbi perfettamente l'anziano, ma l'anziana era impossibile non riconoscerla. Ebbi un tuffo al cuore. Ero io.

Mi svegliai con un pungente dolore al collo per aver dormito con la testa appoggiata sul libro, e mi girai istintivamente verso l'orologio sopra il camino per vedere quanto avevo dormito.

Facendo quel gesto, sentii uno strano brivido: quella scena l'avevo già vista.

Salto temporaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora