uno.

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THOMAS.

«Questa è una rosa blu; è abbastanza rara dalle nostre parti. Non trovi sia bellissima?» mi chiese Victoria con la sua debole vocina.
Sorrisi e le risposi.
«Questa rosa non si avvicina neanche di poco alla tua bellezza».

Osservava distesa sul prato verde quella rarità mentre io ammiravo lei.
Era così bella e io così preso da lei.

I nostri sguardi si incrociarono e un sorriso si fece spazio sui volti di entrambi.

Mentre i nostri genitori facevano pesare molto più le differenze tra me e lei, noi ci siamo sempre comportati da bambini normali che passano ore a giocare insieme.
Nonostante fossi io il principe di fatto, ho sempre trattato lei come una principessa, una regina; la mia.

La bambina dai capelli neri come la notte si alzò e posò un bacio sulla mia guancia, sentii il cuore in gola per la forte emozione.

«Tocca a te» esclamò per poi iniziare a correre, scappando da me; il classico gioco in cui bisogna rincorrersi.
Correva ridendo; la sua splendida ed infantile risata si udiva nel vento delicato che le accarezzava il viso e i capelli.
Riuscii a vedere i suoi occhi zaffiri colmi di felicità.

Lei correva avanti, io dietro.
Le davo sempre qualche secondo di vantaggio prima di iniziare a correre, anche se quella volta non ci fu il bisogno dato che ero stato paralizzato dal suo dolce bacio.

La sentivo ridere e seguivo la sua risata.

D'un tratto non ebbi più nulla da seguire.

Continuai a cercarla, ma risultava difficile siccome l'unica cosa che sentivo era il cinguettio degli uccelli.

Se inizialmente avevo il cuore in gola per l'emozione, in quel momento ce l'avevo per la paura.

«Victoria? Victoria? Dobbiamo rientrare, ma dove sei finita?» continuavo a chiamarla e a cercare la sua chioma, ma nulla.

Fino all'imbrunire non smisi di cercarla, nonostante mi sentissi morire.

Trascorsi quelle che mi sembrarono le ore più brutte della mia vita, senza sapere che le ore più brutte della mia vita le avrei passate negli anni a venire senza di lei.

Sentii dei cavalli e delle voci; erano venuti a prendermi mio zio e mio cugino.

Non avevo più forze dopo aver corso e urlato per così tanto tempo, non ce la facevo più e così cedetti.
Svenni.

Il mattino seguente a ciò che sparavo fosse stato solo un brutto sogno, mi svegliai di soprassalto e scesi immediatamente dal mio letto.
Corsi nella stanza di Victoria; era vuota.
Non c'era lei nel suo letto e nemmeno i suoi vestiti appesi da qualche parte, nulla.

Io ero esattamente come quella stanza senza di lei; mi sentivo perso.

Quel giorno caratterizzò particolarmente la mia vita, non piansi mai così tanto.
Quel giorno, infatti, fu l'ultimo in cui io versai lacrime.

Durante gli anni che ho passato senza di lei mi capitava spesso pensarla, a sognare come il tempo l'avesse cambiata. La immaginavo coi suoi capelli lunghi e neri, con le goti di un rosato raffinato, le labbra rosee, la pelle più che perfetta e speravo che i suoi occhi fossero pieni di felicità come lo erano l'ultimo giorno in cui ebbi occasione di ammirarli.
Sognavo di poter risentire ancora la sua voce, la sua risata.
Sognavo di poter rivedere di nuovo la rosa blu più bella di tutte.

Blue Rose.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora